ALFONSO E PUPELLA. UNA STORIA ALLA CIOCCOLATA…

Una favola napoletana del Seicento

E fuoco e fumm’, e fuoco e fumm’, e gira e gira con il mestolo tra le mani, avanti e indietro, veloce veloce nel paiolo, mesci quella polvere scura e profumata con l’acqua e il diavolillo,che con il suo aroma penetrante sale al naso, e alla gola, e a tutto il corpo…

Squisita bevanda che tanto vigore e piacere infonde alle membra, cibo degli dei, nettare degli amanti… cioccolata si chiama.

E mesce e mesce Pupella, con le sue manine piccole e morbide, gli occhi neri e vellutati come due perle di cioccolato, il collo candido e sinuoso da affondarci i denti, i ricci corvini e vaporosi, i seni sodi tondi e sfiziuselli, i fianchi voluttuosi che chiamano lussuria. Solo lei, alla salita Stella e in tutta Napoli, sapeva creare quella meravigliosa bevanda che veniva dalle Americhe e faceva perdere i sensi ai nobili giovanotti che affollavano la locanda per godere di lei e del suo boccale.

Lì la vide per la prima volta Don Alfonso Caracciolo, Principe di Forino, Duca di Belcastro, e lì, rapito dalla sensualità ferina della giovane, pensò che avrebbe dovuto agguantarla e rotolarsi sul tavolo in mezzo alla cioccolata liquida e ai pasticci e al latte e al miele, e possederla, davanti a tutti, in una sublime estasi golosa. Quello fu l’effetto che Pupella fece a Don Alfonso, che presto si riprese, perché il cavaliere aveva un altro impegno con una nobildonna maritata che non poteva far attendere più del dovuto per non rischiare di esser sorpreso dal marito. Non voleva morire Alfonso, che era giovane, bello, fiero e amato da tutte le donne, e che con il suo fascino sublime mirava a inflorarle tutte.

Così Alfonso, anche quella volta, andò verso una delle sue avventure.

Ma il capriccio è capriccio, e va soddisfatto…

Tornò alla Stella Alfonso, e guardava Pupella pensando a come sedurla, e più la guardava e più la voleva.

Non dovette faticare però, perché appena lo vide, alto, moro e gentile, Pupella subito se ne invaghì, e desiderò di alzarsi le gonne e giacere insieme a lui. E così fu…

Nello stanzino delle merci, su un pagliericcio, Alfonso la prese per le natiche e le strizzò le mammelle, mentre Pupella cantava, cantava di gioia.

Rimase a lungo, su tutto il corpo del nobile Alfonso, l’aroma del cioccolato di Pupella.

Ma il giovane era insaziabile, correva dietro tutte le dame, e Pupella soffriva, perché lo voleva tutto per sé.

Tornò ancora Alfonso, ma più Pupella godeva insieme a lui, più soffriva quando lo perdeva, e si consumava nel languore, nel sudore, nel delirio. Era così forte il suo strazio che alla fine, per non impazzire, pensò di chiedere aiuto, e una notte prese il paiolo con la cioccolata e lo portò alla caverna della Janara.

La vecchia nonna ne era ghiotta, e se la gustava intingendovi il dito.

Le chiese un incantesimo Pupella, una fattura per tenere il giovane incatenato a sé.

La vecchia ne ebbe compassione e si propose di aiutarla, ma le ricordò che solo un desiderio poteva esprimere, e in cambio doveva rinunciare a tutto.

Pupella disse che era pronta e la strega la confortò: avrebbe avuto Alfonso solo per sé, doveva solo dargli da bere ogni volta la cioccolata, ma con dentro un pezzettino di se stessa. Così la giovane, ogni volta che preparava la cioccolata per Alfonso, ci scioglieva un pezzetto del suo seno e poi lo fasciava con le bende e lo nascondeva nel corpetto, così che il giovane non potesse ghermirlo, che tanto gli piaceva banchettarne ricoprendolo di cioccolato.

E ogni volta di più Alfonso si accorgeva che non desiderava altri che lei e rifiutava gli inviti al piacere, e quando tentava di dormire gemeva, affannava e ringhiava; voleva solo lei, lei sola era in grado di appagarlo.

Più la maliarda tagliava pezzetti di seno e di coscia e glieli offriva con la bevanda, e li misturava al cioccolato, alla vaniglia e al pepe, più Alfonso si ritrovava vinto e fedele.

Così finalmente il Principe decise di non volersi separare più da lei.

Ma Pupella, felice e trionfante, non ricordò le parole della vecchia: quando si vende il cuore a Satana, una sola cosa puoi ottenere e a tutto il resto devi rinunciare!

Nel momento in cui Alfonso la prese a cavallo per portarla in riva al mare, e le infilò l’anello al dito per farne la sua sposa, Pupella cadde, rantolò, impallidì.

Lo scopo era ottenuto, lei aveva il cuore di Alfonso in eterno, ma il Maligno già era pronto a esigere il pagamento, e si prese la vita di Pupella.

Tra le lagrime, Alfonso la stringeva, le succhiava il palato con la lingua per impastarsi del fragrante aroma di cioccolato della donna, che non voleva lasciare andare mai più.

Paola Somma, vicequestore Polizia di Stato, scrittrice

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