Alla ricerca del tempo perduto

Il tempo passa, inesorabile. Non ci concede pause. Ci troviamo, dopo più di dodici mesi, a festeggiare senza brindisi, sorrisi e abbracci, il primo anno de Il Bugiardino.

Una condizione surreale, la stessa che ha congelato i compleanni di tanti, matrimoni, cresime e battesimi, feste di laurea, viaggi e vacanze, la socialità che abbiamo sempre vissuto.

Un anno e più che non recupereremo, ne siamo tutti consapevoli, legati solo alla speranza del vaccino, che sia Pfizer o Sputnik, Astrazeneca o Johnson e Johnson, fa poca differenza, per poter tornare quanto prima a una pseudo-normalità.

Poche certezze e tanti dubbi. Epidemiologi, virologi, microbiologi si avvicendano in televisione pressati dai giornalisti delle varie emittenti, esprimendo opinioni rassicuranti, ipotesi di uscita dal tunnel entro sei mesi, se i vaccini saranno disponibili, se almeno il 70% della popolazione si vaccinerà, se Governo e Regioni saranno in grado di inocularli in numero adeguato, se non si svilupperà alcuna variante di questo o quel paese che non sarà neutralizzata dalla nostra unica speranza.

Ascoltiamo tanti se e, nella nostra mente, elaboriamo altrettanti ma che completano i nostri pensieri con una serie di interrogativi che non hanno risposta.

In questo triste scenario cerchiamo di sviluppare la resilienza, termine oggi tanto abusato, adattandoci nostro malgrado a ciò che ci viene concesso nella lunga sequenza di DPCM che si alternano periodicamente, nella ricerca di comprendere modelli e buone prassi da adottare, di non perderci nell’interpretare le limitazioni imposte da Governo e Regioni, navigando a tentoni fra i colori delle zone che caratterizzano in questo il nostro paese, trasformandolo in una cartina geografica che sembra ispirata a Andy Warhol, nella sua celebre opera dedicata a Marlyn Monroe.

In qualche modo ci siamo abituati. Nemmeno il bollettino quotidiano dei nuovi casi positivi, i ricoveri ospedalieri nelle terapie intensive, i decessi ci colpiscono più di tanto. Forse è rassegnazione, una sorta di carpe diem cercando di non perdere mai la speranza che tutto questo possa finire al più presto.

Come si cambia. Il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 provocò 3.000 morti, quello più recente delle Marche 299, i numeri che ci venivano trasmessi quotidianamente dai notiziari scuotevano le nostre coscienze, aumentando il dolore e l’empatia per i sopravvissuti e i familiari delle vittime.  Nell’era pandemica, i 400 decessi medi giornalieri dovuti al Covid ci lasciano quasi indifferenti, rassegnati.

Siamo arrivati oggi, 31 marzo, a quota 109.000. Più o meno la popolazione di città come Terni, Vicenza o Bolzano. Come se queste città fossero state rase al suolo. E il numero tende ancora ad aumentare, purtroppo.

Quando, poco più di un anno fa, ci ritrovammo nella fase 1 del lockdown, eravamo tutti terrorizzati. Le sirene incessanti delle ambulanze, le immagini dei sanitari stremati, la colonna di carri dell’esercito che trasportavano i corpi dei morti nella bergamasca. Non ce lo aspettavamo. Non avremmo mai pensato che potesse accadere qualcosa di simile, a parte le fiction di fantascienza. Erano passati 100 anni dalla letale influenza spagnola che flagellò l’umanità.

Non potevamo immaginare come la nostra vita sarebbe cambiata, e per un periodo così lungo di tempo. E dovremo ancora aspettare per recuperare qualcosa della nostra socialità, le abitudini, il lavoro, il vivere quotidiano.

In questa incertezza devastante, sappiamo solo una cosa: non recupereremo più il tempo perduto. Ne usciremo trasformati, già lo siamo, forse migliori. I giovani lo racconteranno ai loro figli, i nonni ai nipoti. Ognuno ha la sua storia, il suo dolore, le proprie angosce. Ma, in un modo o nell’altro, andremo avanti.

Neanche noi de Il Bugiardino lo avevamo immaginato. Decidemmo solo di dar vita al progetto col magazine online scrivendo articoli. Non potevamo filmare interviste, andare ad eventi, convegni. Ci siamo concentrati sul Covid, ma sotto una lente diversa, non di cronaca. E dopo un anno siamo, nostro malgrado, ancora costretti a parlare degli effetti della pandemia, con sfaccettature diverse.

E quindi grazie a chi ha collaborato nella realizzazione del magazine, a chi continua a farlo e a chi si è allontanato, per altri impegni concomitanti. Grazie a voi lettori, ai vostri commenti, ai suggerimenti che ci date per continuare migliorando questo o quell’aspetto. Grazie a tutti.

Buon primo compleanno, Bugiardino.

Carlo Negri, esperto di marketing farmaceutico e comunicazione in Sanità

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