Animali e medicine non convenzionali, storia di un proficuo incontro casuale.

Sarà stato il terzo o quarto anno di Università; una mattina, arrivata in Facoltà, come sempre un po’ in ritardo, e con il carico di appunti, libri e speranze che ogni studente trascina con sé ogni giorno, mi salta all’occhio la locandina di un convegno di Omeopatia Veterinaria. Premetto che all’epoca non ne avevo praticamente neanche sentito mai parlare, se non raramente e con toni di certo non entusiastici. Il convegno era tenuto da due medici veterinari, uno che partecipava alle attività di Veterinari senza Frontiere, curando animali da produzione e aiutando popoli in difficoltà a sfruttare al meglio i loro prodotti, e l’altro che organizzava progetti di riabilitazione per gli ospiti del carcere di Gorgona grazie agli animali presenti nella fattoria del carcere stesso.

Due futuri colleghi che si occupavano di risvolti non convenzionali della professione. La mia curiosità non era poi chissà quanta…ero fermamente convinta che il mondo non si fosse estinto grazie agli antibiotici e che l’umanità e tutte le creature della terra sopravvivevano grazie ai farmaci di sintesi…ma una cosa interessante c’era: per chi seguiva il convegno c’era la tanto agognata firma di frequenza e pertanto controllai rapidamente la materia che avrei dovuto seguire in quelle ore e, preso atto che l’interesse per l’argomento del mattino era pari a zero, mi fiondai in aula magna e cercai un posto.

L’aula era gremita. Forse in tanti avevano avuto il mio stesso pensiero vigliaccamente opportunista…oltre al fatto che dal convegno ci si poteva allontanare senza dare troppo nell’occhio. Con mia sorpresa però la mia attenzione fu subito rapita: quei due medici veterinari parlavano una lingua che raramente avevo sentito durante le ore di lezione ordinarie. Parlavano degli animali come dotati di anima, mettendo l’accento proprio sull’etimologia della parola animale.

Raccontavano di guarigioni ai limiti del miracolo, somministrando terapie che non avevo mai sentito nominare, il tutto correlato da foto e documentazioni scientifiche ben circostanziante.

Ascessi che scomparivano, valori ematici che tornavano nella norma, malattie senza cura i cui sintomi improvvisamente si affievolivano per poi addirittura scomparire. Non pensai che fossero dei furfanti o dei millantatori…forse perché nel mio animo puro di ventenne credevo ancora che tutto può accadere e che 2 più 2 fa 4 ma può fare anche 3, specialmente in medicina che è certamente una scienza, ma non è matematica.

Uscita dall’aula mi sentivo come Copernico dopo le sue osservazioni sulla rivoluzione solare! Tutto quello che mi avevano detto fino a quel momento non è che fosse sbagliato… ma piuttosto incompleto.

L’omeopatia dava risposte a domande che fino ad ora erano rimaste senza. Come mai a parità di patologia virale o batterica o perfino neoplastica un animale era più reattivo e un altro moriva? Per le malattie infettive aveva già risposto Pasteur con la sua celebre frase di fine carriera: Il germe non è nulla … il terreno è tutto. Ma cosa era questo terreno? Ecco. L’omeopatia cercava di spiegare proprio questo. E soprattutto focalizzava l’agire sul terreno tentando di rinforzarlo.

Mi sembrava una soluzione veramente geniale. Facendo i vari tirocini pratici in facoltà mi ero un po’ demoralizzata…in pochi pensavano all’aspetto psicologico dei nostri pazienti animali…specialmente quando si trattava di animali da produzione di alimenti.

E vedere quelle povere creature sottoposte certe volte a cure tanto invasive da essere talvolta più dannose della malattia stessa, era per me un vero strazio. Poco tempo dopo incrociai nell’atrio un’altra locandina, di un corso triennale di Omeopatia Veterinaria. Un vero e proprio precorso che portava a un diploma. Telefonai e partecipai a una lezione di prova. Sono passati più di vent’anni dal mio ingresso in quell’aula e da allora non sono più riuscita a fare a meno dell’omeopatia.

Il mio rapporto con questa medicina non convenzionale non è mai stato né di idolatria né di fede religiosa. L’ho piuttosto sempre considerata uno strumento terapeutico, un’arma in più da aggiungere a tutte le altre a mia disposizione. Così come per la fitoterapia, l’osteopatia, l’agopuntura e altre medicine non convenzionali che possono essere somministrate ai pazienti animali e non.

Negli anni ho imparato che avere più strumenti terapeutici a disposizione non può che giovare ai miei pazienti a 4 zampe. Molto spesso, infatti, prima di poter prescrivere un farmaco devo aspetta i risultati di accertamenti e analisi, ed è proprio lì che l’omeopatia, come pure la fitoterapia, mi vengono in aiuto nella cura dei miei pazienti pelosetti.

Poi ci sono quelli con patologie croniche, per le quali oltre a prescrivere farmaci sintomatici e di supporto, c’è poco da fare. Ma è proprio in quelli che ho trovato negli anni le mie più grandi soddisfazioni, perché a lungo andare la patologia cronica diviene più lieve, gli episodi di riacutizzazione si diradano, lo stato generale del mio paziente migliora man mano nel tempo.

È per questo che sono sempre molto amareggiata quando si vengono a creare fazioni opposte e in continua guerra tra Guelfi puristi della medicina allopatica e Ghibellini oltranzisti delle medicine non convenzionali, come se le armi terapeutiche fossero vere e proprie armi di una guerriglia ideologica. La guerra va certo fatta, ma alla malattia e qualsiasi mezzo si possa utilizzare, ancor meglio se privo di effetti collaterali e di accumulo, ben venga!

Il medico veterinario, come anche il medico che cura i pazienti umani, dovrebbe avere a cuore un solo scopo: il rispristino dello stato di salute dei propri pazienti.

E se questo può essere conseguito attraverso mezzi differenti, a patto che siano privi di effetti avversi e di pericoli, perché privarsi di uno di questi mezzi? La cosa veramente importante è studiare. Visitare, capire i propri pazienti, le loro fragilità e debolezze e cercare di prescrivere la migliore terapia per loro in scienza e coscienza. Che siano cani, gatti, vacche o galline, bisogna averne cura e avere cura significa anche ricercare la terapia più adatta ad ogni esigenza.

Ringrazio ancora quei due veterinari che oltre 20 anni fa hanno contribuito ad aprirmi gli occhi offrendomi una visione del mondo più ampia e spaziosa grazie al loro punto di vista differente.

Dr.ssa Maria Desiderata D’Angelo, medico veterinario, specialista in malattie infettive veterinarie e patologia aviare, esperta in omeopatia veterinaria, master in nutrizione clinica del cane e del gatto.

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