Parlavo poco tempo fa con un pescatore della Marina Grande di Sorrento dal profilo di antico Greco e con due profonde rughe ai lati del viso, cotto dalla luce intensa riflessa dal mare e dall’aria salmastra che si respira in questo piccolo approdo.
Mi diceva che la sua casa, lì a pochi passi dall’arenile, si era recentemente riempita di inattesi ospiti provenienti dall’Ucraina in guerra col gigante russo, parenti di sua moglie anch’essa di quella terra, ma ormai Italiana per matrimonio e nuovi costumi.
Parlavamo, in questa lenta mattina di maggio, dei tragici eventi ad est e del flusso di profughi che si sta riversando sul nostro Paese, con i mille disagi che questa migrazione comporta, anche per la sua famiglia ormai forzosamente allargata.
Improvvisamente, mi viene in mente una domanda che da tempo mi frulla in testa: chi sono questi Ucraini che non si sentono Russi ma nemmeno del tutto Europei e che noi abbiamo solo recentemente cominciato a conoscere come badanti, cameriere e amanti, come qualcuno improvvidamente li ha definiti? Vuoi vedere che esiste un più sottile vincolo fra noi e loro che si perde nella notte dei tempi, cancellato dalla storia?
Ecco. In un remoto passato, quando le montagne ancora vomitavano fuoco e secondo le leggende la Terra era abitata da Dei e Giganti, un misterioso popolo di minatori, i Cimmeri, furono spinti a migrare ad ovest da feroci invasori provenienti dalle steppe asiatiche. I nuovi arrivati dalle pianure sàrmate, gli Sciti, sciamarono nella terra sul Mar Nero, la Cimmeria oggi chiamata Crimea, sospingendo verso il misterioso oceano dell’ovest il popolo dei minatori che prima di fare il gran balzo nell’ignoto si fermò in Tracia, fondando la città di Argilos in una zona ricca di minerale di rame e di argento.
Erodoto parla di queste genti vissute in un remoto passato come di un popolo di minatori abitante in case sotterranee chiamate argille, confuso con Sàrmati e Traci, popolo che migrò ad ovest in cerca di nuove terre.
Le invasioni barbariche in Europa, infatti, sono da sempre venute da Est, nessuna migrazione è avvenuta in senso opposto forse per effetto della rotazione terrestre o forse per inseguire il cammino del sole che pare si tuffi in un luogo misterioso e lontano che stimola il desiderio umano di conoscenza.
Quanta somiglianza già con l’odierna situazione creatasi con la nuova guerra per la conquista della Crimea da parte di feroci invasori venuti da est!
Ancora. I Cimmeri, come narrano Efòro e Strabone, migrano quindi nella penisola italica e si stabiliscono in Campania in un’epoca favolosa, precedente l’epica guerra di Troia, prima che Odissèo navigasse sui nostri mari nel suo nòstos verso Itaca.
In cerca di metalli, i Cimmeri scavano città sotterranee collegate da grandi gallerie disposte in una rete, i cui frammenti ancora oggi rimasti ci affascinano ed atterriscono, non potendone comprendere appieno il significato. Cunicoli ed antri, alcuni di immensa grandezza, usati e rimaneggiati nei millenni da tutti i successivi abitatori di queste contrade misteriose e affascinanti come poche al mondo, sedi di storie non scritte e di leggende che si perdono nei meandri del tempo.
Omero dice che Odissèo, consigliato dalla maga Circe, si reca nel misterioso mondo dell’oltretomba per incontrare le anime dei suoi antenati, in un paese sotterraneo avvolto da eterna nebbia e da vulcaniche fuliggini, dove i Cimmeri praticano la nekìa, la facoltà di parlare con le anime dei trapassati, e ne sono i custodi.
Dunque da minatori ad aruspici, da barbarici migranti dotati di brutale forza fisica a sacerdoti dell’occulto, forse o certamente da operai a primevi imprenditori. Ma poi di quali metalli parliamo in queste terre vulcaniche a parte quella perduta miniera d’oro menzionata da Strabone, situata nelle viscere di Pithecusa?

Un fitto mistero, come quello che avvolge gli immani antri nelle viscere di Partenope, dove la presenza cimmerica ci viene ricordata da curiosi toponimi come via dei Cimbri, o da popolari cognomi come quello molto diffuso di Cimmino.
Dunque potremmo essere noi i discendenti di questi barbari venuti da est sospinti da altri barbari più feroci e agguerriti, noi gli antichi Ucraini che oggi accogliamo i nuovi venuti, in un eterno sovrapporsi di popoli, di storie e di leggende. Una migrazione mai finita che rimescola le genti e i geni dei nostri corpi nell’incessante cambiamento necessario per la vita sul pianeta, determinato dalla riproduzione sessuale, dalle mutazioni geniche e dai contagi virali che dovrebbero essere interpretati come necessari, anziché infausti. Anche la migrazione da est è parte di questo disegno.
Un’umanità in perenne marcia verso i luoghi dove il sole tramonta, nell’anelito verso l’Ovest della Terra fino ad incontrare le Americhe e gli obiettivi delle nostre mai sopite speranze in un mondo migliore.

Antonio Di Giacomo già responsabile UOS Ematologia e Immunologia Cellulare AO dei Colli, lecturer per Università di Jacksonville, USA, presso Istituto S. Anna di Sorrento, cultore di storia antica e mitologia della Campania, socio della Vergilian Society di studi classici.
Copertina disegnata da Gianni Esposito.