Quanto ci piace il Kebab… ma cosa c’è dentro?
Proviamo a fare un viaggio di conoscenza intorno al cilindro rotante più succulento che ci sia!
Quel suo colore marrone e quella sua polpa così profumata ci ammaliano a ogni fetta scrollata finemente dal cilindro verticale che ruota attorno a uno spiedo, sul bancone del take away che a qualcuno tanto mancherà. Quei cilindri infilzati di carne aromatica torneranno a ruotare a ogni ora, appena superata l’emergenza da pandemia, ma per ora ci accontentiamo di soddisfare la nostra voglia attraverso qualche piccola curiosità, una fra tutte: chi ha inventato il Kebab mordi e fuggi?
Questo simpatico street food, molto diffuso in Occidente (peraltro a un prezzo abbordabile), un tempo non era un cibo dinamico. Difatti, nei Paesi asiatici e sin dall’antichità, la carne speziata di agnello o montone arrosto è stata, ed è tuttora, servita con riso e insalata su un piatto da portata.
Fu il giovane turco Aygun, emigrato in Germania, che circa quarant’anni fa pensò di rendere più maneggevole e trasportabile, per sé e i suoi connazionali, il cibo originario del suo Paese, specie durante le trasferte per andare a lavorare. Così la carne, dopo essere stata arrostita, veniva infilata tra due lembi di pane pita e accompagnata da pomodoro, lattuga, cipolle e salse a base di aglio.
Oggi il consumo di questo cibo, più che una necessità alimentare come per Aygun, è diventato una vera e propria moda, un’occasione di far festa, di gustare anche a tarda notte qualcosa di particolarmente gradevole al gusto.
Dunque siamo attratti dal cibo orientale, ma ne conosciamo davvero gli ingredienti?
Nel caso specifico, dei sottilissimi strati di carne ottenuti dal Kebab sappiamo ben poco. Forse neanche notiamo che quella polpa viene cotta e riscaldata in modo continuo fino a quando non si sia staccata l’ultima fettina, e non sappiamo a che punto quella carne sia stracotta, e quanti nutrienti perda per questo.
Veniamo alla composizione: nel Kebab c’è un miscuglio di frattaglie, orecchie, lingua e tutte le eccedenze di tagli, molto aromatizzate e speziate, e poi lavorate per forgiare un cilindro di massa più o meno omogenea. Così come lo vediamo risulta difficile riconoscere il tipo di carne, ma il vero Kebab è fatto di agnello o montone. Eppure, in alcuni di quelli che mangiamo, potrebbero esserci anche vitello, pollo, manzo e talvolta maiale. Sebbene la carne abbia un suo gusto primitivo, la gran quantità di aromi presenti ne copre quasi del tutto il sapore originario. In più, il fatto che sia servito con pane pita o piadine, insalata, patatine fritte, cipolle, salse piccanti, a base di aglio o di yogurt aromatizzato, maschera ancor di più (se non del tutto) il sapore reale.
In Occidente il Kebab perde molto della sua essenza asiatica, e questo può essere un problema per chi non mangia carne bovina o di maiale per ovvi motivi religiosi e culturali.

Se il mistero degli ingredienti è l’ultimo dei problemi, per chi il Kebab lo vuole a ogni costo, da non sottovalutare sono però i risvolti negativi sulla salute. A cominciare dall’apporto energetico: una porzione di Kebab apporta circa 2000 Kcal, equivalente del fabbisogno energetico di un’intera giornata. Mangiare anche solo un paio di volte a settimana questo street food come extra ai nostri cinque pasti tradizionali (colazione, pranzo, cena e due spuntini) significherebbe assumere calorie in più, aumentare di peso ed esporsi al rischio di patologie cardiovascolari. Infatti il Kebab contiene più del fabbisogno massimo di sale consigliato, ed è ricco di grassi. Un cilindro ha un contenuto di olio pari a un calice da vino, e la stessa polpa contiene poco più di 100 g di grassi, per lo più saturi. Oltre alle spezie, è presente anche del pangrattato, che se non dichiarato in etichetta può essere un problema per i celiaci. Inoltre sono presenti fosfati e altri additivi che rendono la carne più umida e succosa ma che possono essere nocivi per la salute.
Data la presenza di carne, pane e verdure, il Kebab potrebbe rappresentare un pasto completo, tuttavia le porzioni vendute agli avventori sono troppo abbondanti, quindi ipercaloriche e grasse, rendendolo un piatto da evitare, alla stregua di un cibo spazzatura.
Se proprio non riuscite a farne a meno, dimezzate la porzione, consumatelo saltuariamente e scegliete dei punti di ristoro di buon livello igienico, meglio ancora se in grado di darvi garanzie sugli ingredienti che state assumendo.

Mirella Gallo, Consulente in Nutrizione e Fitness, esperta in elaborazione di diete in condizioni fisiologiche e patologiche, personal trainer