Dall’ascolto al dialogo: la comunicazione medico-paziente.

Dall’ascolto al dialogo, di Rosa Ruggiero – Giuseppe de Nicola Editore, 127 pp, costo 20 Euro.

Per ordinare il volume: www.denicolaeditore.it -info@denicolaeditore.it

Lo scorso mercoledì 19 ottobre, presso l’auditorium dell’Ordine dei Medici di Napoli, è stato presentato il libro di Rosa Ruggiero, dirigente dell’ASL Napoli 1 Centro, Dall’ascolto al dialogo – la comunicazione medico-paziente, edito da Giuseppe de Nicola editore.

L’incontro, moderato da Bruno Zuccarelli, Presidente dell’Ordine, in una sala gremita da moltissimi medici, primari e professori, nonché politici, si è avvalso degli interventi di Anna Maria Colao, titolare della cattedra UNESCO Educazione alla salute e sviluppo sostenibilee professore ordinario di Endocrinologia alla Federico II, Maria Triassi, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia Federico II e professore ordinario di Igiene e Medicina Preventiva, Aldo Bova, Presidente nazionale Forum Associazioni Socio-Sanitarie, Maurizio Iazeolla, neurologo e Presidente nazionale AMFI, Associazione Medici Fotografi Italiani, che ha curato le foto del volume, Rosa Ruggiero e le conclusioni di Nicola Provenza, gastroenterologo e Deputato della Repubblica – XVIII Legislatura, estensore del Disegno di Legge su Disposizioni sul potenziamento degli aspetti comunicativi nella relazione del professionista sanitario con il paziente e con i componenti dell’équipe sanitaria.

Il focus dell’evento, condiviso da relatori e platea, è l’importanza di un insegnamento in comunicazione con i pazienti per i futuri medici. Ad oggi, sono ancora pochi gli atenei italiani (Università di Bologna, di Milano, la Cattolica di Roma) che prevedono, nel corso di studi in Medicina e Chirurgia, questa materia. Gli studenti non sono formati su come instaurare una relazione con i pazienti e, solo dopo la laurea, all’inizio dell’attività professionale, imparano sulla loro pelle come comunicare una diagnosi, una terapia, una prognosi, una progressione, un decesso…

Rosa Ruggiero è titolare del corso su Comunicazione medico-paziente del master in Management Sanitario di II livello presso l’Università Federico II di Napoli e affiliata alla Cattedra Unesco su Educazione alla salute e sviluppo sostenibile dello stesso ateneo.

Il suo libro rappresenta una guida pratica, un prontuario per gli studenti in Medicina che illustra, con esempi concreti, ciò che non viene insegnato: come costruire una relazione proficua col paziente, un’alleanza terapeutica che aiuta nel processo di cura, un accudimento del curante che migliora notevolmente la qualità di vita, in vare patologie e tipologie di pazienti: col paziente anziano, col bambino, con la donna, col paziente chirurgico, in ambito pandemico etc.

Il punto di partenza è l’ascolto, a cui segue il dialogo, in un setting confortevole, modulando col giusto tono la voce, dedicando attenzione al vissuto del paziente, alla sua storia, e non solamente alla patologia, creando una relazione basata su fiducia e sintonia.

A fine incontro compro il libro, mi presento e le chiedo un’intervista la settimana successiva, dopo averlo letto. Ci siamo incontrati nel suo ufficio all’ASL Napoli 1 Centro in cui, come igienista, è la responsabile dell’Unità Operativa Monitoraggio, Analisi e Controllo attività Intramoenia, nonché della strutturazione di Reti di assistenza integrata fra ospedali e territorio, fra cui la rete epatologica e quella nefrologica.

 L’appuntamento è alle 16:00, mi riceve con sorriso venendomi incontro, smarca il cartellino, e ci accomodiamo nella sua stanza.

Dopo una breve digressione sportiva, dovuta all’imminente partita di Champions in città e alla stessa fede calcistica, evidenziata in un poster sulla parete alla destra della sua scrivania, cominciamo a parlare di comunicazione in Sanità. 

<<Hai una cattedra al master di II livello in Management Sanitario e sei affiliata alla Cattedra Unesco di cui è titolare Anna Maria Colao.

Da quanto tempo ti sei occupata di insegnamento in Comunicazione per i medici? Mi risulta che siano solo tre gli atenei italiani, Milano, Bologna e la Cattolica di Roma, che hanno una Cattedra per formare gli studenti sulla relazione coi i pazienti?

Il focus sui giovani futuri medici è cominciato molti anni fa, quando fui chiamata dalla collega Oliva di biochimica della ex S.U.N., l’attuale Vanvitelli, che mi chiese se ero interessata a una docenza per un corso di sensibilizzazione sulla comunicazione medico-paziente. Era un’ADE (Attività Didattiche di Elezione), e il numero di discenti da noi previsto era massimo una trentina. Se ne iscrissero invece trecento e fummo costrette a rivedere il progetto. Il modello formativo consisteva in una breve parte teorica seguita da molta pratica tramite attività di role playing che appassionò molto gli studenti, che partecipavano alla simulazione sia come medici che come pazienti. L’interesse fu tale che un gruppo di loro si iscrisse per tre anni consecutivi perché, mi riferirono, di imparare tanto da questa classe. In aula proiettammo scene del film Un medico, un uomo, per evidenziare il cambiamento da un modello rigido, di chi sta dietro la scrivania, a uno empatico, basato sulla propria esperienza di malattia e al percorso terapeutico in cui il protagonista si era dovuto sottoporre. Attivammo le ADE per quattro anni consecutivi, e sempre con grande partecipazione degli studenti. Purtroppo il pensionamento della collega interruppe questa attività formativa dedicata agli studenti dei primi anni del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. L’incontro con i ragazzi mi confermava che era un’attività nuova di grande interesse per i giovani.

Gli incontri trattavano quindi di ascolto e dialogo, di come relazionarsi con i pazienti nei diversi contesti?

Sì, perché il tempo della comunicazione è tempo di cura. Ciò non significa dedicare a tutti i pazienti lo stesso tempo, particolarmente scarso nella sanità pubblica, ma entrare in sintonia con il paziente: devi creare una sorta di <<bolla>>, di relazione, con un mutuo scambio. E con questo non intendo la formazione erogata tramite i corsi sull’etica, sul consenso informato, sulla privacy, ma un reale percorso che parte dalla consapevolezza di ciò che si andrà a fare e poi a prenderne coscienza, accompagnando i ragazzi fino alle cliniche e ai tirocini. Il dialogo col malato è di fondamentale importanza e risale addirittura ai tempi di Ippocrate, per cui la presa in carico del bisogno di cura del paziente non può limitarsi alla sola terapia, ai sintomi e quant’altro, ma il curante deve considerare l’unicità della persona, il suo vissuto, la cultura, il contesto sociale, una serie di variabili di cui tenere conto e queste cose si insegnano.

Oggi a che punto siamo?

Ho lavorato a un progetto formativo già pronto con una serie di colleghi, in cui ho coinvolto medici, una psicologa, una psicoterapeuta, uno psichiatra e una sociologa e spero di poterlo realizzare quanto prima nella mia Università, la Federico II, quanto prima. Il progetto rappresenta anche uno strumento di verifica per gli studenti sul corso di laurea scelto: se, dopo un anno, non si sentono in grado di poter gestire l’impatto con la persona, sono così in tempo a cambiare.

Questo progetto ha possibilità concrete di essere realizzato?

Sì, e non dovremmo più parlare di ADE ma di un’attività didattica di formazione obbligatoria per i sei anni di corso, come è avvenuto partendo dalla sensibilizzazione nella cattedra UNESCO con gli specializzandi in endocrinologia. All’inizio erano un po’ scettici ma poi, a fine delle lezioni, chiedevano quando ci sarebbe stato il prossimo incontro. Purtroppo, in Italia, queste iniziative sono per lo più a <<macchia di leopardo>>, come alla Cattolica a Roma, ove c’è una docente di comunicazione sanitaria con la quale ho avuto il piacere di parlare, che mi ha specificato che è un corso di sole otto ore, promettendomi che, in caso di attivazione a Napoli, sarebbe stata volentieri partner del progetto come docente. Mi ha fatto molto piacere, in quanto prima mi sentivo un po’ come una cattedrale nel deserto, isolata. Poi, mi sono resa conto che non c’era solo la connotazione etica, in questo percorso, ma anche quella organizzativa, che mi ha portato, dopo aver scritto al Presidente del Consiglio, a parlarne al Senato della Repubblica e poi alla Camera, dove ho incontrato l’Onorevole Provenza. Una buona comunicazione col paziente riduce anche il contenzioso sanitario, che registra circa 36 mila casi l’anno, con un risarcimento medio di 50 mila euro a paziente.

Oltre ai corsi per futuri medici, credi sia importante anche un’offerta formativa per i caregiver, che sono per lo più i familiari dei pazienti?

Assolutamente sì. L’ASL Napoli 1 Centro è la prima azienda territoriale ad aver creato nel 2019 la scuola caregiver. Abbiamo formato circa 30 persone sulle complicanze dell’encefalopatia tramite la rete epatologica. Ci siamo poi fermati per il Covid.

Spesso, nel poco tempo a disposizione per la visita al paziente, il medico dimentica di segnalare degli effetti collaterali dovuti a specifiche terapie, come avviene ad esempio per pazienti oncologici durante i cicli di chemio, creando preoccupazione per i familiari con frequenti chiamate al 118. Come si può ovviare a questo difetto di comunicazione?

La comunicazione non deve riguardare il solo medico, ma tutto il reparto, che è costituito anche da infermieri, da OSS, dal caposala, da tecnici. Ogni persona in reparto deve anche avere un ruolo in ambito comunicativo, per cui una buona comunicazione orizzontale, con lo staff, può contribuire a colmare l’assenza di tempo disponibile con le giuste informazioni da dare al malato e al caregiver, in base a specifiche capacità caratteriali. E questo consente anche al curante di avere un feedback sul paziente non necessariamente legato alla malattia ma al suo vissuto. Gli infermieri, in particolare, hanno un contatto diretto più informale col paziente, che lo vede meno distaccato rispetto al medico, e hanno modo di conoscere degli aspetti di vita del malato, il suo umore, eventuali problemi non collegati alla patologia che, se poi riferiti al curante, lo aiutano nella relazione.

Questi interventi mirati a migliorare la comunicazione e la diffusione delle informazioni a tutti gli attori del percorso di cura, che impatto avranno nel sistema socio-sanitario?

Se correttamente comunicati, e da tutti, credo in modo significativo. La creazione di reti, di informazioni condivise, l’accesso alle cure, la diminuzione del contenzioso, e tanto altro, saranno facilmente verificabili sia a livello quantitativo che qualitativo, migliorando la qualità di vita dei malati. Fra i tanti doveri che noi medici abbiamo, c’è anche quello del dialogo con i pazienti.

Concretamente cosa ti aspetti nel futuro?

Credo che se riuscissimo a istituire un insegnamento in entrambi i Policlinici partenopei saremmo poi seguiti da altri atenei. Contemporaneamente dobbiamo verificare a livello politico chi della nuova Legislatura si occuperà del Disegno di Legge presentato dall’onorevole Provenza e sottoscritto da 20 personalità dell’arco costituzionale. All’incontro all’Ordine dei Medici hanno partecipato molti primari e professori universitari, il che significa che la tematica interessa, e questo fa ben sperare. Un primo passo possibile è un corso di sensibilizzazione per gli studenti dei primi anni istituito dalla professoressa Colao, titolare della cattedra UNESCO << Educazione alla salute e sviluppo sostenibile>> ma non basta, perché deve poi esserci un seguito strutturato. Bisogna parlarne, diffondere il progetto, partecipare a interviste, incontri, intervenire con relazioni a congressi, lavorare con l’obiettivo di lasciare un percorso agevolato per le nuove generazioni.

Oltre a ciò di cui abbiamo parlato, hai in mente altro per portare avanti il progetto?

Creare un gruppo di lavoro che condivida gli obiettivi concreti esposti, coinvolgendo professionisti della salute, associazioni pazienti, associazioni di volontariato, stakeholders, cittadini. Questa è la mia missione da anni, e intendo portarla avanti.>>

Dopo circa due ore di colloquio, ringrazio la dottoressa Ruggiero e mi congedo, l’inno della Champions si avvicina e la città è congestionata per il traffico. Mi rendo conto di aver parlato poco del libro, ma di aver approfondito tutto quanto c’è attorno al prodotto editoriale, fruibile e formativo, che consiglio vivamente di acquistare a chi è impegnato nelle professioni sanitarie, agli studenti, futuri medici, e agli operatori della salute, che di sicuro troveranno argomenti interessanti e fondamentali a fine percorso di studio.

Carlo Negriesperto di marketing farmaceutico e comunicazione in Sanità.

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