Fattarielli napoletani: musica, Maestro.

Quando si parla di musica napoletana si pensa immediatamente a ‘O sole mio, a Funiculì funiculà e ad altre canzoni della tradizione partenopea, dimenticando che fin dal 1600 a Napoli era viva una grande Scuola musicale che produsse madrigali, concerti, musica sacra e soprattutto l’Opera buffa che ebbe una enorme diffusione in tutta Europa.

Molti, quando sentono i nomi di Scarlatti, Paisiello, Cimarosa, pensano alle strade del Vomero e magari non sanno neanche chi essi siano, eppure erano musicisti talmente famosi, che persino Mozart venne a Napoli, da ragazzo, per conoscere questa Scuola e se ne innamorò tanto che più tardi compose l’opera buffa Così fan tutte, che è ambientata proprio nella città di Partenope.

Per scoprire alcuni luoghi dove questa musica è stata vissuta, faremo una passeggiata che, partendo dal Teatro Bellini, ci porterà fino al Teatro San Carlo: a Napoli si dice O Bellini pe’ bellezza e ‘o San Carlo pe’ grandezza, volendo indicare la ricchezza opulenta della sala del primo, ispirata all’Opera di Parigi, e l’importanza del secondo.

Al Bellini si tenne la prima rappresentazione italiana della Carmen di Bizet che, passata quasi inosservata all’estero, spiccò da qui il volo per il grande successo internazionale.

Camminando, un poco più avanti, troviamo il Conservatorio di San Pietro a Majella: ma chi è questo Santo cui è dedicato il complesso religioso? E’ nientemeno che Pietro Angeleri da Morrone, eremita abruzzese, più noto come Papa Celestino V, che Dante accusa di essere colui che fece per viltade il gran rifiuto.

All’angolo fra il Conservatorio e Via San Sebastiano si trova la Chiesa di Santa Maria della Mercede in cui Sant’Alfonso Maria de’ Liguori depose il suo spadino di avvocato per dedicarsi alla vita religiosa, nel corso della quale compose quel capolavoro di canto natalizio che è Tu scendi dalle stelle.

Scendendo, sulla destra, si trova l’ingresso del liceo Vittorio Emanuele (frequentato dal Maestro Riccardo Muti), che nei secoli scorsi è stato sede del Conservatorio di San Sebastiano, del quale è stato allievo Bellini. In questo Conservatorio il giovane compositore presentò la sua prima Opera Adelson e Salvini, in cui Salvini ha un servo napoletano che si chiama Bonifacio Beccheria!

Le composizioni dell’allievo Bellini non convincevano molto il suo maestro Zingarelli, il quale, pur riconoscendogli grandi capacità, non era soddisfatto della musica che componeva; quando, poi, Bellini ebbe successo a Milano con la sua opera Il Pirata e tornò, tutto soddisfatto, a trovare il suo Maestro, questi, incontentabile, gli disse: Picciri’ mo è ‘o mumento che t’avisse ‘mparà ‘a musica, pecchè ‘o saie si ciuccio assaie.

Bellini, spronato dal severo maestro cui era molto legato, si mise a studiare assiduamente tanto da comporre capolavori come la Norma (la cui partitura è dedicata proprio allo Zingarelli), la Sonnambula e i Puritani.

Proseguendo si arriva alla Chiesa del Gesù in cui è sepolto quello che è considerato il più grande compositore di musica polifonica del ‘600: il principe Carlo Gesualdo da Venosa, protagonista di uno dei più noti fatti di sangue della sua epoca, in quanto mandante degli assassinii della bellissima moglie Maria D’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa, sorpresi a consumare adulterio nel palazzo di famiglia a Piazza San Domenico Maggiore, in quello che oggi è Palazzo Sansevero.

Il Principe, per evitare ritorsioni da parte delle illustri famiglie dei due amanti uccisi, si ritirò nel suo castello di Gesualdo, in Irpinia, e continuò a comporvi musica, come già aveva fatto a Napoli nella sua Accademia di intellettuali frequentata da poeti, musicisti e letterati, fra i quali Torquato Tasso del quale musicò, nel primo libro dei Madrigali, diversi testi poetici.

L’amicizia con il famoso poeta si ruppe quando Gesualdo seppe che Tasso aveva scritto, con commozione, quattro sonetti sulla storia d’amore e di morte dei due amanti. Il poeta cercò di giustificarsi, ma il Principe, sentendosi tradito da colui che aveva trattato con ogni riguardo nel suo palazzo, non lo perdonò.

Personaggio forte e crudele, ma dotato di grande genialità musicale, al quale il compositore Igor Strawinsky ha dedicato una sua opera, il Monumentum pro Gesualdo da Venosa. che ha affascinato anche il cantante Franco Battiato che lo ricorda nella sua omonima canzone: …i madrigali di Gesualdo, principe di Venosa, musicista assassino della sua sposa. Cosa importa? Scocca la sua nota dolce come la rosa.

Uscendo dalla chiesa, si raggiunge via Capitelli, dove si trova il negozio di ottica Sacco, sul quale è posta una lapide che ricorda Raffaele Sacco, ottico, inventore dell’aletoscopio, strumento idoneo a riconoscere la falsità di bolli, sigilli e firme, famoso, in ambito musicale, per essere l’autore dei versi della famosa canzone Te voglio bene assaie.

Questa canzoncina, come racconta Salvatore Di Giacomo, venne cantata in una sera del settembre 1835 nel salotto di un palazzo di amici: l’aria era calda e le finestre erano aperte, gli invitati accompagnavano la musica cantando in gruppo il motivetto io te voglio bbene assaie, ma tu nun pienze a mme, quando dalla strada salì un secondo coro che ripeteva il ritornello: erano i passanti che avevano ascoltato sotto i balconi quella musica orecchiabile e melodiosa.

In un baleno la canzone invase Napoli, la si cantava ovunque e in continuazione, un incubo che spinse qualcuno a scrivere Addio mia bella Napoli, fuggo da te lontano! Perchè pensier sì strano? Tu mi dirai perché? Perché mi reca nausea quella canzone omai. Te voglio bbene assaie e tu nun pienze a mme.

L’autore della dolce melodia è sconosciuto, anche se per molti si riconosce lo stile di Gaetano Donizetti, che visse in quel periodo a Napoli, a via Nardones. Non deve stupire che grandi musicisti abbiamo composto anche canzoni; Fenesta ca lucive, infatti, è attribuita a Bellini.

Continuando la passeggiata, si arriva a via Toledo mentre, se andassimo diritti entreremmo alla Pignasecca, ove nella Chiesa di Montesanto c’è la tomba di Alessandro Scarlatti.

E’ la Toledo di notte di Raffaele Viviani, il cantore della Napoli degli umili, dei diseredati, di Bammenella ‘e coppa ‘e Quartieri e della Rumba degli scugnizzi.

Proseguendo verso piazza del Plebiscito si arriva a Palazzo Barbaja, di fronte alla Funicolare Centrale, nel quale dimorò, ospite di questo famoso impresario teatrale, Gioacchino Rossini. Il Maestro si era impegnato con Barbaja a consegnargli entro 6 mesi l’Otello da rappresentare a teatro; ma Rossini era godereccio e passò quasi tutto il periodo in pranzi, gite, battute di caccia e divertimenti, senza preoccuparsi di rispettare l’accordo preso nonostante le insistenze dell’impresario. Una mattina, quasi alla scadenza dei sei mesi concordati, Rossini si ritrovò chiuso in casa: Barbaja aveva murato la porta dell’appartamento e gli disse che lo avrebbe tenuto chiuso lì dentro, dandogli da mangiare solo maccheroni, fino a che non avesse composto l’ouverture dell’Otello. Rossini si arrese e in pochissimi giorni consegnò il pezzo.

Più avanti, in via Carlo De Cesare, si trova Palazzo Majorana, fatto costruire da una delle più famose voci bianche da soprano del’700, il castrato Gaetano Majorana, in arte Caffarelli, sul cui portone è posta una grande iscrizione in marmo: Amphio Thebas, ego domum ovvero Anfione costruì Tebe con il suono della sua magica lira, io grazie alla mia voce, la mia casa. Arrivati al Teatro San Carlo, giungiamo al termine della passeggiata e, finalmente, ci sediamo al tavolino di un bar per goderci una buona Tazzulella ‘e cafè e ammiriamo questo Tempio inaugurato il 4 novembre 1737, giorno onomastico del re Carlo III, che è il più antico teatro lirico del mondo ancora in attività, un teatro che ha fatto la storia della musica, ma questa è un’altra storia.

Sergio Giaquinto, Giurista, già Dirigente Amministrativo dell’A.O. dei Colli, cultore di Storia e Archeologia

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