Fatti, fattarelli e pietre d’inciampo nel Vecchio Testamento

Era bastato che Abramo avesse detto della moglie: è mia sorella, perché il Faraone, prima, e l’Abimelech, poi, si fossero sentiti in diritto di mandare a prendere Sara: Abramo faceva pascolare i suoi animali sulle loro terre e questi, di conseguenza, mandarono a prelevare sua sorella.

Questo racconto […] porta il segno di un’età morale in cui la coscienza non riprovava sempre la menzogna ed in cui la vita del marito valeva di più dell’onore della moglie. (G. Ravasi, La Bibbia, Commenti, pag. 96).

Nota: In periodo pre-islamico gli Arabi avevano costumi matrimoniali vari e liberi. Oltre al matrimonio «nikâh», etimologicamente di «perforazione», esistevano diversi altri tipi di matrimonio: il matrimonio di godimento temporaneo, stipulato per un periodo determinato dai coniugi stessi; il matrimonio per sostituzione o scambio delle mogli, consentito dai mariti; il matrimonio di compensazione con cui si poteva acquisire una nuova moglie in cambio di una figlia, sorella o parente prossima senza sostenere spese di dote; il matrimonio di locazione con il quale l’uomo, durante una sua assenza, affittava i favori della moglie ad un uomo di sua scelta; il matrimonio di inseminazione, con il quale il marito poteva porre la moglie nel letto di un «buon genitore»; infine il matrimonio poliandrico (G. Mandel, Il Corano, pag. 731).


Una carestia costringe Abramo ad emigrare in Egitto e il Faraone s’innamora di Sara

Poi venne una carestia nel paese di Canaan e Abramo scese in Egitto per soggiornarvi (Gn 12, 10). Sul punto di arrivare in Egitto, Abramo disse alla moglie Sara: Vedi, io so che tu sei donna di aspetto avvenente; quando gli Egiziani ti vedranno, penseranno: costei è sua moglie e mi uccideranno, mentre lasceranno te in vita; di’ dunque che sei mia sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io viva per riguardo a te (Gn 12, 11‐12). Il faraone infatti si invaghì di Sara e dovette intervenire il Signore che colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità; allora il faraone convocò Abramo e gli disse: Che mi hai fatto? perché non mi hai dichiarato che era tua moglie? perché hai detto: è mia sorella, così che io me la sono presa in moglie?; quindi i gli restituì la moglie: Prendila e vattene e li fece accompagnare dai suoi uomini fuori dalla frontiera concedendogli di portare via tutti i suoi averi (Gn 12, 17‐20).

Così Abramo dice di Sara: Essa veramente è mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre (Gn 20, 12). Tuttavia verosimilmente Sara era sorella di Lot e nipote di Abramo, in quanto figlia di suo fratello; si spiegherebbe il motivo per cui Lot segue Abramo in Canaan, piuttosto che restare a Carran, e si spiegherebbe anche il particolare riguardo che Abramo ha per Lot.

Al redattore di Genesi deve essere sembrato abbastanza poco edificante che Abramo, per tutelarsi, quando era in difficoltà, presentasse la moglie come sorella, ben sapendo quanto fosse gravida di rischi questa sua menzogna; ha cercato di attenuare lo scandalo facendogli dire un’altra menzogna: Inoltre essa veramente è mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre.

Le leggende degli Ebrei narrano che ogni volta che il faraone aveva tentato di avvicinarsi a Sara, un angelo armato di scudiscio gli aveva colpito la mano, facendolo desistere; e che infine una improvvisa lebbra aveva reso il faraone impotente a soddisfare le sue voglie (cfr. L. Ginzberg, II, pag. 49).


Anche l’Abimèlech dei Filistei manda a prelevare Sara

            All’indomani della distruzione di Sòdoma, Abramo aveva levato le tende da Canaan per trasferirsi nella terra dei Filistei. Così Genesi: Abramo levò le tende di là, dirigendosi nel Negheb, e si stabilì tra Kades e Sur; poi soggiornò come straniero a Gerar; siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: «É mia sorella», l’Abimèlech, re di Gerar, mandò a prendere Sara (20, 1‐2). Anche in questa occasione intervenne il Signore ad impedire rapporti carnali dell’Abimèlech con Sara ed anche in questa circostanza Abramo e Sara ebbero profitti: greggi e armenti, schiavi e schiave e mille pezzi d’argento; inoltre il permesso di abitare nel territorio; E fu forestiero nel paese dei Filistei per molto tempo (Gn 21, 34). Nel primo anno di permanenza nel Paese, quello stesso anno, Sara partorì Isacco.


Le leggende a proposito della notte trascorsa con l’Abimelech

            Abramo, giunto nel paese dei Filistei, anche questa volta si accordò con Sara per spacciarla come sua sorella […]; Abimèlech la prese in moglie e colmò di onori il suo presunto fratello. Verso sera, quando era giunto per i due il momento di ritirarsi, Abimèlech fu preso da un sonno profondo e sognò un angelo che, minaccioso, gli ordinava di restituire Sara ad Abramo, suo marito (L. Ginzberg, II, pag. 79-82).


Il nome Abimèlech

Abimèlech: in ebraico significa: Il padre è re (cfr. M. Bocian, Personaggi della Bibbia, pag. 31). I Filistei usano il nome Abimelech per il loro re, così come gli Egiziani lo chiamano Faraone, i Cananei Melchisedec, i Fenici Hiram, gli Amaleciti Agag (L. Ginzberg, III, nota 429, pag. 270). Tubba era il nome dei re sudarabici preislamici (G. Mandel, Il Corano, pag. 882).


L’ironia e lo scandalo

Così P. Sacchi (Apocrifi dell’Antico Testamento, I, pag. 16): La diversa ottica con cui il nord e il sud (rispettivamente Israele e Giuda) valutano la moralità o meno delle azioni umane può bene essere illustrata dalle due versioni di un’avventura di Abramo, che, per levarsi d’impaccio e magari ricavarne qualche utile, cedette la moglie: in Gn 12 (10‐20) è la narrazione dello Jahwista (tradizione del sud); in Gn 20 (1‐18) è conservata la versione dell’Eloista (tradizione del nord); il primo sembra soprattutto divertito; il secondo è scandalizzato e cerca di giustificare Abramo sottolineando che Sara fu restituita, senza essere stata toccata dal re. L’autore di Giubilei omette l’episodio per le difficoltà morali che suscitava (P. Sacchi, ibidem, pag. 293).

Lo scandalo era ancora più insopportabile, e il turbamento ancora più evidente, se si pensa che Sara non riusciva a concepire e che proprio nell’anno successivo nacque miracolosamente Isacco. Genesi narra che anche Isacco, trasferitosi con le greggi nella terra dei Filistei, presentò all’Abimèlech la moglie Rebecca come sorella; in questa occasione fu proprio il nuovo Abimelech a preservare Rebecca; così il racconto di Genesi: Venne una carestia ed Isacco andò a Gerar presso Abimèlech re dei Filistei; gli uomini del luogo lo interrogarono intorno a Rebecca ed egli disse: «È mia sorella»; era là da molto tempo, quando Abimèlech vide Isacco scherzare con la moglie e gli disse: «Sicuramente essa è tua moglie, perché hai detto che è tua sorella?»; poco ci mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie». Abimèlech diede quest’ordine a tutto il popolo: «Chi tocca quest’uomo o sua moglie, sarà messo a morte» (Gn 26, 6‐11).


Dio chiude la bocca alle cattive lingue

            Dio aveva comandato all’angelo dell’embrione che Isacco fosse identico ad Abramo, per chiudere la bocca ai malevoli; per la stessa ragione fece sì che Sara avesse tanto latte, da poter fare da nutrice a tutti i bambini invitati alla festa, per di più, saziandoli (ibidem, II, pag. 82).


Ma Isacco, è figlio dell’Abimèlech?

            Isacco, si afferma, sarebbe figlio di Abimèlech (M. Bocian., Personaggi della Bibbia, pag. 483). Nella tradizione ebraica Abimèlech è considerato uomo retto, perché ‐ essendo senza figli ‐ spera di averne da una donna bella e timorata di Dio quale è Sara (ibidem, pag. 32).


Anche l’Abimèlech alla festa per la nascita di Isacco

            Alla festa per la nascita di Isacco furono invitati anche l’Abimèlech, re dei Filistei, e i suoi più alti dignitari (L. Ginzberg, II, pag. 82‐84).


La somiglianza di Isacco ad Abramo

Dio aveva comandato all’angelo dell’embrione che Isacco fosse identico ad Abramo, per chiudere la bocca ai malevoli (ibidem, II, pag. 82). Isacco somigliava tanto ad Abramo, che, da adulto, veniva scambiato per il padre (L. Ginzberg, II, pag. 107). Isacco era il ritratto di suo padre, nel fisico come nello spirito (ibidem, II, pag. 123). Nella tradizione ebraica il bambino Isacco è immagine di suo padre, per sottolineare che non è figlio di Abimèlech (M. Bocian, Personaggi della Bibbia, pag. 311).


L’evento miracoloso della gravidanza di Sara fu costruita ad arte?

            L’evento miracoloso di Sara che partorisce all’età di novant’anni fu costruito ad arte dalla tradizione ebraica per giustificare la strana coincidenza della nascita di Isacco ad un anno di distanza dalla notte trascorsa con l’Abimèlech?


L’episodio del Monte Moria nasconde altro?

            L’episodio del Monte Moria (ove Abramo si era predisposto a sacrificare Isacco) deve essere interpretato diversamente? Abramo voleva deliberatamente uccidere Isacco? ebbe infine un ripensamento?


Abramo aveva ripudiato Sara?

            Da Genesi (22, 19) sappiamo che Abramo dimorava a Bersabea: infatti, disceso dal Monte Moria, Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea ed Abramo abitò a Bersabea. Sara tuttavia morì ad Ebron ed Abramo andò là a fare il lamento. Questa circostanza non ha mancato di suscitare perplessità sin negli antichi commentatori, che hanno così risolto il dilemma: tornati a Bersabea [dal Monte Moria], Abramo ed Isacco cercarono Sara, ma non la trovarono; poi vennero a sapere che era andata sino ad Ebron, per cercare di loro; recatisi dunque laggiù, scoprirono che era morta […] (L. Ginzberg, II, pag. 104).


Abramo non piange molto la morte di Sara

Molti antichi autori riferiscono che Abramo nell’elogio pronunciato per la morte di Sara non pianse troppo (cfr. MHG I, 346‐347). Filone (Abramo 44) in proposito sostiene che Abramo portò il lutto solo per breve tempo, perché un eccessivo compianto non si addice al saggio. Altri autori si interrogano sulle colpe di Sara, in ragione della sua morte prematura (L. Ginzberg, II, nota 257, pag. 276‐277).


Abramo non impartisce la benedizione ad Isacco

            Abramo diede tutti i suoi beni ad Isacco (Gn 25, 5). Tuttavia Isacco non fu benedetto da Abramo, ma dal Signore (Gn 25, 11). Il fatto che Abramo non aveva impartito la benedizione ad Isacco pure ha suscitato perplessità, così risolte: Abramo era perfettamente consapevole che Isacco meritava più di tutti gli altri suoi figli la benedizione paterna, e tuttavia gliela negò, così da evitare motivi di ostilità tra i suoi discendenti; egli pensò: «Io non sono che carne e sangue, oggi qui e domani nella tomba; per i miei figli ho fatto tutto ciò che potevo; ora Dio compia il suo volere in questo mondo». E fu così che, subito dopo la morte di Abramo, Dio stesso apparve ad Isacco e gli impartì la Sua benedizione. (L. Ginzberg, II, pag. 114 e nota 314, pag. 288)

Domenico Casale, cardiochirurgo di professione e contadino per passione, esperto di mitologia e testi sacri multiculturali, scrittore.

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