Fibromialgia: la malattia del paradosso

Esistono alcune malattie che vengono definite invisibili (o fantasma): si tratta, talvolta, di condizioni rare (caratterizzate da poca visibilità) o, più spesso, di patologie, sia fisiche che mentali, che non presentano sintomi evidenti e individuabili dall’esterno, motivo per cui si stenta a riconoscerne l’esistenza e la presenza e restano invisibili agli occhi dei meno attenti.

La sindrome fibromialgica, o fibromialgia (la cui etimologia è rintracciabile nelle parole fibro, che fa riferimento ai tessuti fibrosi, moyos, che indica i muscoli, e algos, che è il dolore) rientra, appunto, tra le malattie che si definiscono invisibili.

Un rapporto del gennaio 2022 parla di più di 2 milioni di italiani colpiti dalla patologia; essa interessa soprattutto le donne, ma anche una significativa percentuale di uomini: a ognuno di noi sarà capitato di incontrare, tra i parenti, tra gli amici, tra i colleghi di lavoro, una persona affetta da fibromialgia.

La malattia del paradosso, mi viene facile definirla, in quanto sconosciuta ai più, sebbene ad esserne affetti siano milioni di pazienti.

La sintomatologia è varia, cronica e invalidante: dolori diffusi, problemi alla pelle, disturbi gastrointestinali, astenia, amenorrea, problemi di memoria e di insonnia, mal di testa, vertigini, disturbi urinari e alla vista… per citarne alcuni.

Eppure, non vi è alcun esame specifico ed attendibile in grado di identificarla con certezza: la diagnosi è paziente-dipendente, in quanto il racconto dei sintomi risente spesso dello stato emotivo del paziente.

Il medico, da parte sua, non può avere la certezza assoluta che l’intensità, la frequenza e il numero dei disturbi riferiti corrisponda sempre alla realtà invece che a una percezione legata all’emotività del momento; anche la prescrizione di terapie, e la successiva valutazione delle stesse, non sempre è agevole in tale contesto, in quanto intervengono interrogativi di ordine etico oltre che medico-terapeutico: i farmaci utilizzati per la fibromialgia sono spesso farmaci importanti, per cui occorrono certezze, e non il solo sospetto diagnostico, per giustificarne la prescrizione.

Tutti procedevano a tentoni, alcuni mi prescrivevano dei farmaci immunosoppressori, altri del cortisone. Sono andata avanti con uno sforzo e un dolore inimmaginabili, racconta Giusy, che ha avuto la diagnosi di fibromialgia dopo 7 anni dall’inizio della sintomatologia.

L’approccio alla gestione dei pazienti con fibromialgia deve essere multidisciplinare: è necessario che medici di varie specializzazioni (reumatologi, terapisti del dolore, dermatologi, gastroenterologici, urologi, oculisti…) siano affiancati da psicologi, sociologi, fisioterapisti, infermieri… così da garantire al paziente un approccio olistico che lo sostenga negli aspetti clinici, ma anche in quelli psicologici, sociali, riabilitativi ed assistenziali correlati alla patologia.

I risvolti emotivi e sociali nel paziente con sindrome fibromialgica sono numerosi e di non facile gestione: è difficile far comprendere agli altri quanto possa essere invalidante una malattia che non si vede; la vita quotidiana è sottoposta a continue prove di resistenza e, per quanto si cerchi di svolgere le normali e necessarie attività giornaliere (lavoro, studio, svago…), non sempre si riesce a portare a termine tutti i compiti che ci si era prefissati, compromettendo, ancor più, il proprio stato socio-emotivo.

Ho 53 anni e non riesco nemmeno a ricordare da quando ho dolori (…). Mi hanno riempito di medicinali. Tutti oppiacei (…). Non riesco più a fare una passeggiata (…). Sono sempre stanca, apatica, vorrei fare tante cose, ma il mio fisico non risponde, allora mi deprimo ancora di più. Non riesco più a fare una passeggiata perché mi stanco subito, mi sembra di spostare una montagna e questo si ripercuote sulla famiglia che sì, loro mi capiscono, ma non mi comprendono bene (…). Ho sentito che a ******* all’ospedale curano con la cannabis, sarei quasi tentata, chissà se funziona a far rivivere questo mio corpo stanco. (Roberta)

Le storie narrate dai pazienti affetti da fibromialgia raccontano tutte le stesse paure, gli stessi timori, le stesse sensazioni… Il paziente con sindrome fibromialgica tende a ricondurre qualunque disturbo ad essa e talvolta a scivolare, inconsapevolmente, nell’ipocondria, nello sconforto, nella colpevolizzazione di volere, e non riuscire, a stare meglio.

Il paziente con fibromialgia ha bisogno di essere ascoltato, ma non sempre trova qualcuno disposto a raccogliere la sua storia con la serietà e la condivisione che il suo disagio merita perché, se la patologia è fantasma, anche i sintomi che comporta sono considerati tali… Eppure, per quanto la malattia sia invisibile, il grido di dolore e la richiesta di aiuto che da essa derivano, fanno sempre molto rumore e meritano attenzione, risposte e, soprattutto, impegno, tanta considerazione e una presa in carico globale.

Rosa Maria Bevilacqua, Sociologa, A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”- Avellino, Delegata alla Sanità ASI (Associazione Sociologi Italiani)

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