In seguito alla legge 211, dal 2000 in Italia il 27 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata della Memoria, un giorno che ha lo scopo di ricordare le vittime dell’Olocausto e vuole essere un monito per non dimenticare ciò che accadde nei confronti degli ebrei ad opera dei nazifascisti.
Moltissime e dovunque, quindi, le iniziative commemorative che si svolgono in tale occasione.
Presso l’Istituto Agrario F. De Sanctis – O. d’Agostino di Avellino è stato organizzato un importante momento di riflessione nel quale si è ricordata anche la figura del generale avellinese Sabato Aufiero che si è molto adoperato oltreché nel campo militare nel lasciare approfondite documentazioni sulle due guerre.
Alla presenza degli alunni delle classi quinte, la professoressa Gaetana Aufiero, storica e ricercatrice, il generale Attilio Claudio Borreca e la docente nello stesso Istituto Filomena Donatiello, hanno dato vita a qualcosa che è andata oltre un incontro commemorativo. È stata, fra l’altro, allestita un’interessantissima mostra composta da documenti che testimoniano la presenza dell’Olocausto in Irpinia. All’incontro era presente anche il dirigente della scuola, ingegner Pietro Caterini.
Qualcosa di più di un incontro commemorativo per più motivi; coloro che sono intervenuti hanno discusso, prima di fronte agli studenti e poi con gli studenti, l’argomento dell’Olocausto da vari punti di vista portando ognuno la propria esperienza e ciò che hanno appreso in tanti anni.
Parlare infatti oggi della Shoah così come se ne parla nei libri di storia è abbastanza semplice ed è altrettanto riduttivo ma proporlo come hanno fatto i suddetti relatori è stato molto pragmatico per gli studenti dell’Istituto in quanto si sono congiunti in un unico momento teoria, esperienza e soprattutto testimonianza.
Essere testimoni – come sottolinea nell’apertura del suo intervento la professoressa Aufiero – è inquietante in quanto responsabilizza sia verso il passato che verso il presente.
Ad aprire l’incontro è stato il Dirigente dell’Istituto che ha voluto ricordare la figura del generale Aufiero, una persona che sin da ragazzo ha amato e frequentato la scuola che lui oggi dirige. Alla presenza dei suoi familiari più stretti ha voluto ricordare che Aufiero ha partecipato a diverse manifestazioni di pace e ha contribuito, anche se non è più tra noi, ad arricchire la biblioteca dell’Istituto grazie alla donazione di importanti volumi e documenti. Questi ultimi sono serviti anche per allestire l’attuale mostra. Ha voluto anche ricordare che, abitando in zona, il Generale allora ragazzo si recava spesso a passeggiare nel Parco della Rimembranza nel quale ogni albero rappresenta un allievo dell’Istituto morto nella prima guerra mondiale.
In seguito studiò a Modena presso l’Accademia militare e nella sua carriera si è recato all’estero per la NATO in Norvegia, il 15 agosto 1988 in Iran con i caschi blu dell’ONU per cercare di ottenere la tregua facendo parte dei quindici italiani scelti. Tornato in patria ha partecipato allo Stato Maggiore di Roma e continuato la sua carriera prima come Maggiore, poi Colonnello e infine come Generale e l’ha continuata presso le caserme che si trovano a Gorizia, là dove aveva cominciato come ufficiale.
In quella città strategica e contesa il generale Aufiero ha svolto una ricerca importantissima sulla prima guerra mondiale che costituisce un contributo prezioso per ricordare i giovani ragazzi che dai diciassette anni in poi furono inviati al fronte. Quindi la sua figura è di duplice importanza in quanto non solo svolse con dedizione e successo il suo impegno militare quanto si adoperò come testimone facendo ricerche e lasciando documenti.
In attesa che tutto fosse pronto ho potuto rivolgere qualche domanda ai relatori.
Alla docente di storia Filomena Donatiello ho chiesto: I pochi superstiti anagrafici dell’Olocausto temono che quando loro non ci saranno più le nuove generazioni possano dimenticare ciò che è stata la persecuzione. Allora il contributo della scuola sarà ancora più necessario e importante.
Infatti la motivazione principale di tutte le attività che realizziamo non solo nella giornata del 27 gennaio ma anche durante tutto l’anno è proprio finalizzata alla conservazione della memoria che sappiamo senz’altro rimane l’unica difesa che abbiamo nei confronti del ripetersi nella storia di eventi tragici.
Proprio qui, oggi, abbiamo dato il senso di questa giornata che non vuole essere assolutamente una celebrazione retorica ma soprattutto insegnamento vivo, attraverso la testimonianza, in quanto partiamo proprio dalla convinzione che il binomio storia e memoria debba essere conservato nella sua peculiarità che è quella di essere un binomio dialettico, che deve vivere, deve essere una fiaccola, un testimone passato di generazione in generazione. Noi sappiamo che la storia è uscita anche abbastanza ridimensionata dalle teorie relativistiche nel Novecento.
Il rischio è quello di vivere nella convinzione che non esistano fatti ma solo interpretazioni. Ovviamente conosciamo e sappiamo benissimo che i fatti ci sono e anche che esistono tentativi di lettura pericolosa della storia.
Per evitare che, purtroppo, con la fine di tutti i testimoni diretti si possa cadere nella tentazione di rileggere in maniera faziosa, per rendere giustizia davvero al passato e alle vittime, dobbiamo conservare la documentazione, custodire le testimonianze attraverso i documenti che non possono essere contraffatti.
Dobbiamo insegnare ai nostri alunni a leggere anche tra le righe ciò che non viene detto oppure ciò che viene detto in maniera fuorviante, dobbiamo insegnare la capacità di leggere la Storia in quanto essa è fatta di complicazioni che vanno anche sviscerate.
Il compito della scuola nella formazione delle coscienze è indubbiamente importantissimo, direi primario, rispetto ad altri obiettivi; significa insegnare che ciò che accade dipende anche dalle nostre azioni individuali. Quindi non possiamo mai dirci estranei nel bene o nel male e, prima di tutto, è questo che gli alunni imparano nei banchi della scuola.
In seguito nel suo intervento la docente si è soffermata proprio sull’aspetto etico della riflessione sul passato, sull’importanza di saper leggere tra le righe e di apprezzare il valore della testimonianza invitando gli studenti a vivere gli eventi del passato con la giusta coscienza.
Il generale Attilio Claudio Borreca risponde a: Mantenere la pace spesso è più complicato che decidere per la guerra. Lei oggi ci parlerà delle missioni di pace, un compito da svolgere con la maggiore attenzione possibile in Paesi stranieri.
Le missioni di pace o meglio le missioni di peace keeping, cioè di mantenimento della pace, vengono svolte nei paesi che da anni sono martoriati da lotte interne, terrorismo e violenza. Sono messe in pratica dopo che il consiglio di sicurezza dell’ONU si è espresso con una risoluzione e chiede di formare un contingente militare per andare in quella zona e operare dall’interno per il mantenimento della pace. La sua attuazione, quindi, dipende dal raggiungimento di accordi.
In grandi linee il contingente militare garantisce la stabilità di quel territorio, supporta il governo di quel territorio nel mantenere la pace, la stabilità e la libertà di movimento in ambienti sicuri e protetti. Il contingente militare aiuta le organizzazioni governative e non governative a svolgere i loro compiti, aiuta nel senso della sicurezza e nella protezione le istituzioni a comporre lo sviluppo del territorio, la costruzione delle infrastrutture e concorre all’addestramento delle forze militari e di polizia.
L’intervento all’interno della conferenza del Generale è una splendida e interessante lezione di educazione civica che mi auguro i ragazzi abbiano ben compreso. A partire dalla spiegazione di quali e quante sono le Forze Armate in Italia (Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri) e i loro compiti, a finire a quante sono attualmente le missioni all’estero delle forze armate italiane (10 con la NATO, 5 con l’ONU, 10 sotto l’egida dell’UE e 9 a carattere bilaterale di addestramento) passando per la sua esperienza personale in particolare quella svolta in Kosovo. L’esposizione del Generale è stata pragmatica e esaustiva.
Racconta della sua esperienza in Kosovo come Comandante del contingente multinazionale quando comandava la Brigata Pinerolo. Lì dovevano proteggere due monasteri gestiti da monaci ortodossi, il monastero Dečani e quello del Patriarcato di Peć, garantendo la sicurezza ai due patrimoni dell’umanità gestiti da monaci ortodossi mentre la stragrande maggioranza della popolazione era di origine albanese e, quindi, musulmana.
La conclusione del Generale, rivolta agli studenti, è che non bisogna pensare che i militari vadano all’estero nelle missioni a fare i guerrieri; è chiaro che si va armati ed equipaggiati perché l’area in cui si opera potrebbe diventare pericolosa, ma l’attività del contingente non è solo quella di fare posti di blocco, di disarmare i contendenti e di fare difesa alle strutture ma è soprattutto quella di aiutare la popolazione civile. Ricorda che nell’ospedale da campo che avevano venivano prestate opere di soccorso in maggior numero agli abitanti che ai militari.
A Gaetana Aufiero, ho chiesto:
Che significato assume la Giornata della Memoria in un momento storico che vede una guerra in Europa e un governo di destra in Italia?
Il significato è enorme perché vi è scoraggiamento in quanto, come abbiamo sentito sia da Segre che da Edith Bruck, si teme che questa giornata perda di significato, diventando come i monumenti abbandonati nelle città per cui si pone ancora di più la necessità di celebrarla. Sono stata molto contenta e orgogliosa dell’invito a partecipare a questo convegno.
Cosa ci può dire riguardo alle mostre allestite per questa occasione ma che si protrarranno e potranno essere visitate dagli studenti?
Le mostre sono due e riguardano due epoche diverse: la prima è quella che ha come oggetto i campi di concentramento che sono l’elemento fondamentale della mia ricerca in quanto per storie familiari, un mio congiunto era in Africa, e ci tenevo molto a studiarli. Durante gli anni novanta svolsi una ricerca sui nonni insieme ai miei alunni e per puro caso vennero fuori delle storie da cui poi sono nate le ricerche e le notizie su molti campi anche in Irpinia. Quella sugli IMI, internati militari italiani, è nata in seguito in quanto in Irpinia ho trovato, svolgendo il mio lavoro di ricerca, molti documenti. Gli IMI sono dovunque e non se ne è parlato fino al 2006, quando Ciampi ha aperto questo capitolo e li ha riconosciuti concedendo loro la pensione. Quindi, quella che celebriamo è la nostra storia dal momento che siamo tutti coinvolti e responsabili della indifferenza che ha circondato questo evento.
L’intervento della Aufiero nel convegno è proprio quello di una vera testimone, che parla innanzitutto con accuratezza ma anche con fermezza e sdegno nel ricordare figure orribili di personaggi che hanno nuociuto migliaia di vittime.
Il suo racconto parte naturalmente dal ricordo delle scorribande con suo fratello ma tocca temi profondi come la nascita e lo sviluppo delle persecuzioni, le deportazioni e analizza quelli che sono i momenti dell’oblio come lei li definisce: quei periodi in cui subito dopo la guerra loro erano bambini e facendo tante domande non ottenevano mai risposte dagli adulti che, probabilmente, in quel momento desideravano solo dimenticare.
L’incontro è terminato con le interessanti domande che le studentesse e gli studenti dell’Istituto hanno potuto rivolgere ai relatori.

Maria Paola Battista, Sociologa, editor e giornalista, scrive recensioni di libri e interviste agli autori per varie testate.