Giù la mascherina… o forse no!

Con la fine dello stato di emergenza fissato per il 31 marzo, ci si avvia ad eliminare tutta la serie di limitazioni, obblighi e DPCM che hanno caratterizzato gli anni della pandemia.

Come spesso accade dopo i grandi eventi che sconvolgono le società, per molto tempo si ricorderà l’epoca attuale come quella del prima e del dopo: protagonista di questo spazio temporale sarà il Covid 19, come lo sono stati in altri anni l’attentato alle Torri Gemelle, le Grandi Guerre, l’influenza Spagnola…

La pandemia ha, in qualche modo, destrutturato le certezze (o presunte tali) nelle quali riuscivamo a vivere con una certa autonomia, catapultandoci in un nuovo modo di pensare al futuro, contraddistinto da precarietà ed indeterminatezza.

Il dopo Covid appare, purtroppo, caratterizzato da conseguenze psicologiche e sociologiche gravi: la reclusione, l’isolamento, la paura, il distanziamento sociale, l’eccessiva per quanto necessaria osservanza di norme igieniche hanno destabilizzato l’equilibrio mentale soprattutto nelle persone maggiormente vulnerabili e più predisposte all’abbattimento emotivo.

Il percorso di ri-costruzione non sarà semplice ed i risvolti più complicati degli eventi vissuti potrebbero rimanere sopiti ed emergere, con sfrontatezza e violenza, quando ormai il peggio sembrerà passato…

La rinascita, però, sta per avere inizio e il ritorno a quella rassicurante quotidianità che tanto abbiamo rimpianto, non sembra più utopia.

Tra gli oggetti che maggiormente hanno acquisito valore simbolico e che sempre riporteranno la nostra memoria all’esperienza della pandemia, senza alcun dubbio c’è il dispositivo di protezione individuale per eccellenza, ossia la mascherina ed è appunto nella decadenza dell’obbligo di indossarla che molti hanno visto il vero ritorno alla normalità.

La mascherina, inizialmente utilizzata quasi timidamente, è diventata via via accessorio di moda e di espressione, cercando così di annullare il senso di rottura dell’identità personale che aveva prodotto: si è cominciato ad abbinarla per colore e modello ai vestiti, a indossarla diversa a seconda delle occasioni, ad utilizzarla scegliendola con frasi, slogan, disegni vicini alla propria personalità o al messaggio che si desiderava trasmettere; ha dato, in questo senso, l’opportunità di emergere e di identificarsi, così come accade quando si indossa la maglietta della propria squadra del cuore.

Al contempo, il dispositivo di protezione ha offerto alle persone più chiuse e timide la possibilità di nascondersi : uscire con il viso in gran parte coperto da mascherine convenzionali ed anonime ha fornito, a chi lo desiderava, l’occasione di mimetizzarsi e confondersi, mortificando la propria identità.

Sicuramente, anche dopo la fine dell’obbligo di indossarla, molti di noi continueranno a tenere in tasca o in borsa quel piccolo rettangolo di tessuto: in fondo, pur con le normali difficoltà di adattamento, la mascherina ci ha regalato senso di protezione e di salvaguardia verso noi stessi ed anche verso gli altri e ci ha insegnato che, nonostante tutto, davvero si può sorridere con gli occhi

Rosa Maria Bevilacqua, Sociologa, A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”- Avellino, Delegata alla Sanità ASI (Associazione Sociologi Italiani)

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