Gli Effetti Collaterali di un dono d’amore: Roberta e l’Esofagite eosinofila

Roberta ha una spettacolare cascata di ricci ribelli che governa come può, un sorriso ospitale, un’eleganza disinvolta e una forza spiegata bene da Sir Peter Ustinov nell’asserire che i genitori sono le ossa su cui i figli affilano i denti per prepararsi alle insidie del futuro. Soprattutto quando queste insidie impreviste comportano effetti collaterali anche per il fisico, fiaccato da sintomi, affanni, fastidi e intemperanze non sempre di facile codifica, e per questo ancor più dolorosi.   

Granitica e tenace come un osso tra i più coriacei, Roberta Giodice sostiene il robusto scheletro di una famiglia armoniosa e compatta, soprattutto quando si tratta di affrontare la malattia rara e subdola, che ha conferito a suo figlio Gianmarco la faticosa stelletta di paziente raro, e al resto degli abitanti di casa (compreso il batuffolo bianco che a sera scodinzola tra le gambe stanche) la meritata qualifica di caregiver familiari.

Come tutte le cose che accadono, anche questa comincia da un principio, quindi dalla nascita di un bambino con lo sguardo dolce e allegro ma mai del tutto spensierato, talvolta incupito per una serie di manifestazioni sintomatiche oscure, e pochissime spiegazioni a conforto: disfagia, reflusso, insistenti dolori retrosternali dall’intensità difficilmente tollerabile, astenia, irrigidimento dell’esofago (fino a rendere necessario l’intervento chirurgico per divaricarne le pareti) e quelle pericolose allergie non di rado multiple, che costringono a non abbassare mai la guardia. Effetti collaterali comprensibili e non da poco, ancor più se in una giovane vita, il rifiuto del cibo, la conseguente denutrizione, i normali rapporti di quotidiana socialità compromessi.

Mentre il piccolo Gian gattonava inconsapevole, Roberta e l’inseparabile Filadelfio, marito e compagno di cammino (di qualunque cammino si tratti), deambulavano confusi e atterriti tra un corridoio e l’altro, un reparto e l’altro, pregando per una diagnosi certa che però tardava ad arrivare. Qualcuno ipotizzava malattie, qualcuno attribuiva il tutto a dimensioni psicologiche, qualcun altro sentenziava che ogni disfunzione era dovuta soltanto alle ansie materne.   

Nell’indeterminatezza generale della situazione, la presa in carico del paziente pareva quasi diventare opzionale, fin quando finalmente la tenacia di Roberta e dei suoi cari ha portato alle parole salvifiche che danno una definizione alla malattia di Gian e di tanti come lui, diagnosticati e non (non ancora, almeno): Esofagite eosinofila.   

Abbiamo chiesto a Roberta e a suo figlio quanto la malattia abbia loro tolto, e il tono amaro ma esplicativo della risposta ha lasciato emergere tutta la privazione di quella spensieratezza data dai momenti di convivialità, diventati d’improvviso preclusi in quanto estremamente pericolosi. Un boccone sbagliato, un ingrediente fuori posto, qualcosa nel piatto non adeguatamente comunicato in menù, e la serata con gli amici può diventare un momento tutt’altro che goliardico.

Ma la tavola non è l’unico limite che Gianmarco deve affrontare, nella convivenza con la EE: la pianificazione delle esperienze di un giovane uomo, come lo studio prima e un lavoro poi all’estero, è diventata per esempio una fase di vita giocoforza preclusa, sia per le difficoltà a conoscere tutti gli alimenti dei luoghi, che per la supervisione medica non sempre adeguatamente garantita.   

Nonostante tutto questo, e la momentanea assenza di una cura risolutiva, Roberta e Filadelfio, Gianmarco e la solare Flavia, complice e amica oltreché sorella, non si sono dati mai per vinti e, senza abbattersi o risollevandosi da ogni abbattimento, hanno cercato una soluzione che potesse garantire qualità di vita a malati e caregiver, ma anche sostegno alla Ricerca e alle cure.

Parola d’ordine e mantra costante: famiglia!

Così hanno fondato ESEO Italia – Associazione di famiglie contro l’Esofagite eosinofila, impegnandosi senza sosta, combattendo la fatica e la stanchezza con l’entusiasmo del lavoro e la fierezza dei risultati, encomiabili anche dal punto di vista dei provvedimenti clinici assunti e veicolati ai pazienti attraverso azioni informative capillari: cortisonici, diete d’esclusione, inibitori di pompa protonica e antireflusso sono un palliativo che limita adeguatamente i sintomi, anche se questi ricompaiono inesorabilmente appena se ne interrompe la somministrazione. Si stanno inoltre sperimentando i farmaci biologici, che per altre patologie afferenti al sistema immunitario hanno dato ottimi risultati.

La nostra domanda sulla malattia non si limitava però al suo defraudare talvolta spietato, perché abbiamo imparato che la malattia toglie sempre qualcosa, certo, ma qualcos’altro restituisce, qualcosa ridà di altrimenti oscuro, una lezione, un insegnamento, un bagaglio di emozioni.

Per Roberta e Gianmarco quella restituzione si concretizza in una chiara priorità dei valori, della gratitudine nel riconoscere ed esaltare quello che hanno, mai dato per scontato, nel coltivare le relazioni vere, sincere, produttive. Anche dal punto di vista associativo, gli amici di ESEO coltivano il dialogo costante con le altre associazioni (in particolare quelle dai sintomi affini alla patologia che ha cambiato loro la vita), con le istituzioni, e con tutte quelle realtà in grado di creare una Rete sinergica, proattiva, resiliente, terapeutica, dagli effetti confortanti e dal galateo solidale, proprio come quello di una famiglia. Così riescono ad ammansire tutti gli effetti collaterali, e a rischiarare anche quelle giornate cupe che toccano in sorte a chi incontra una malattia, ma non si lascia vincere dal dispiacere perché ha tempra robusta e denti affilati. Grazie a genitori come Roberta. 

Celeste Napolitano, lavora a diverse intensità negli ambiti dell’Editoria e della Comunicazione, vive di parole, e in lei alberga una zebra congenita che le ruggisce dentro

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