
Il piatto di cui voglio parlarvi oggi trae spunto dal bel libro che ho letto quest’estate, stremato dal lavoro, dal caldo e dalla pandemia ormai entrata a far parte della nostra vita. Sicché il giorno di Ferragosto, prima di partire per le vacanze, mi sono recato alla Feltrinelli della napoletana piazza dei Martiri, spinto più dalla voglia di refrigerio che dalla reale necessità di acquistare qualcosa. Ed è là che la mia attenzione viene colpita dalla copertina del libro di Viola Ardone, Il treno dei bambini, su cui avevo letto qualche tempo prima una bella recensione. Scritta col linguaggio dei bambini dei vicoli dove abito io, la storia tratta di un argomento molto delicato: i terribili anni del secondo dopoguerra, quando attraverso il Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli, su iniziativa del Partito comunista napoletano, circa 10-12 mila bambini, forniti di schede di riconoscimento, indumenti e cappotti, su lunghi treni lasciano la stazione di Napoli per essere ospitati presso famiglie di Centro e Nord Italia.
Essendo ambientato proprio nei vicoli adiacenti La Speranzella, questo libro mi ha veramente catturato, permettendomi peraltro di venire a conoscenza di un evento a me ignoto.
Come si diceva una volta, dopo la Seconda Guerra Mondiale a Napoli è scoppiato il Dopoguerra, periodo veramente tristissimo anche se proiettato a ripristinare la vivibilità in una città martoriata dai bombardamenti e da anni di coesistenza con le truppe americane. A quel tempo mancava veramente tutto, e spesso si ricorreva al Mercato nero, così bene decritto da Eduardo nella sua Napoli Milionaria.

Giocoforza, per mettere un piatto a tavola, si utilizzavano i pochi ingredienti a disposizione: pasta, ‘nzogna (sugna) e uova, utili in particolare per preparare una ricetta popolare e povera, detta perciò alla Puveriello. Il procedimento è semplice: in una pentola piena d’acqua bollente salata si calano gli spaghetti, mentre in una padella si scioglie la sugna (oggi sostituita con ottimi risultati dall’olio extravergine d’oliva). Al composto si uniscono le uova (massimo due a persona), e si copre il tutto, in modo da ottenere una sicura cottura del tuorlo e dell’albume, con il caratteristico contorno bruno dorato. La pasta, cotta al dente, andrà scolata bene e rimessa in pentola, poi condita con quanto frigge in padella e mescolata con due forchette, aggiungendo al momento pepe macinato e formaggio parmigiano. Gli spaghetti alla Puveriello vanno serviti caldissimi. Come vino d’accompagnamento consiglio un Verdicchio di Iesi Garofoli, magari annata 2012, per chi la trova ancora.

Rino Sarrantonio, gastroenterologo dirigente medico UOC Gastroenterologia, P.O. Santa Maria della Pietà