Green ma solo in teoria

La salute dell’ambiente continuerà ad essere in primo piano anche nel nuovo anno appena iniziato. E fa molto piacere al popolo di ecologisti, ambientalisti e animalisti che siano sempre più numerosi coloro che, sensibilizzandosi al problema dell’inquinamento, stiano adottando misure comportamentali idonee per la soluzione di questo fenomeno globale.

Più dignità per gli animali da allevamento, agricoltura a km 0, attenzione per una produzione alimentare biologica sono le nuove fondamenta che il settore food, a tal proposito, ha gettato per proporre un’offerta di cibo green che soddisfi le attuali richieste dei consumatori.

Ma siamo ancora molto lontani dalla soluzione dell’inquinamento che affligge il nostro Pianeta. In primis c’è l’annoso problema dello smaltimento dei rifiuti, la contaminazione da sostanze tossiche (ftalati e bisfenolo A) rilasciate dalla scomposizione delle plastiche e la significativa emissione di gas serra dovuta sempre alla produzione del materiale plastico.

L’educazione all’acquisto di alimenti in confezioni più grandi, o sfusi, cercando di ridurre le confezioni in monodose, la pratica della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti compostabili non è sufficiente. Rimaniamo sommersi dagli imballaggi di plastica, i maggiori inquinanti di acqua, aria e suolo, e di questi, circa due terzi derivano proprio dal settore food.

Basti pensare a ciò che ognuno di noi vive nel suo quotidiano: quasi tutti gli alimenti che si consumano durante la giornata, soprattutto se sono trasformati e processati, vengono commercializzati in confezioni di plastica. Il cibo che compriamo al dettaglio o ai mercati generali e rionali o ciò che consumiamo presso ristoranti, fast food ed attraverso il delivery è quasi sempre confezionato ed imballato con plastiche.

Non c’è dubbio che i moderni imballaggi alimentari, realizzati per la maggior parte con una varietà di materiali sintetici e artificiali, rendano sicuri, stabili, salubri e affidabili gli alimenti che contengono, ma sono pur sempre progettati per essere monouso e non riciclabili.

A parte le nuove tipologie di packaging prodotte con mais e altro materiale vegetale, interamente compostabili, tutto il resto include petrolio, polimeri, inchiostro, ecc. La plastica ad uso alimentare non si degrada rapidamente e, in alcuni casi, non si degrada affatto, diventando fattore inquinante e poco importa se, prima, era stata utilizzata in modo nobile, cioè per contenere un prodotto biologico o carni e vegetali provenienti da allevamenti o colture agricole non intensivi.

Se il consumatore deve fare la sua parte, anche il comparto aziendale alimentare deve muoversi verso la giusta direzione. Il tipo di confezionamento che le industrie alimentari utilizzano, spesso, è scelto per ragioni di marketing e non esclusivamente per preservare la vita del cibo, ma anche per orientare il consumatore ad acquistare più del necessario.


Quanto surplus di cibo confezionato abbiamo in casa? Miriadi di confezioni, dai plumcake per i nostri figli alle svariate buste di vegetali di quarta gamma stipate nei nostri frigoriferi. C’è anche da dire che l’adozione delle aziende alimentari di materiali biodegradabili e compostabili come packaging per i propri prodotti, sotto certi aspetti, si sta rivelando un vero e proprio flop.

In quante città ci sono infrastrutture idonee per “compostare” questo tipo di imballaggio particolare? Ed anche il materiale biodegradabile che deve essere smaltito in condizioni specifiche, trova queste disponibilità di smaltimento nell’ambiente naturale?

Non abbiamo risposte confortanti: il rifiuto green si perde lungo la sua stessa filiera del riciclo. Ad oggi possiamo solo auspicarci che tutti (istituzioni, produttori, consumatori) facciano insieme un passo indietro sfruttando la moderna tecnologia e le conoscenze acquisite per un ripristinare gli equilibri dell’ecosistema, favorendo la salute dell’ambiente e di tutti gli esseri viventi che vi abitano.

Mirella Gallo, Consulente in Nutrizione e Fitness, esperta in elaborazione di diete in condizioni fisiologiche e patologiche, personal trainer.

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