con il supporto scientifico di Beniamino Casale.
L’istruzione e la didattica sono un campo di cruciale interesse per il futuro dei singoli, delle comunità di apprendimento e pratica, e per le nazioni.
Investimenti economici ed innovazione orientata al futuro, dovrebbero essere strategie di primario interesse anche in periodi di crisi.
Durante la nuova grande recessione del 2008, in Italia la percentuale del PIL destinata all’istruzione è stata una delle più basse di tutti i paesi OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico): il nostro paese ha speso il 4,8% del PIL rispetto alla media OECD del 6,1%; una triste realtà che ci ha fatto posizionare al 29° posto sui 34 totali. In quel periodo, in Italia si operarono tagli al sistema dell’istruzione e si avviarono misure tese all’efficientamento del sistema stesso, con minori risorse allocate. Negli stessi anni di crisi finanziaria, nel 2009, in USA si dette l’avvio ad un ingente piano d’investimenti pubblici a sostegno dell’economia, ed un quinto di tale investimento ha riguardato misure a sostegno dell’istruzione pubblica; sempre nello stesso periodo, anche la Germania proseguì, senza tagli, sulla strada di un già avviato impegno pubblico a sostegno del sistema dell’istruzione.

La crisi innescata dal nuovo coronavirus (più complessa di quella finanziaria, perché dapprima sanitaria e poi anche sociale ed economica) ha messo in evidenza tante criticità mai risolte – né spesso tantomeno affrontate in maniera organica -, del sistema dell’istruzione ed apprendimento, così come quelle di tanti altri sistemi che costituiscono le colonne portanti delle nostre civiltà.
Un sistema complesso che si trovi ad affrontare una crisi, dovrebbe poter mettere in campo azioni già ben programmate e strutturate; nel caso della crisi da nuovo coronavirus, ciò significa che lo stato emergenziale sarebbe dovuto essere l’innesco per mettere in campo strumenti ed azioni già preventivamente studiati e validati per una possibile eventuale crisi; cioè, strumenti ed azioni di risposta alla crisi sarebbero dovuti essere già pronti all’uso per affrontare l’emergenza attesa; invece, per contro, lo stato di emergenza ha innescato una reazione a catena di risposte emergenziali ed improvvisate. Eppure, non è così che dovrebbe funzionare un Sistema adattivo complesso (CAS) per affrontare in maniera ottimale una crisi: mentre è naturale che nell’area delle terapie contro il nuovo coronavirus si dovesse necessariamente procedere con ingenti investimenti in ricerca e con trial clinici, non è altrettanto normale che in aree come quella dell’istruzione e della didattica non ci fossero già dei moduli ben rodati e validati per affrontare una attesa emergenza pandemica.

In particolare, sebbene la didattica abbia da lungo corso trovato nelle Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) un terreno congeniale per sperimentare ed adottare strumenti innovativi (sia per l’attività di insegnamento dei docenti che per l’attività d’apprendimento degli studenti), modi e ambienti per traslare la scuola reale in un mondo virtuale ove insegnare ed apprendere, sono stato un terreno d’improvvisazione per tutti. Ciò non vuol dire che da tali improvvisazioni non siano emersi fenomeni importanti ed interessanti (tra cui, a titolo di mero esempio, la prontezza degli studenti a portare nell’area didattica la propria expertise di nativi digitali, e l’accanimento con cui si è troppo spesso cercato di riproporre tal quale l’aula reale in quella virtuale e di voler equiparare in tutto e per tutto la presenza fisica nell’aula reale alla telepresenza), ma vuol dire che per qualche ragione difficile da rintracciare, la Comunicazione Mediata dal Computer (CMC) non è stata un modulo, già pronto e validato, da mettere in campo per affrontare l’evento emergenziale.
Eppure, i lavori di numerosi importanti studiosi del campo [Warschauer (1997), Weedman (1999) Garrison, Anderson e Archer (2000), Ranieri (2009)] già da un quarto di secolo hanno evidenziato come la CMC possa consentire una maggiore partecipazione degli studenti rispetto alla classe tradizionale, possa consentire un maggior spirito collaborativo, possa favorire forme di comunicazione più informale ed esplorativa; inoltre, da molti lavori di questi studiosi del campo, emerge come gli studenti tendano a percepire l’ambiente sociale della CMC più amichevole, disinibente ed affidabile; ancora, studi nel settore hanno evidenziato come in telepresenza possano svilupparsi confronti comunicativi più articolati, con dinamiche relazionali calde e motivanti (Ranieri, 2009)
Una particolare forma di CMC, già sperimentata con successo in ambito didattico, ma che non è stata presa nella meritata considerazione, è rappresentata dai metaversi o mondi virtuali in 3D; si tratta di spazi virtuali con grafica tridimensionale, abitabile dall’utente attraverso un avatar, e aperto alla comunicazione e agli ambiti didattici; taluni sono specializzati nella creazione di spazi di lavoro condivisi e quindi sono ben utilizzabili per la formazione; in particolare, ormai ci sono anche metamondi specializzati nell’ambito dell’educational.
L’OECD, già nel 2011, aveva associato l’immersività digitale ai concetti di collaborazione, creatività ed apprendimento. Infatti, questi metamondi 3D consentono l’interazione tra utenti in uno spazio digitale; in genere, ciascun utente interagisce nello spazio virtuale attraverso un avatar che funge da sua identità digitale. Ciascun utente può svolgere nel metaverso attività di molteplice tipologia (dal ludico all’economico, dal ricreazionale all’educational, dall’artistico al politico); si interagisce con gli altri utenti in molteplici modalità (microfoni, chat e messaggistica istantanea, blog e wiki) così da sviluppare un vero e proprio ecosistema sociale attraverso chat interattive, creazione di gruppi di amici e di relazioni, spazi virtuali di interazione (per la didattica, per comizi, concerti, etc.).
Ancora oggi, sebbene superato da nuovi e più accattivanti e performanti ambienti virtuali 3D, il più noto di questi metamondi è Second Life. Questo metaverso nasce nel giugno 2003 ed è stato molto utilizzato in settori quali arte, impresa, musica, educazione, pubblicità, economia, politica, game, formazione, media, reti sociali.
Numerosissimi mondi virtuali sono nati successivamente. Uno dei più accattivanti ed affordable dall’utente si chiama SWeF (Smart Web Factory). È un portale italiano sviluppato nell’innovativa grafica WebGL 3D, grazie al lavoro di collaborazione tra la startup campana SimplyCity S.r.l. (specializzata in Gamification e Serious Game) con Digitalcomoedia (una delle più specializzate company di animazione 3D per computer del Sud Italia), e Riformed S.r.l. (company di management consulting).

SimplyCity attraverso il proprio metaverso Smart Web Factory affronta in maniera innovativa un aspetto di rilievo della CMC: quello ludico associato all’educational ed al concetto del think gobal act local (“pensa globale e agisci locale”) al servizio dello sviluppo del singolo e delle comunità di pratica ed apprendimento. Qui, il gioco ed il ludico diventano uno strumento di innovazione sociale e di apprendimento, e uno strumento anche di innovazione didattica. Si sfrutta la capacità del gioco e degli ambienti virtuali videogioco-like di modificare e potenziare l’apprendimento e la memoria; si sfruttano gli elementi motivazionali e di gratificazione connessi con la dimensione ludica, per migliorare le performance del singolo e del proprio gruppo si riferimento e pratica. Secondo il modello di Bruner, si agisce sulla motivazione intrinseca dei soggetti, e cioè sulla gratificazione in sé dell’apprendere e dell’uso di una nuova conoscenza. Così, la sfida a cui siamo oggi chiamati è quella di ripensare e rimaneggiare i materiali didattici e le finalità didattiche, in modo da adattarli all’uso nel mondo virtuale.

Annarita Palumbo, architetto esperta in ciberspazi.