Nel 1993, Peter Steiner scrisse sul più riprodotto cartoon del New Yorker Magazine:
“On internet, nobody knows you’re a dog” (trad. “su internet nessuno sa che tu sei un cane”).
Era l’epoca degli albori della diffusione di internet, e l’identità personale era un concetto completamente distinto dalla identità assunta sulla rete web.
Anche le prime piattaforme sociali si erano sviluppate sull’idea dell’anonimato degli utenti che agivano in rete.
Col passare del tempo, la digitalizzazione del mondo ha progressivamente inondato quasi ogni aspetto del nostro vivere sociale e personale.
Ogni aspetto fondamentale della nostra vita (attività sociale, lavorativa, svago e tempo libero, servizi legati alla salute, diritti costituzionali) trova ormai collocazione e nuova possibilità di sviluppo e collegamento, nel digitale, che però rende anche sempre più pericolosamente labili i confini tra spazio pubblico e sociale e la sfera d’intimità di ciascuno di noi.
Tale evoluzione ha modificato il paradigma di presenza personale sul web, e l’idea di “autenticità” ha fatto il proprio trionfale ingresso in rete.
Identità della vita reale ed identità nel digitale hanno progressivamente cominciato a sovrapporsi fino a confondersi ed unificarsi in una nuova alchimia di identità quasi transumana di connubio reale/virtuale.

La comunità è eticamente divisa tra chi accetta con favore l’identificazione precisa e puntuale in rete e chi invece vede questa attività di tracciamento, meticolosa e costante, una violazione della propria libertà e privacy.
Per i più, l’anonimato è divenuto un disvalore e molte delle maggiori company attive su internet in campo social adottano oggigiorno politiche di trasparenza e controllo sulle identità degli utenti, sì da limitare la possibilità di azioni delittuose perpetrate attraverso l’anonimato.
Anche le pubbliche amministrazioni hanno adottato sistemi di identificazione digitale dei cittadini, con la finalità dichiarata di garantire un accesso sicuro, protetto, facile e veloce a una sempre più vasta serie di servizi pubblici online.
In Italia, il Dipartimento per la Trasformazione digitale ha sviluppato i sistemi SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) e CIE (Carta di Identità Elettronica) per l’identità digitale, che utilizza una credenziale unica per utilizzare i servizi online della Pubblica Amministrazione e dei Privati aderenti.
Volendo semplificare al massimo, l’identità digitale rappresenta tutte le risorse digitali che in modo chiaro possono essere riferite a una persona reale.
Man mano che parte della vita di ciascuno di noi si è trasferita sulla rete internet, ha assunto sempre più valore la web reputation (reputazione web), ossia quel particolare tipo di reputazione che ciascuno di noi si fa agli occhi degli altri, non attraverso il diretto contatto nel mondo reale o attraverso i canali di comunicazione non digitali, bensì attraverso le risorse presenti sul web, ivi comprese le recensioni di altri utenti.
È importante notare come sempre più spesso il primo contatto tra due persone non avvenga più attraverso un incontro diretto ma attraverso le risorse di rete pertinenti ai soggetti stessi; pertanto i dati informativi delle identità digitali divengono di fatto un nuovo modo con cui le persone si presentano al mondo.
Nel mondo delle aziende, canali e portali specializzati più o meno dedicati sono ormai diventati indispensabili alla strategia di crescita; basti pensare a siti internet come TripAdvisor, Google My Business, Youtube, Facebook Places, Tik Tok, Pagine Gialle, etc.etc.
È da prefigurarsi che anche per le persone fisiche le cose volgeranno sempre più in questo senso.
Sono già noti casi in cui individui sono stati analizzati ed esclusi da società o agenzie di reclutamento professionale o d’impiego, per le loro dichiarazioni o posizioni dichiarate sul web.
I motori di ricerca possono parlare di noi ad ogni interrogazione che chiunque al mondo può fare, ed ancora oggi il web non dimentica… quasi mai!
Con la trasformazione digitale, anche la sfera giuridica si evolve.
Il diritto all’oblio («giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata»), con la possibilità di far cancellare contenuti dal web, sta facendo solo recentemente il proprio difficile ingresso normativo.
Inoltre, la normativa italiana prevede la fattispecie criminosa di lesione dell’identità digitale (in tale ambito rientra anche il furto dell’identità digitale) in quell’atto prodromico alla commissione di ulteriori illeciti, che si articola in queste diverse fasi: l’ottenimento delle informazioni personali della vittima, l’interazione con le informazioni personali (che consiste nel possesso e nella vendita di tali dati), e l’utilizzo delle informazioni personali illecitamente ottenute per commettere ulteriori reati (sia contro il patrimonio che del tipo diffamatorio o di minacce).
L’ecosistema digitale della rete web, come una nemesi, soffre del problema opposto a quello della caduca memoria umana!
Lo scorrere del tempo non è più rimedio al passato, e le informazioni digitali presenti in rete tendono a non cambiare mai, limitandosi ad accumularsi in modo non organico, col rischio che l’identità di un individuo non abbia modo di manifestare la propria naturale evoluzione, perché cristallizzata in una lunga serie di disorganiche istantanee della sua vita.
In tale prospettiva, appare sempre più importante un’opera di educazione dei più giovani all’utilizzo consapevole ed accorto del web, per evitare che l’identità digitale e la reputazione web possano avere pesanti e talora tragiche ripercussioni sulla vita reale di giovani in età particolarmente fragile.

Sarebbe auspicabile che venisse istituita un’apposita materia di studio scolastico per la formazione ed educazione all’uso dei social media digitali, tenendo a mente che tutto ciò che viene postato sul web diviene di pubblico dominio e visibile a chiunque ed in qualunque momento, attraverso il semplice collegamento a internet.
Tale tipo di capacità di gestione dei contenuti della propria identità personale digitale, sarebbe auspicabile anche per tutti i soggetti la cui presenza sul web è data da motivi personali o professionali.
In particolare, per tutti questi soggetti, potrebbe essere importante conoscere i fondamenti per la costruzione della web reputation.
Per chi invece ritiene utile investire un piccolo budget in marketing digitale, è oggi possibile affidare il compito ad agenzie specializzate nelle nuove tecnologie dell’informazione e nella web reputation.
In Campania, è attiva in tale campo la start-up innovativa Simplycity, specializzata in piattaforme web-GL e Health solutions digitali, che insieme all’agenzia di marketing Napolilab, ha sviluppato un programma di formazione per scuole, enti e singoli professionisti, finalizzato allo sviluppo dell’identità digitale e della reputazione online.

Annarita Palumbo, architetto, CEO Simplycity srl, esperta in ciberspazi.