“Il fenomeno Squid Game”… Nelle scuole

Carissimi genitori, vorrei farvi una domanda: “anche se vostro figlio, che frequenta la scuola primaria, appare molto maturo per la sua età, dividereste con lui un super alcolico, stando sdraiati tranquillamente sul divano?” La domanda è sicuramente provocatoria e avrà fatto rabbrividire molti. Il divieto di vendita e di somministrazione di alcolici ai minorenni è un divieto tollerato e condiviso, addirittura punito dalla legge con pesanti ammende e fino ad un anno di carcere. Invece, il DIVIETO di visione di contenuti televisivi e di gaming ai minori di quattordici anni sembra, quasi per alcuni genitori, un consiglio e non una vera e propria inibizione.

 È dalla trasgressione di questo divieto da parte di bambini e dei genitori che ha origine un dannoso fenomeno che sta prendendo piede in Italia: “Il fenomeno Squid Game”. Da meno di un mese, su una nota piattaforma streaming è stata trasmessa la serie “Squid Game”, il primo contenuto coreano capace di arrivare in cima alle Top 10 della piattaforma in tutto il mondo. La serie si chiama così perché riprende il tradizionale “gioco del calamaro”, un popolare divertimento per bambini, ispirato al film sudcoreano “Parasite”, vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 2019 e che a suo tempo aveva anch’esso scatenato una curiosità totale. È una serie che vuole sottolineare, un po’ come Parasite, lo squilibrio tra ricchi e poveri, le distanze tra le classi sociali. E soprattutto quanto un uomo può sacrificare della sua vita per uscire da una condizione di miseria.

La trama, nella sua brutalità, è abbastanza semplice: il protagonista del gioco è un soggetto che dopo diversi fallimenti lavorativi vive una condizione di povertà e al quale gli viene proposto di giocare a giochi tradizionali d’infanzia con lo scopo di vincere la ricompensa finale ovvero una somma di denaro che gli permetterà di vivere con agiatezza per tutta la vita (circa 33 milioni di euro al cambio attuale). A partecipare al gioco sono 455 persone che versano nelle stesse condizioni economiche e che pagano letteralmente con la propria vita la sconfitta nei giochi d’infanzia.  

Il fenomeno “Squid Game” è già partito da qualche mese e tra adulti e adolescenti è aumentata  l’attenzione e la curiosità ancor prima che la serie fosse visibile sui contenuti in streaming.

Ma quali sono gli ingredienti che hanno reso in poco tempo la serie un cult? Cosa ha spinto 80 milioni di persone di tutto il mondo a visionarla in meno di mese? La risposta è chiara: prendi le dinamiche survival, uniscile al cinismo di Hunger Games, aggiungi un bel pizzico di violenza raccontata in modo grottesco e bizzarro, inserisci scene di violenza sessuale a caso e infine arricchisci il tutto con tematiche legate alla disparità sociale. Ecco la ricetta per il successo di Squid Game.

E ora, prova a frullare tutto questo, nella mente di un bambino di 5, 6, 7 e 10 anni….

In pochi giorni molti presidi e dirigenti scolastici hanno iniziato a inviare circolari che allertano insegnanti e genitori sul reale pericolo “squid game”. Su alcuni rotocalchi nazionali è stata pubblicata la circolare della preside di Rignano sull’Arno (Firenze) del 23 Ottobre rendendo concreto e noto l’allarme che già molti istituti scolastici avevano già paventato. Il pericolo è reale e la vicenda sta assumendo contorni di ampia portata. In sostanza i piccoli giocherebbero a Squid Game punendo i “perdenti” con schiaffi e pugni mentre giocano a un, due, tre stella. Il pericolo è serio.  

L’apprendimento di comportamenti aggressivi nei bambini è oggetto di studio della psicologia dell’età evolutiva da molti anni, già tra il 1961 e il 1963, lo psicologo canadese Albert Bandura, da poco scomparso, ideò un esperimento per studiare questo fenomeno. L’esperimento della bambola Bobo è la dimostrazione empirica di una delle sue teorie più conosciute: la teoria dell’apprendimento sociale. Alla base di questa teoria c’è l’assunto che la maggior parte dell’apprendimento umano avviene tramite il confronto con l’ambiente sociale: osservando gli altri, acquisiamo infatti conoscenze, capacità, strategie, convinzioni e comportamenti. “L’apprendimento è bidirezionale: noi apprendiamo dall’ambiente e l’ambiente apprende e cambia grazie alle nostre azioni.”

bambola Bobo

Sulla base di queste evidenze scientifiche si può concludere che la visione di Squid Game” è fortemente dannoso per i bambini di età inferiore ai quattordici anni e che deve essere vietata dai genitori categoricamente; la trasgressione di questo divieto, ha già portato ad episodi di bullismo e violenza all’interno delle scuole e nel gruppo di pari. Sempre più spesso è consentito ai bambini della scuola dell’infanzia di giocare con giochi violenti, di crearsi account sui social, di visionare serie non adatte alla propria età e poi è facile incolpare l’amichetto di turno o di giustificare il bambino con la classica frase: “tutti lo vedono”, ma il ruolo di un genitore è quello di regolare e rispettare i divieti per il bene dei figli e per aiutarli nel breve e lungo termine a non avere comportamenti antisociali e devianti, così come non permetteremmo ad un bambino di bere vodka.

Raffaela Cerisoli, Psicologa e dottore di ricerca in Scienze della mente, A.O. dei Colli, Ospedale Monaldi

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