ovvero,
le Leggi della Forma del vivente
Ei d’ogni belva, che la terra pasce,
Vestirà le sembianze, e in acqua, e in foco
Si cangerà di portentoso ardore;
E voi gli fate delle braccia nodi
Sempre più indissolubili e tenaci.
(Omero, Odissea, Libro IV, 520-525)
Quante sono le forme del vivente che possono esistere?
Tante, innumerevoli, … ma non infinite!
Nel mondo reale, quello della Physis, vige il governo delle leggi della fisica e della chimica.
Nel regno di Physis comandano senza deroghe una serie di vincoli, che possiamo definire come condizioni dell’esistenza della vita.
Tra queste condizioni dell’esistenza della vita possiamo annoverare i seguenti vincoli:
le leggi della fisica, che a partire da costanti e principi più o meno universali, “danno il La” alla nostra porzione di universo “riccioli d’oro”;
le leggi della chimica, che a partire da un ordine periodico degli elementi, operano sulle fondamenta del “fiat lux” della fisica, e strutturano la realtà degli ordini successivi, emergenti sui vincoli dettati da questi due livelli più basilari;
la realtà degli ordini successivi, in cui possiamo annoverare vincoli di natura genetica, di natura filogenetica, di natura ontogenetica, di natura epigenetica, di natura storica, di natura culturale, etc.
Ciascun vincolo contribuisce a delimitare il campo delle forme possibili di esistenza della vita nel dominio del reale.
Ernst Haeckel (1834, Potsdam– 1919, Jena) nella sua prima Monografia sui Radiolari di Messina (1862), e grazie ai ritrovamenti che fece nel corso del viaggio di ricerca con la nave inglese Challenger (1874/76), e nel corso di cinquant’anni di appassionate ricerche e scoperte microscopiche, rimase sempre affascinato dalla <<bellezza e dalla varietà di queste “nascoste opere d’arte della natura”>> e descrisse più di 4.000 diverse specie di radiolari, distribuiti in 739 generi.
Egli comprese che nei radiolari, così come in tutti gli esseri viventi, agiva un “plasma vivente”, ossia una struttura o sostanza materiale inizialmente omogenea, senza forma e semiliquida, che ha la <<capacità di adattarsi a tutte le possibili condizioni di vita e di individualizzarsi generalmente nella forma di una semplice cellula nucleata>>.
Haeckel, grazie alle ricerche svolte in Italia nel corso del suo Grand Tour e grazie al suo instancabile impegno scientifico e artistico, riuscì a cogliere e cristallizzare, nelle forme fisse della descrizione scientifica e del disegno artistico, il flusso continuo della differenziazione delle forme di quegli organismi unicellulari marini che sono i radiolari.
I radiolari si ammassano in <<mille modi nel cosiddetto “plancton”>> e dalla cellula gelatinosa che ne costituisce il centro vivente, irradiano innumerevoli sottili fili di plasma (pseudopodi) che servono alla nutrizione, al movimento, al galleggiamento e alla difesa.
Infatti, i caratteristici scheletri di silicio e talora calcarei dei radiolari, che danno loro quelle così variegate, diversificate e meravigliose forme che sembrano plasmate da artisti, nascono proprio dalla mineralizzazione di quel plasma appendicolare degli pseudopodi.
<<Gli scheletri radicolari più semplici o più complessamente articolati si armano, infatti, all’esterno di aculei radiali regolarmente disposti. Tanto gli ornamenti di questi aculei, quanto gli ornamenti del guscio stesso e della sua formazione reticolare sono molto varie e forniscono il mezzo per distinguere milioni di specie. All’interno della specie, invece, la caratteristica forma dello scheletro si eredita così come nelle specie pluricellulari del regno animale e vegetale (in maniera relativamente costante)>>.

Haeckel, forte di una tradizione culturale che attingeva all’arte e alla scienza morfologica di Goethe, e sull’onda di una appassionata adesione al modello evolutivo del coevo Darwin, aveva sincretizzato un modello di morfospazio del vivente ancora oggi tanto attuale quanto trascurato.
Il nostro Ernst aveva compreso che nel suo plasma vitale esistevano delle regole di formazione che interagivano con l’ambiente per cristallizzarsi, come i suoi radiolari, in una forma effettiva funzionale alla vita, in una esistenza che comprendeva insieme alla struggle for life anche un’estetica della <<la natura come artista>> che riempie le forme accessibili alla vita.
<<L’evidente adeguatezza nella costruzione del guscio dei radiolari si spiega nell’ambito della teoria della selezione semplicemente sulla base dell’azione reciproca di adattamento [Anpassung] ed eredità [Vererbung] sotto l’influsso regolatore della lotta per l’esistenza. Di particolare importanza è, inoltre, la memoria inconscia delle cellule, la “Mneme” com’è stata denominata da Richard Semon>> (Forme in evoluzione – La natura come artista, Ernst Haeckel).
Si tratta di nuovo modo di vedere l’evoluzione del vivente e le possibilità generative delle forme del vivente.
Senza sminuire l’importanza della selezione naturale, il morfospazio impone di tenere in considerazione il fatto che possa evolvere, sotto la spinta della selezione naturale, solo ciò che può essere costruito secondo una logica e secondo precise regole dettate da condizioni locali di possibilità di esistenza.
Siamo difronte a un nuovo, e insieme antico, modello dalla potenza teorica di incredibile portata scientifica.
Si tratta di una scienza delle forme che si articola, secondo Diego Rasskin-Gutman, sull’idea di uno spazio modulare delle forme biologiche, ovvero di uno spazio logico di possibili interazioni e modificazioni delle forme.
Non uno spazio indifferenziato, omogeneo e vuoto ma uno spazio qualitativamente connotato, uno spazio in cui determinate forme, determinate trasformazioni e determinati incontri sono localmente possibili mentre altri non lo sono per mancanza di idonee forze interne al vivente e/o di condizioni ambientali idonee allo sviluppo di quelle forze interne.
Parliamo di una Logica del Morfospazio ovvero di uno spazio che si organizza con regole specifiche ma ancora perlopiù sconosciute, in cui il gioco delle forme si dispiega in una continua ridefinizione delle forme stesse, in un profondo mutamento delle relazioni con le funzioni che tali forme svolgono.
Nel rapporto tra forma e funzione si definisce una Morfologia che è Scienza architettonica delle forme.
Su queste basi possiamo descrivere un design della vita e una logica della forma organica che guardano alla vita sulla Terra, in tempi e in ecosistemi particolari, come locali standard organizzativi che nel corso dell’evoluzione operano su unità di cambiamento intese come moduli di possibili variazioni su uno stesso tema organizzativo biologico che hanno vincoli generali e locali nella loro manifestazione morfologica.
In tale modello, non tutte le morfologie sono possibili ed esiste una logica del cambiamento; e la funzione di una forma deriva da forme che interagiscono con altre forme.
Il morfospazio teorico globale è una ampia matrice di morfologie che comprende forme possibili e impossibili.
Il sottoinsieme del morfospazio delle forme possibili, comprende forme realizzate e non realizzate che hanno possibilità di esistenza nell’ambito della fisica e chimica della nostra porzione di universo.
Il sottoinsieme del morfospazio effettivo è quel sottoinsieme delle morfologie effettivamente realizzate in natura, l’umwelt (ambiente) locale in cui la vita può prendere possesso di determinate forme accessibili e funzioni eseguibili, seguendo una legge o regola generativadel “produci le parti, ripetile, variale e conserva quelle che resistono”.
Nel Libro IV dell’Odissea, Proteo, la divinità acquea oracolare e mutaforma, che sorveglia le foche del padre Poseidone, suole a mezzogiorno uscire dal mare con le sue foche e ha l’usanza di sdraiarsi sulla sabbia per riposarsi.
A quell’ora, lì appostati, Menelao e i suoi più lodati compagni, che non poco gli dei avevan offeso, forzano il dio marino, lo tengono imbrigliato e lo domano, per scoprire le strade del ritorno a casa in un momento in cuoi la bonaccia aveva loro impedito qualsiasi movimento nel flutto marino immobilizzato per volere degli dei.
La totale assenza di venti rappresenta simbolicamente l’immobilità e la mancanza di evoluzione: in una parola: l’impossibilità di sopravvivenza.
Così preso con la forza, Proteo si trasforma in leone, serpente, pantera, cinghiale; poi, ancora, in acqua e in fuoco. Quindi, in ultimo, cede alla forza e da dio che non mente, racconta la verità e svela il futuro indicandone le vie seppur perigliose e lunghe.
Per essere domato da un mortale, Proteo va sorpreso nel sonno e poi tenuto fermo, senza timore né remore, nelle sue innumerevoli mutazioni di forma; finché, vinto, inizi a svelare le vie del futuro.
Nel Timeo (42d;43b,d), Platone ci narra come la creazione dei corpi mortali implichi un moto sregolato, un flusso instabile e impetuoso.
È necessario, per rispettare quelle che René Guenon chiamava condizioni di esistenza, venir fuori dall’esistenza potenziale e indifferenziata metaforicamente rappresentata delle acque.
È necessario, per raggiungere l’equilibrio della forma – rappresentata dal dio Apollo -, uscire dal mare, differenziarsi dall’elemento acqueo continuo e indifferenziato.
Ed è proprio Proteo, il dio delle acque e delle metamorfosi, il dio del numero e del logos primordiale, che metaforicamente compie l’atto demiurgico di far emergere dal mezzo acqueo gli enti che appaiono sulla scena del mondo.
La scena del mondo ha le sue regole: perché una forma della vita prenda connotazione e appaia come ente attuale, non basta applicare le regole di ricombinazione della matematica astratta alla natura.
Alla vita non basta la logica della matematica.
La ricchezza del molteplice in atto sulla scena del mondo è varia, innumerevole, ma come dicevamo all’inizio, non infinita.
Come il gran vecchio del mare Proteo, che si trasforma in tanti animali diversi, in piante e in elementi, la fuoriuscita dall’indistinto del metaforico mare, significa prendere forme che, per quanto mutevoli e innumerevoli, sono comunque classificabili ed imbrigliabili dalla forza della mente e della scienza umana.
Nel simbolismo delle acque, l’universo del virtualmente possibile racchiude ogni potenzialità di esistenza e precede ogni atto di creazione o venuta al mondo e di evoluzione nelle forme del vivente.
Se per Porfirio il mare rappresenta la discesa dell’anima nella generazione, per Omero rappresenta la fuoriuscita dal mare dell’indistinto, significa la presa di forma nella vita attuale, sebbene potenzialmente cangiabile nell’innumerevole varietà delle forme stesse.
La mutabilità non deve essere più vista come irraggiungibilità o come difetto dell’essere ma come un passaggio attraverso cui l’universale entra in tante distinte e cangianti forme di particolare.
Le mutazioni di forma sono tutti gli spazi attuali e locali in cui ciascun essere può prendere parte alla scena del mondo e alla sua magnificenza o miseria.
L’acqua è l’elemento base di tutti gli esseri viventi, ed ha la caratteristica di potersi modellare nelle forme incontra sul proprio percorso.
L’acqua e il suo umwelt locale e attuale, insieme all’aria, sono la miglior metafora del morfospazio: la loro forma/non-forma gli consente di assumere tante forme quanti sono i possibili idonei contenitori.
L’acqua si modella nella forma degli alvei, dei letti dei fiumi, dei tubi e bottiglie, dei vasi e bicchier, etc..
Tutti questi contenitori l’ospitano forti di naturali affinità elettive e corrispondenza d’amorosi sensi, per dirla, rispettivamente, con Goethe e Foscolo.
La materia vivente nella sua danza dell’unirsi e del separarsi secondo le regole della fisica e della chimica, crea le forme localmente possibili in quella che gli scienziati darwiniani vedono come leggi della selezione del più adatto.
Noi, scienziati della complessità e del morfospazio, in questi fenomeni ammiriamo e studiamo le regole del caos deterministico.
Cos’altro è il legame di una molecola biologica nella fattispecie di una specifica immunoglobulina (anticorpo) umana anti-spike con il suo ligando Spike (proteina di superficie S) di SARS-CoV-2, se non questa danza biologica dell’unirsi e separarsi secondo le leggi fisiche e chimiche dell’affinità e della corrispondenza?
Cos’altro è questo gioco della Natura a “guardia e ladri” – per noi esseri umani così triste e pregno di sofferenza -, da cui siamo schiacciati a causa del covid-19, se non una “corsa agli armamenti evolutiva”, in cui – come un Proteo emerso dalle acque -, il virus SARS-CoV-2 tenta tutte le forme di mutazione che il morfospazio locale gli consente, nel tentativo di sfuggire alla presa del Sistema Immunitario e della Medicina umana, che – come Menelao e i suoi più valorosi compagni contro Proteo – cercano di imbrigliare in una morsa vittoriosa?

Beniamino Casale, responsabile IPAS Terapie Molecolari e Immunologiche in Oncologia – AO dei Colli – Ospedale Monaldi.