Il calendario segnava il mese di marzo quando improvvisamente la vita dell’uomo è cambiata, vittima di un nemico invisibile che l’ha colpito in silenzio, senza pietà.
Nei mesi precedenti la nostra attenzione si era soffermata in modo effimero sulle tragiche immagini della Cina che scorrevano nei telegiornali, vissute con il distacco della convinzione che l’Italia non sarebbe mai entrata in quel tunnel, convinzione sufficiente a coprire quel dubbio di consapevolezza che facilmente il virus avrebbe potuto bussare e sfondare la frontiera italiana.
Con il ricovero all’ospedale Spallanzani di Roma di una coppia di cinesi positivi, la fine di gennaio ha segnato l’inizio di un percorso buio e tragico. Il nostro nemico invisibile era entrato in Italia con il nome di COVID-19. Da quel giorno di gennaio, il numero dei contagi è aumentato senza tregua, affiancato da un inaccettabile e drammatico numero di decessi.
Ormai il Coronavirus dominava l’Italia, e poco dopo il mondo intero.
Gli inizi di marzo hanno segnato la chiusura della Penisola: ogni regione è stata blindata, il Paese è entrato ufficialmente in quarantena.
Da un momento all’altro, l’uomo ha visto soccombere le proprie emozioni dal dolore che scorreva nel mondo, è stato privato della sua libertà, della gioia di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio, trasformandosi in un automa che quotidianamente aspetta le direttive di comportamento per il giorno dopo.
La vita ha dovuto riorganizzarsi con delle regole individuali e sociali nuove sotto ogni aspetto: personale, familiare, sociale, lavorativo, educativo.
Il mantra quotidiano di tutti è diventato: indossare guanti e mascherina, rispettare il distanziamento sociale, lavarsi ripetutamente le mani, uscire solo per necessità ed entro determinati orari, rispettare le regole.
Un dispiegamento di forze dell’ordine vigilava le strade con rigidità.
La realtà supera l’immaginazione.
E come hanno reagito gli italiani, chiusi nella loro gabbia domestica?
Cantando sui balconi. Un’Italia unita nel canto contro la paura, contro l’angoscia, contro la solitudine. La musica come terapia, la musica che aggrega l’Italia, la melodia come elogio alla vita, accompagnata dal messaggio color arcobaleno andrà tutto bene. Canti e messaggi che hanno avuto eco in tutto il mondo.
Fondamentale in questo percorso di dolore è stata la fede, a qualsiasi credo si appartenga, che ha rappresentato un’ancora di salvezza.
Indelebile nella nostra memoria personale e collettiva è l’immagine di Papa Francesco, che in una piovosa sera di fine marzo e in una piazza San Pietro deserta, si carica del dolore e della speranza del mondo porgendola a Dio come richiesta d’aiuto per la fine della pandemia.
La clessidra del tempo intanto scorreva inesorabile… e tutti a guardare, da dietro una finestra, la vita che in un silenzio assordante proseguiva, e la natura colorarsi per l’arrivo della primavera.
I medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, instancabili e coraggiosi, sono diventati fin da subito protagonisti inconsapevoli di un periodo drammatico e inaccettabile.
In questi mesi si sono scritte pagine infauste di storia, che i nonni del futuro racconteranno ai loro nipoti con gli occhi pieni di lacrime, nel ricordarle e con la speranza nel cuore di non rivivere più quei giorni impossibili.
Ora siamo nella FASE 3, il percorso che dovrebbe condurci all’uscita dal tunnel, ma cosa accadrà quando saremo usciti? Come ci comporteremo? Cosa penseremo? Riusciremo a essere nuovamente spontanei, a fidarci degli altri come prima, o a ogni stretta di mano, a ogni abbraccio, avremo il dubbio della possibilità d’aver sfiorato il virus? Avremo bisogno di essere rieducati alla socializzazione e all’affettività?
Sicuramente saremo diversi.
Il dolore, le immagini di questi mesi drammatici, resteranno per sempre nella nostra memoria, e inevitabilmente influenzeranno i nostri comportamenti e le nostre scelte personali e sociali.
Nella rigidità della quarantena si è riscoperta l’importanza dei gesti semplici e quotidiani, sovente svalorizzati nel tempo dalle nuove metodologie comunicative multimediali e dai loro ritmi frenetici: un saluto, un abbraccio, un sorriso, un incontro per raccontarsi, passeggiare, osservare e vivere la vita attraverso i sensi e non attraverso una lente virtuale.
L’esperienza è il fondamento di tutta la conoscenza umana, da qui essa trae la sua origine…
Dedicarsi al proprio benessere, destinare attenzione a ogni momento della vita, è indispensabile, perché amare se stessi e un’azione fondamentale per non ledere gli altri. Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’animo nostro (Lettera sulla felicità – Epicuro)

AnnaMaria Fiscale: sociologa, specializzata in analisi qualitativa della ricerca sociale e in management dei servizi sanitari