Il paradosso del cybersex

Il cybersesso è un tipo di attività sessuale che avviene tra due o più persone collegate tra di loro attraverso una rete informatica, sebbene il fenomeno si possa esplicare anche attraverso altre forme: scaricamento di storie, immagini e video da siti pornografici, conversazioni in “stanze” a sfondo esclusivamente sessuale, condivisione di fantasie erotiche.

 Spesso gli incontri avvengono nell’anonimato, talvolta, invece, tra persone che si conoscono, addirittura tra partner che vivono lontani: praticato in ugual misura da uomini e donne, queste ultime si “nascondono” più degli uomini dietro pseudonimi e nickname, piuttosto che nell’anonimato vero e proprio, forse per non perdere del tutto le tracce di una propria identità.


Il cybersex rientra nel variegato gruppo delle dipendenze: esse, infatti, non scaturiscono solo dall’abuso di sostanze (alcool, droga, fumo…), ma anche dall’uso smodato ed incontrollato di comportamenti e attività.


L’individuo che vive questo tipo di dipendenza, cerca in essa soprattutto tre elementi: la libertà di esternare pensieri e fantasie spesso nascoste o represse nella vita reale; l’evasione dalla quotidianità; l’accessibilità a un sistema semplice, comodo, veloce per provare piacere, per quanto virtuale esso sia: basta collegarsi a internet ed avere una webcam per trovare ciò che si cerca.


Il cybersesso si pratica di nascosto: non se ne parla con gli amici, con la famiglia, con i colleghi, se non in rari casi in cui dichiarare di far parte del mondo del sesso virtuale, assume il significato di vanto ed egocentrismo.


Uno studio di Al Cooper, risalente al 1998, stimava che i fruitori del sesso virtuale fossero il 15% dell’utenza di internet; nel 2003, solo in Italia, il fenomeno interessava il 56% degli internauti. Attualmente il Belpaese è al settimo posto nel mondo per traffico dati quotidiano ed ha scalato una posizione rispetto al 2018. Roma e Milano sono, rispettivamente, all’undicesimo e al quattordicesimo posto tra le prime venti città del mondo per video scaricati e scambi di messaggi sessuali via web.

Nel 2013 Riemersma e Sytsma per contestualizzare meglio il fenomeno e riportarlo a una dimensione antropologica e sociale, lo hanno definito contemporary sexual addiction, ossia dipendenza sessuale contemporanea caratterizzata da ripetitività, contenuti e cultura dominante.

Il DSM V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) ha teorizzato un futuro riconoscimento del fenomeno come disordine ipersessuale.

Il Covid 19 e il conseguente isolamento sociale hanno contribuito all’aumento esponenziale dei navigatori che sperano di recuperare, da remoto, quel piacere loro negato nella vita reale.

Il sesso virtuale permette di esporsi, nascondendosi; permette di provare piacere fisico, pur non toccando l’altro; permette di raccontarsi, pur non dicendo niente di sé: è un paradosso, un’alchimia, un inganno.

Nonostante il binomio sesso – rete sembri vincente, e per quanto il cybersex possa sembrare soddisfacente ed appagante, altro non è che un surrogato dei rapporti sessuali e affettivi: è un sostituto fittizio di amori e di sentimenti desiderati, negati, persi e, forse, mai avuti.

E’ l’esaltazione dell’amore e, al contempo, la sua definitiva sconfitta.

Rosa Maria Bevilacqua, Sociologa, A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”- Avellino, Delegata alla Sanità ASI (Associazione Sociologi Italiani)

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