Il pianto dei bambini in guerra

La guerra, esaltazione della stupidità e della mediocrità dell’uomo, fonte di violenza e barbarie, è sempre esistita (figure di uomini che si scontrano sono state rinvenute in disegni paleolitici di 20000 anni fa) e, inutile pensare il contrario, continuerà ad esistere e a mietere vittime e dolore; quello che è cambiato nel tempo, è la presa di coscienza del potere distruttivo e destabilizzante che i conflitti posseggono: nessuno è vincitore in una guerra, tutti ne escono sconfitti, non prevale il più forte, ma chi ha le armi <<più intelligenti>>, non ci sono più gli eroi, ma solo personaggi più astuti di altri.

La guerra è dichiarata dagli adulti, ma coinvolge, in tutta la sua violenza, anche i bambini: si conta che nel mondo i piccoli che, loro malgrado, vivono in zone di conflitto siano 449 milioni (dati del marzo 2023). In un anno, circa 8000 bambini, quindi 22 al giorno, sono morti o sono stati feriti, riportando spesso mutilazioni permanenti, a causa di un conflitto.

I Paesi in stato di belligeranza con il numero più alto di piccoli ignari ed innocenti sono l’Africa e, a seguire, l’Asia.

Nel conflitto tra israeliani e palestinesi cominciato lo scorso 7 ottobre, si stima che siano stati uccisi già oltre 1600 bambini e che più di 4200 abbiano riportato ferite.

Risale ad alcuni giorni fa l’appello, firmato da 29 Premi Nobel, di portare in salvo tutti i bambini che stanno vivendo l’orrore dei conflitti armati; il gesto simbolico scelto per rafforzare la richiesta è stato quello di accendere tre candele: una per i bimbi di Israele, una per quelli di Gaza e la terza per i bambini del mondo intero.

Tra i Premi Nobel che hanno preso parte all’iniziativa, ci sono l’italiano Pietro Parisi, Nobel per la Fisica nel 2021, e la guatemalteca Rigoberta Menchù, Nobel per la Pace nel 1992.

“So che è in corso una guerra, non so perché. Preferirei che ci fosse la pace. Alla TV parlano di bombe, di bombe che scoppiano nei negozi e sugli autobus e io ho paura. I miei genitori fanno una faccia preoccupata quando leggono il giornale o ascoltano la radio. Non so perché i palestinesi ce l’hanno così tanto con noi. Siamo brava gente. Non conosco neanche un palestinese. Se incontrassi una bambina palestinese della mia età potremmo giocare insieme. Così capirebbe che sono brava e gentile e non vorrebbe farmi saltare in aria”

Danielle, israeliana, 8 anni

Anche quando non riportano ferite nel corpo, i bambini che vivono in Paesi in guerra subiscono gravi ripercussioni sulla salute emotiva che potrebbero ripresentarsi, in età adulta, sotto forma di ansia, insicurezza, ritiro sociale, fobie, anaffettività, aggressività, autolesionismo, sintomi psicosomatici…

Molti piccoli salutano il loro papà per non vederlo tornare; alcuni perdono anche la mamma e i nonni e i fratellini; altri ancora vengono rapiti; le femminucce, soprattutto, subiscono violenze sessuali; tanti fuggono dalle loro case per ritrovarle ridotte ad un mucchio di macerie; tutti faranno fatica a dimenticare il suono degli allarmi e il vociare impaurito delle persone in fuga.

“Qualche giorno fa, mio figlio mi ha detto che non ha paura della morte. La sua vera paura è di diventare l’unico sopravvissuto della sua famiglia”

Mamma Maryam, Striscia di Gaza

Nessun piccolo ha mai causato una guerra, ma tutti quelli che la subiscono, ne sono vittime.

Vittime silenziose, o forse no, o almeno non del tutto, perché i bambini gridano, e lo fanno piangendo…

E il pianto dei bambini in guerra, perché il pianto è la voce dei bambini, è sempre più forte e lacerante e muto… piangono, quei bambini, non per attirare l’attenzione o mangiare un gelato o acquistare un nuovo videogioco… piangono, quei piccoli divenuti troppo presto adulti, perché vogliono indietro i loro affetti, il loro tempo, la loro ingenuità…

Rivogliono quei giorni, spensierati e persi in cui, un boato lontano, indicava, al più, che stava arrivando un temporale e loro, impauriti e tesi, si stringevano forte alla mamma o al papà… e il pianto, in quell’abbraccio, diventava amore… e il tuono, piano piano, lasciava spazio al suono cadenzato e lento della pioggia e al battito di cuori che intonavano all’unisono un dolcissimo inno alla vita.

Rosa Maria Bevilacqua Sociologa A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati” Avellino Docente Corsi di Laurea Professioni Sanitarie Università della Campania Luigi Vanvitelli Master in Medical Humanities perfezionamento in Malattie Rare e in Bioetica.

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