In realtà la cosiddetta antichità classica
non è che un’antichità affatto recente
assai vicina ai tempi moderni, tutto il
resto non essendo considerato che leggendario.
(Renè Guenon)
Secondo la Tradizione orientale esiste una città o un regno chiamato Agarttha, nome che significa l’imprendibile. In certe versioni questa città è detta essere allo stesso tempo visibile ed invisibile, posta in una vallata tra montagne inaccessibili e possiede una forza misteriosa per cui chi la raggiunge non può più tornare indietro.
In altre versioni, che esprimono concetti sostanzialmente analoghi, Agarttha è invece sotto la superficie terrestre, capitale di un regno sotterraneo e misterioso.

In Agarttha dimora colui che è chiamato il Re del Mondo, termine che si collega ad una triade costituita da lui stesso con a fianco coloro che rappresentano rispettivamente le due dimensioni complementari dell’Ordine Divino e dell’ordine materiale – cosmico.
In termini occidentali questi tre aspetti sono riferibili alla distinzione tra Spirito, Anima e Corpo, mentre, da un altro punto di vista – quello delle gerarchie umane – rappresentano la triade composta da chi incarna l’Autorità Spirituale, da chi possiede il Potere Temporale e da colui che, sopra di loro, riunisce in sé le due funzioni, ricevendo gli attributi di Re della Pace (attributo dell’Autorità Spirituale) e Re di Giustizia (Potere Temporale). Questa figura di sintesi è definita come Pontefice, ossia facitore di ponti, colui cioè che unisce il divino con l’umano.
La distinzione tra Spirito, Anima e Corpo, corrisponde anche alla distinzione nei Tre Mondi – o tre stati fondamentali – che, nella Tradizione orientale, sono raffigurati da Terra, Aria e Cielo ed in quella occidentale dal mondo fisico, da quello sottile o psichico e da ciò che ne è l’Origine, cioè il sublime.
La raffigurazione simbolica dell’Agarttha ed il fatto che in essa risieda colui che è chiamato il Re del Mondo, in realtà dicono questo: Agarttha rappresenta il Centro nascosto della Tradizione, divenuto tale dopo l’inizio di quell’Età Oscura caratterizzata dal progressivo decadimento e dalla definitiva scomparsa di tutti i Valori, i princìpi ed i punti di riferimento tradizionali.
Qui è raccolta, racchiusa in sé stessa, la Sapienza primordiale o, per chiamarla in altri termini, la Parola Perduta di cui tutte le tradizioni occidentali hanno memoria e che hanno rappresentato in molti e diversi modi simbolici.
Basti pensare all’epopea della ricerca del Graal, che esprime perfettamente come – secondo una determinata prospettiva di pensiero – in una data epoca della Storia siano stati interrotti i rapporti con ciò che, sotto molteplici aspetti, può essere considerato come il Centro Supremo e dunque la ricerca del Graal di cui tanto si è favoleggiato e si favoleggia, altro non è che l’insieme dei tentativi per ricostituire quel collegamento interrotto.
In questo contesto di ricerca, Agarttha diviene dunque il regno perduto, chiuso, protetto, che si nasconde per preservarsi, con il proprio isolamento, dalla distruzione totale ad opera delle forze oscure che hanno avuto il sopravvento ed il Graal è la chiave di volta, è lo strumento, per far ritornare in tutto il suo splendore ciò che si è temporaneamente nascosto e per ristabilire il regno dell’Armonia e della Giustizia.
Sorprenderà sapere che, relativamente al nostro Occidente, vi sono tracce che dimostrano come tutta la questione di Agarttha e del Re del Mondo, non sia da mettere nel novero delle mere fantasie e delle leggende, ma abbia alcuni riscontri, per quanto estremamente singolari.
Nel Medioevo europeo, si parlava di un regno misterioso che comprendeva vaste regioni dell’Asia e che veniva chiamato, in termini vaghi, il Regno del Prete Gianni. Il suo sovrano misterioso, il Prete Gianni (Presbiter Johannes) era definito Re e Sacerdote insieme. Sommando in sé le due funzioni – quella regale e quella di Autorità Spirituale – il Prete Gianni era quindi equivalente alla figura del Pontefice, del facitore di ponti, di cui abbiamo già fatto cenno.
Ora, la cosa interessante è che esistono delle epistole, conservate in oltre cento copie di manoscritti, inviate verso l’anno 1100 d.C. all’imperatore Federico Barbarossa, a quello bizantino Manuele Comneno ed al Papa Alessandro. In esse è contenuta una descrizione del Regno del Prete Gianni in termini che richiamano molto da vicino i significati simbolici tradizionali. In particolare, è espresso molto bene il concetto che dai confini del Regno, ove vige confusione e paura, si giunge al centro, dove non esiste alcun genere di male e dove la terra offre spontaneamente i suoi frutti. Si parla poi dell’esistenza di una Fonte dell’Eterna Giovinezza, ubicata al centro del Regno, le cui acque assicurano salvezza ed immortalità. Quest’ultimo riferimento è estremamente indicativo, perché si collega, in modo preciso, all’uguale simbolismo occidentale secondo cui esisterebbe la stessa fonte nel Paradiso Terrestre, ai piedi dell’Albero della Vita.

La leggenda del Prete Gianni e del suo regno misterioso in Asia, vennero considerati a lungo, in Europa, un fatto molto importante e degno di fede, al punto che si ipotizzò seriamente, a più riprese, di stringere un’alleanza con lui per combattere l’Islam. Storicamente questo avvenne all’epoca della settima e dell’ottava Crociata, quando il Re di Francia Luigi IX – San Luigi – chiese ripetutamente, inviando messaggeri alla sua ricerca, l’intervento del misterioso Prete Gianni al suo fianco per combattere i Musulmani e, cosa che forse più potrà sorprendere, ne attese con fiducia l’aiuto.
In seguito si diffuse in Europa la notizia, riportata nei resoconti di alcuni viaggiatori italiani come il grande Marco Polo e Ricoldo da Montecroce, che il Prete Gianni fosse stato sconfitto in battaglia dai Tartari. Nondimeno, dopo la fine delle Crociate vennero ancora inviati emissari alla sua ricerca nei mitici territori dell’Etiopia e sembra anche che a questa ricerca continuarono ad interessarsi molto i navigatori portoghesi.
Storie affascinanti, dove speranze, aspettative di palingenesi, fantasie e leggende si mescolano in un continuo alternarsi di cui sempre, indipendentemente dal susseguirsi degli eventi, il mondo continuerà a parlare, raccontare e più ancora sussurrare.
La Storia dell’Uomo, infatti, non è mai stata soltanto progressione lineare, ma ha avuto ed avrà sempre anche un aspetto misterioso e segreto, una sua terza dimensione che ci ostiniamo a trascurare o ad ignorare, ma che ha una sua valenza, un suo significato e un suo perché. Ciò che siamo, infatti, non è ciò che vorremmo veramente essere.

Michele Chiodi, già dirigente di istituti finanziari, collabora con periodici e associazioni culturali.