Il RITORNO
(Napoli, novembre 1945)
Al rientro in Patria la tradotta si ferma al Brennero, scendo, mi inginocchio e bacio il suolo della mia terra, raccolgo una manciata di quella polvere e la guardo mentre mi sfugge tra le dita. La terra purifica tutto, come la morte. La terra che è fine di ogni cosa e fonte eterna di vita. In quel pugno di terra che stringo c’è un po’ del passato ed un po’ di avvenire. Io, invece, sono il presente ed i miei piedi camminano sul mio passato e sul mio avvenire.
La tradotta si ferma ad Aversa e da qui, a piedi, a Pompei, sotto lo sguardo curioso della gente che incontro e che guarda quell’uomo con una divisa militare sdrucita e strana e con la barba lunga ed incolta. Nella Basilica colloco ed accendo una mia candela, fra una muraglia di candele accese sui due lati della balaustra marmorea che separa i fedeli dall’altare della Madonna del Rosario,
Nella caligine che mi ero portato addosso e ancora mi avvolgeva, chiudevo nel cuore la mia fervida preghiera : che una sola cosa mi sorreggesse, quella di credere sempre, di credere ancora, di credere e sperare in una nuova aurora che mi appariva lontanissima e sfocata
E da Pompei, sempre a piedi, a Napoli, nel quartiere di Montecalvario, anelante dell’abbraccio dei miei familiari, ignari, da più di due anni, della mia sorte. Sosto, indeciso, davanti al portone d’ingresso dello stabile dell’abitazione; non mi sembra opportuno presentarmi in modo improvviso alla porta di casa: sarebbe un impatto troppo violento per loro. Ma chi troverò? Chi riuscirò ad abbracciare dopo così tanto tempo? Intanto, sono circondato da alcuni sconosciuti, abitanti e piccoli commercianti della zona che , incuriositi dal mio aspetto e dal mio abbigliamento, chiedono da quale fronte provengo. Una ragazza spontaneamente si presta a salire per avvertire i miei familiari che in strada un parente chiede di loro.
Passano alcuni minuti, scende una delle mie sorelle, ansiosa, agitatissima, tremante, mi vede e grida il mio nome, si getta tra le mie braccia. E si commuovono tutte, quelle persone che mi circondano e si accodano a noi, vociando in dialetto con varie espressioni di tenerezza e ci accompagnano sino alla soglia di casa. Entro, cerco mio padre, mi inginocchio davanti lui e piango. Com’è bello abbandonarsi alla piena dei ricordi, sull’onda di un affetto devoto!
Ma un sogno terribile si era accampato nel mio spirito e mi faceva piangere e perfino gridare nel sonno; mi destavo e volevo rendermi conto del fantasma che tanto mi aveva straziato e trovavo che era svanito nella mia mente; ma sentivo che stava lì nel mio spirito, lo volevo afferrare e si discostava, con tutta la coscienza e la memoria cominciavo l’inseguimento ed il fantasma si dileguava, attraverso un’acqua torbida.

Occorreva, con l’evolversi del tempo, che tutti i venti che avevano prodotto la tempesta nel cuore cadessero, quello dell’ira, quello del dolore, quello del dubbio. Occorreva che il lago del cuore diventasse calmo come uno specchio tranquillo e sorridente, che le voci dell’anima fossero mute di ogni gemito di dolore e spasimo di disperazione. Occorreva che……ma quanto tempo sarebbe occorso, in realtà? Forse non sarebbe bastato ciò che restava della mia vita. Forse una vita intera non sarebbe bastata.
Perché è vero: l’uomo può essere condotto oltre l’uomo, in un inferno terreno dove non esistono né il bene né il male. La guerra è questo. Ma noi non lo sappiamo o fingiamo di non saperlo e quando ci siamo dentro non vi sono più orizzonti e certezze che tengano e non vi sono prospettive. Tutto è immediato e ravvicinato, come attraverso l’ottica del fucile di un cecchino. E non hai più il tempo per pensare, perché pensare è un lusso che non puoi permetterti.
Ma questa è solo una storia di tanti anni fa. La mia piccola storia. Prendetela per quella che è. In fondo è solo un racconto. Una storia simile a tante altre. Non è originale, lo so e sono contento che non lo sia. Se è vera, poi, lascio a voi giudicare. Spero solo possa far riflettere un po’.
In fondo, è l’unica cosa che mi farebbe piacere.

Michele Chiodi, già dirigente di istituti finanziari, collabora con periodici e associazioni culturali.