Intellettuale, viaggiatore e soldato

Una sola cosa è certa: qui siamo sempre stati e qui resteremo,
qualunque cosa accada, ad ascoltare le voci del vecchio mare”
(Norman LewisVoice of the old sea)

Graham Green lo considerava uno dei maggiori scrittori inglesi del ventesimo secolo e in effetti Norman Lewis è stato sicuramente una penna acuta, brillante, attenta, caustica e sincera come poche. Un personaggio, diremmo noi, la cui vita è spesso diventata un tutt’uno con la sua produzione letteraria.

Lo hanno definito il più siciliano degli inglesi e nell’ingresso della sua casa nell’Essex era appesa la sponda di un carretto siciliano, decorato ed adornato con i classici pupi. La Sicilia è stato anche l’argomento del suo ultimo libro e siciliana è stata la prima delle sue tre mogli, figlia di un avvocato che si diceva fosse vicino a certi ambienti mafiosi. Una storia originale, come originale fu anche la vita di Norman.

Il padre era un farmacista di quelli che si guadagnavano la vita vendendo pozioni da lui appositamente preparate e il suo più grande desiderio era che il figlio diventasse un medium, sì, proprio un medium. Cresciuto con tre zie un po’strane, per non dire matte, Lewis sbarcò il lunario facendo il venditore di ombrelli usati, poi il corridore di moto e di auto e poi ancora creò una catena di negozi di fotografia e fu lui stesso fotografo professionista.

Nel 1935 scrisse il suo primo libro, resoconto di un suo viaggio in Spagna. E poi venne la guerra, la separazione dalla prima moglie e la sua partenza per il fronte, anzi per i vari fonti di guerra. Prestò servizio in un ramo dei servizi segreti militari inglesi e fu destinato ad Algeri, in Tunisia e poi a Napoli nel ’44. Alla fine, come sottotenente, prestò servizio in un reggimento corazzato, nell’ultima parte della campagna d’Italia.

Tornato in patria continuò a viaggiare e a scrivere. È l’autore di dodici romanzi, ma la sua fama nasce principalmente dai resoconti dei viaggi effettuati prima, durante e dopo la guerra.

La sua fortuna e la sua fama sono principalmente legati ad uno di questi resoconti, un libro bellissimo che non è soltanto un best seller, ma è un vero capolavoro: Napoli ’44.

In tanti hanno commentato questo libro in forma di diario e noi possiamo aggiungere poco a quanto è stato già detto e scritto.

E’ la cronaca di una città dolente e morente, sconquassata dalla guerra, narrata dal giovane Lewis che a Napoli giunge appunto nel ’44, aggregato alla Quinta Armata e addetto a compiti di sicurezza e di contatto con la popolazione.

Le miserie che lo scrittore ci racconta coinvolgono tutti, gli italiani e i liberatori. Dalla sua postazione privilegiata, Lewis osserva e narra ogni cosa, riporta, riferisce al lettore la sua esperienza quotidiana, il caos dell’immediato dopoguerra e la bolgia di una città occupata e martoriata che ha subito cento e più bombardamenti, ma che non vuole rinunciare a sopravvivere, visto che vivere è oramai considerato un lusso per pochi. Ed ecco che gli appunti dello scrittore diventano storie e il lettore viene calato nel girone dantesco di orrori e di bassezze piccole e grandi che coinvolgono tutti, gli abitanti e l’esercito occupante, in una Napoli senza acqua, senza luce e corrente elettrica, senza pane, in cui si incrociano storie diverse e mentalità diverse, resettate e abbrutite dal trauma della guerra.

Alcune immagini restano impresse nell’animo del lettore, quasi fossero scatti in bianco e nero su una pellicola che ferma e fissa lo scorrere del tempo e il succedersi degli eventi: la figura dell’ufficiale inglese che tortura con noncuranza e distacco un civile, il reparto fantasma di soldati tedeschi che continua a combattere nei reticoli catacombali di Napoli per cercare una via di fuga, le donne che si concedono agli americani per un po’di cibo. E poi la corruzione dilagante, la borsa nera, la piaga del banditismo intorno alla Città, i traffici di ogni genere e il malaffare che vede coinvolti anche gli uomini delle le forze alleate.

Lewis non concede sconti a nessuno, vincitori o vinti che siano e resta drammatica anche la sua denuncia delle atroci violenze sessuali compiute dalle unità marocchine delle forze d’occupazione francesi su donne e bambini, a nord di Napoli, nel frusinate. Una lunga scia di orrori che dopo avanzerà con il fronte di guerra ed arriverà fino alla Toscana.

Ci tornano alla mente, allora, anche le immagini de La Ciociara di Vittorio De Sica, le pagine de La Pelle di Curzio Malaparte e le note e il testo di quella bellissima canzone che è Paisà, composta e interpretata da Enrico Ruggeri. E vediamo dunque ancora più distintamente quel filo rosso che lega il diario di guerra di Norman Lewis al racconto delle tragedie che ogni guerra e ogni dopoguerra portano con sé, inevitabilmente, ineluttabilmente.

Un motivo in più per riflettere e per pensare con la nostra testa, magari lontani dalle bellicose parole d’ordine che ci assillano in questi giorni tormentati che stiamo vivendo.

Per questo oggi ho voluto ricordare lui, Norman Lewis, il viaggiatore soldato, e Napoli’44, il suo libro più bello.

Michele Chiodi, già dirigente di istituti finanziari, collabora con periodici e associazioni culturali.

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