L’ UOMO NERO

L’uomo nero. Quante volte questo personaggio macabro è stato ed è visto, letto e ascoltato nella trama di un racconto o di un film, quando finisce la narrazione o la visione   si chiude il libro, si spegne la televisione e l’uomo nero svanisce nel nulla.

 La realtà supera l’immaginazione, la finzione, il racconto. Nella vita di tanti… troppi bambini l’uomo nero esiste e persiste nel perseguitare la loro esistenza distruggendo in brandelli la loro infanzia giocosa e spensierata.

L’uomo nero non è identificabile, perché non ha un volto. Ha mille volti.

L’uomo nero non ha un abito, perché veste mille abiti.

L’uomo nero non conosce la pietà: imprevedibile e determinato, non esistono misure per contenere la sua indole spietata.

L’uomo nero ha un solo nome: pedofilo e il suo unico mondo è la pedofilia.

La parola pedofilia è un termine derivante dal tema greco παῖς (bambino) e φιλία (amicizia, affetto ma anche amore). Indica un disturbo della preferenza sessuale. La storia nosografica di questa patologia iniziò quando il neurologo e psichiatra tedesco Richard Freiherr Von Krafft Ebing coniò il termine paedophilia erotica nella sua trattazione dei disturbi psichici della sfera sessuale intitolata Psychopathia sexualis nel 1866.

 La pedofilia è definita come attività sessuale con bambini fino a 13 anni attuata da soggetti che abbiano almeno 16 anni con una differenza perlomeno di 5 anni rispetto al bambino. È una relazione tra il carnefice e la vittima che si protrae nel tempo. Le dinamiche pedofile sono simili nella forma comportamentale ma, nel contempo, molto diverse poiché l’universo infantile non è classificabile quando il bambino subisce il trauma di un abuso sessuale così intenso e devastante da provocargli una frattura insanabile che influenzerà, inevitabilmente e fortemente, il suo percorso di crescita e di relazione con gli altri.

Il minore viene soggiogato mentalmente attraverso menzogne e commenti; vive una condizione di profondo malessere che può definire, talvolta, l’insorgere di patologie: momenti di depressione, ansia, insonnia, stanchezza, mal di pancia, enuresi notturna, sbalzi d’umore improvvisi e immotivati, disturbi dell’attenzione. Si vergogna, sovente, a confidarsi con i genitori, anche perché troppo piccolo per capire il significato e la gravità dell’abuso sessuale subìto e, soprattutto, perché spesso gli viene spiegato come una forma di gioco normale e segreto da non svelare a nessuno.

Nella maggior parte dei casi il bambino conosce il suo pedofilo che può identificarsi in un membro della famiglia, un patrigno o una persona che ricopre un ruolo di superiorità nei suoi confronti: maestro, sacerdote, allenatore etc.

 Charles Perrault scrittore francese che si distingue per la sua morale sulle favole, su Cappuccetto rosso, scrive: Le bambine non devono dare ascolto ai lupi, specie a quelli tranquilli compiacenti e dolci, che possono seguirle anche dentro le case e per le strade.

Il pedofilo, quasi sempre, è di sesso maschile e può essere attratto sia da bambini maschi che femmine sebbene, spesso, prediliga i fanciulli di sesso opposto al suo. Nell’atto d’abuso sessuale guardare e toccare sembrano prevalere rispetto al contatto genitale. Ogni sua parola, gesto, sguardo è compiuto con l’intento di degradare, di distruggere l’innocenza infantile, d’asservire il bambino ai suoi desideri malati.

Il carnefice è una persona invisibile nelle attitudini socio-comportamentali, ma è possibile distinguere delle caratteristiche comuni: negazione delle loro azioni, fantasie sessuali in cui i bambini sono protagonisti, distorsioni cognitive laddove il pedofilo con giustificazioni si autoassolve convincendosi che le sue azioni non sono problematiche; vari disturbi psico-sociali quali abuso di alcool, depressione, scarsa capacità di autocontrollo etc.

Il ruolo dei fattori ambientali ha una rilevanza significativa nel percorso del pedofilo verso il bambino, poiché, nel cercare gratificazioni immediate ai suoi istinti sessuali si scontra, inevitabilmente, con gli ostacoli del contesto familiare della vittima. Ne consegue che minori sono i controlli e i divieti imposti dalle famiglie al figlio … e più semplice sarà per il pedofilo attirarlo nella sua ragnatela perversa.

 Il carnefice spesso è ansioso, talvolta, depresso e soprattutto ha una storia personale di abusi sessuali. Sigmund Freud con i suoi studi rileva che il bambino abusato diventando adulto, con forte probabilità, abuserà sessualmente dei propri figli o di altri fanciulli e sarà un uomo con problemi di confusione d’identità sessuale. La bambina abusata, spesso, sarà una donna con tratti di personalità borderline, stati depressivi, ansiosi e difficoltà nelle relazioni sociali.

I mass media quasi quotidianamente veicolano casi di pedofilia etichettando il pedofilo in prima pagina con toni forti ed eclatanti, assolutamente meritati, ma c’è da chiedersi se questo circuito mediatico estremo attivato puntualmente sul carnefice possa distogliere l’attenzione e quindi l’identificazione di atteggiamenti visibilmente normali, preludio di un abuso sessuale su un minore, riscontrabili in persone apparentemente tranquille ed affettuose con il bambino.

L’atto pedofilo, di frequente, diventa la notizia del giorno di prima pagina con un’attenzione temporale circoscritta perché in attesa d’essere sostituita dall’informazione primaria del giorno dopo. Non è il più il dramma di un bambino abusato sessualmente su cui indagare ed intervenire bensì la news fondata sull’etica, la morale e lo scandalo di cui parlare nei salotti televisivi alla ricerca dell’audience.

 Ma cosa accade al pedofilo e, soprattutto, al bambino quando i riflettori dei mass media si spengono su di loro? Anche  lo scenario internazionale è sempre più caratterizzato da casi di pedofilia, considerando solo quelli denunciati, le cui notifiche attivano un meccanismo d’azione che trova espressione in un team di professionisti multidisciplinare: medico, psicologo, criminologo, sociologo, assistente sociale, sessuologo, avvocato, giudice che s’interrogano e continueranno ad interrogarsi sulle radici psicologiche del pedofilo e sugli squilibri, nel percorso di crescita del bambino, consequenziali all’abuso sessuale subìto.

Sono state e saranno individuate dieci, cento, mille spiegazioni teoricamente valide e meno valide, ma l’unica verità assoluta è che ogni caso di pedofilia che analizzeranno rappresenterà la storia di vita di un bambino per sempre segnata dalla mano gelida dell’uomo nero che ha lasciato toccandolo sul suo corpo piccolo e indifeso una ferita inguaribile ed un ricordo indelebile che influenzeranno il suo futuro… sempre che quel tocco gelido dell’uomo nero non gli sia stato fatale… e non c’è spiegazione valida e accettabile che possa giustificare quest’orrenda e cruda realtà.

Esiste un momento in cui le parole si consumano e il silenzio inizia a raccontare

Kahlil Gibran

AnnaMaria Fiscale: sociologa, specializzata in analisi qualitativa della ricerca sociale e in management dei servizi sanitari

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