LA MEDICINA NEL VICINO ORIENTE ANTICO

LA MEDICINA PRESSO I SUMÈRI

Il Caduceo… Due serpenti intrecciati… È ancora il simbolo dell’ Ordine dei Medici

            Ningishzida («Signore del manufatto della vita») è uno dei sei figli attribuiti ad Enki; sappiamo che Ningishzida fornì al re Gudea le istruzioni architettoniche per la costruzione del tempio dell’E.Ninnu a Lagash; proprio qui è stato rinvenuto uno splendido vaso con il suo emblema: il caduceo con due serpenti intrecciati. Ninghishzidda sarebbe l’equivalente egiziano di Thoth (dio della scienza e della medicina, figlio di Khnemu, che avrebbe plasmato il primo uomo con l’argilla). Thoth, a sua volta, sarebbe l’equivalente di Hermes, che aveva quale emblema un bastone con i serpenti intrecciati (l’Albero della Vita?). Due serpenti intrecciati sono anche il pittogramma geroglifico del dio egiziano Ptah. Alcuni hanno voluto vedere nel caduceo la rappresentazione delle eliche del DNA.

Le medicine sumère

            Così S. N. Kramer (I Sumèri alle radici della storia): “Un anonimo medico di Sumer, che viveva nello scorcio del III millennio a.C., decise un giorno di riunire e fissare per scritto le sue più preziose prescrizioni […]. Il documento dimostra che il medico sumèro per i suoi medicamenti ricorreva a sostanze vegetali, animali e minerali. I suoi minerali preferiti erano il cloruro di sodio (sale marino) ed il nitrato di potassio (salnitro) […]. I rimedi prescritti dal nostro medico comprendevano tanto unguenti e filtrati per uso esterno, quanto liquidi per uso orale. La preparazione degli unguenti consisteva di norma nel ridurre in polvere gli ingredienti, impregnare la polvere così ottenuta di vino «kushumma», versare sul miscuglio olio vegetale comune ed olio di cedro. Poteva essere usata anche l’argilla di fiume in polvere come eccipiente; in tal caso questa andava sciolta in acqua e miele ed in vece dell’olio vegetale si usava «olio di mare» […]. Per lo più i rimedi venivano preparati con estratti vegetali di semi, radici, scorze o sostanze gommose.”

Un cataplasma ed una pozione

            “Dopo aver tritato della feccia del vino che in precedenza avrai fatto seccare, del pino e delle prugne, dopo aver versato della birra ed aver strofinato la parte malata con olio, tu vi applicherai il cataplasma”

(G. Pettinato, I Sumeri, Bompiani 2005, pag. 371).

            “Dopo aver versato birra forte sull’essenza della pianta «si-x», aver fatto scaldare del fuoco ed aver versato tale liquido nell’olio di bitume di fiume, il paziente lo berrà”

(ibidem, pag. 372).

Una ricetta contro i maldicenti

Tamerice, albero solitario che cresce sull’altopiano!

La tua corona sopra, le tue radici sotto;

con la testa lavata in un bagno,

tu pulisci, tu purifichi la bocca degli esseri umani,

possa la lingua maldicente restare lontana!

Una ricetta alimentare

            O Ninnasi (figlia di Enki e di Ninti, regina dell’Abzu), “tu sei una che regge con entrambe le mani il grande mosto di malto, facendolo fermentare con miele e vino”

(G. Pettinato, ibidem, pag. 373).

I dèmoni sono causa delle malattie

            “Come più tardi i Babilonesi, anche i Sumèri attribuivano numerose malattie alla presenza di dèmoni malefici entro i corpi dei malati: una mezza dozzina di questi dèmoni sono espressamente nominati in un inno sumèrico dedicato al Grande Medico, la dea Bau, indicata anche con i nomi di Ninisinna e Gula”.

Una preghiera per guarire dall’«umor nero»

O mio dio, che con me sei adirato, voltati verso di me,

o mia dea, che sei corrucciata, accogli la mia supplica!

Accetta la mia implorazione e l’animo tuo si plachi!

O mio dio, che sai compatire, che sei pietoso, ascoltami!

Sto andando diritto verso la morte, placati!

O mio dio, metti fine al mio lamento!

O mia signora, degnati di guardarmi, accogli la mia supplica!

Siano sciolte le mie colpe, i miei peccati siano dimenticati!

Sia assolto il mio debito, si allentino le mie strettoie;

la mia sfinitezza se la portino i venti,

possa spogliarmi di ogni maleficio,

gli uccelli lo portino al cielo!

Il mio umore nero i pesci se lo portino via, se lo porti il fiume,

se lo prenda da me la bestia del campo:

mi lavino le correnti del fiume.

Rendimi puro come fa l’erba di purificazione…

Scaccia il mio male, salvami la vita!

Sarò assiduo alla tua corte e mi porterò al tuo ritrovo nascosto…

Manu, il dio dei sogni, si tenga costante al mio capo…

Affidami a Marduk pietoso, alla bontà, a mani benigne…

(G. Pettinato, I Sumèri)

Una maledizione, ancora a proposito della depressione

Possa l’uccello del sonno, l’uccello della depressione, costruire il suo nido!

Un’altra maledizione… Viene augurato un destino di prostituta…

… E di malattia venerea

Vieni Shamkat, voglio fissarti il destino!

Un destino che mai si attenui, che duri per sempre!

Tu, non farai della tua casa una casa di prosperità;

tu non amerai i giovani pieni di vita;

tu non li farai entrare nelle case delle donne;

che la tua bella vulva sia sporca di escrementi…

i crocicchi delle strade saranno la tua abitazione;

colui che penetra la tua vulva possa prendere la sifilide…

(Sinleqiunnini, Tav VII, versi 99-125, cfr. G. Pettinato, La Saga di Gilgamesh)

Ancora a proposito di malattie veneree

Colui che penetra la tua vulva possa prendere la sifilide,

la sifilide che alberga nella tua vulva, possa essere il suo dono,

perché tu hai sedotto me, il puro, all’insaputa di mia moglie…

Otto divinità per otto malattie

            Nel poema Enki e Ninhursag viene descritto che la dea, incollerita con Enki, lo votò alla morte: «Fino a che egli non sia morto, mai più lo fisserò con l’Occhio-della-Vita»; Enki allora stette male: otto parti del suo corpo furono colpite da malattia; era al colmo del male, quando Ninhursag, avuto un ripensamento, ritornò per guarirlo: creò otto divinità, una per ciascuna malattia che affliggeva Enki.

LA MEDICINA PRESSO GLI EGIZI

Thoth è depositario della «Scienza degli Organi Interni»

Gli Spiriti serventi di Thoth che a mani giunte salutano il Sole, mi hanno concesso la misteriosa scienza degli Organi Interni.

(Libro dei Morti, cap. LXXV)

Ishtar e Sekhmet operano guarigioni miracolose

            Amenothep IV, padre del faraone «eretico» Akhenaton, ad un certo punto della sua lunga malattia, oltre a ricevere dall’Asia (da uno dei suoi suoceri, Tushratta di Mitanni) la statua miracolosa della mesopotamica Ishtar, consacrò 600 statue a Sekhmet, Signora di Asheru.

Il dio Bes, il Nano

            Raffigurato come un nano, spesso ornato di piume di struzzo, veniva invocato per la protezione delle gravide, delle partorienti e dei neonati.

Peone, il medico degli dèi

            Peone è il medico degli dèi. Della bravura dei medici egiziani parla anche Omero nell’Odissea (IV 227-232).

Imothep ed Asclepio

            Imhotep fu architetto e cancelliere di Zoser (secondo faraone della III dinastia, 2.680-2.660). Egli è considerato figlio del dio Ptah di Menfi e di una umana di nome Chrotionch (H. Stoiber, Das erste Weltwunder, Dusseldorf, 1987, pag. 222). Viene raffigurato come umano, senza insegne divine, come un sapiente, seduto, con un rotolo di papiro sulle ginocchia, spesso con viso infantile.

            Imhotep veniva ritenuto anche specialista in problemi medici; i Greci ricorderanno questa caratteristica dell’Imuthes (trascrizione greca di Imhotep) menfita, assimilandolo ad Asclepios.

I testi egiziani di Medicine e Chirurgia pervenutici

            Nei testi egiziani di medicina che ci sono giunti, si insiste sul fatto che sono stati ricopiati da testi «antichissimi» o che le loro ricette sono state felicemente sperimentate in tempi antichi.

            I testi medici ci sono giunti, per lo più, in copie dal Nuovo Regno, ma la loro redazione risale probabilmente all’Antico Regno. Fra essi il Papiro medico Ebers ed il Papiro Edwin Smith.

Quest’ultimo ci riporta tutta una casistica chirurgica con la descrizione del caso clinico corredata della sintomatologia, della diagnosi, della terapia e della prognosi, anche per casi complessi, come traumi d’interesse neurochirurgico.

Nel Papiro Ebers, che è il più ricco, ci sono diagnosi e ricette per un gran numero di malattie, ricette di bellezza e d’igiene, formule per la fabbricazione di ricette e per la tecnica d’inalazione.

Uno dei papiri provenienti da Kahun, nel Fayum, è un trattato di veterinaria: vengono riportate delle malattie di uccelli, di pesci, di cani e di bovini.

La carriera del Medico

            Il medico presso gli antichi Egizi veniva chiamato «sunu», «colui che si occupa di quelli che soffrono». Il sunu poteva esercitare la professione come laico o anche come sacerdote dello Stato. Vi erano situazioni nelle quali i due ruoli venivano ricoperti da una stessa figura e ciò spiega il fatto che vi fossero medici che avevano titoli sacerdotali con nomi di dèi. Il sacerdote della dea Sekhmet, per esempio, era esperto anche di medicina veterinaria; il sacerdote della dea Serqet (lo scorpione femmina) era esperta di veleni di serpenti e di punture di aracnidi. Entrambi, insieme al sacerdote ritualista (il sacerdote lettore) e al mago, si occupavano della pratica medica corrente.

(Cfr. Storica, National Geografic, Speciale, numero 2, 2011)

            Il medico faceva parte di una gerarchia rigorosa e doveva seguire alla lettera i principi sanciti dalla tradizione per poter aspirare all’altissima onorificenza di «medico di corte». Un medico cominciava il percorso verso un posto così prestigioso diventando inizialmente «capo dei medici», poi «ispettore dei medici»; poi partecipava di alcune gerarchie intermedie, come «capo dei medici del nord e del sud»; infine diventava «medico di corte».

Domenico Casale, cardiochirurgo di professione e contadino per passione, esperto di mitologia e testi sacri multiculturali, scrittore

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