LA METAMORFOSI DI ANNA

Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Anna si trovò trasformata in un enorme pesce squamoso. Al contatto con le lenzuola sentiva la pelle bruciare e tirare come fosse secca e ferita. Il primo pensiero fu l’acqua: dov’era finito tutto il liquido in cui era immersa? Lì non sentiva dolore, la pelle era ricoperta da una patina grassa che la confortava. Nonostante il suo terribile aspetto, aveva una mamma e un papà che la coccolavano, così all’età di cinque anni smise di far caso al suo corpo deforme, e iniziò a convincersi di essere una bambina normale. Il primo giorno di scuola Anna era piena d’entusiasmo. Non vedeva l’ora di fare amicizia e imparare cose nuove. Quando suonò la campanella della ricreazione, sentì l’emozione salire al centro del petto, e non sapeva cosa fare quindi rimase seduta al banco osservando i compagni di classe. Radunati in piccoli gruppi, i bambini parlavano con le mani davanti alla bocca, e ogni tanto la guardavano ridacchiando. Poi Samuele, un bambino magro con i capelli ricci color arancio, si diresse verso di lei e le porse una caramella. Mentre i compagni le si radunavano attorno, Anna fece un gran sorriso, aprì la caramella e la mangiò. Sentiva lo zucchero. Guardò Samuele, dalla pelle chiara con le lentiggini e gli occhi azzurro cielo. All’improvviso Anna avvertì un sapore fortissimo e amaro all’altezza del palato. Aveva voglia di vomitare ma deglutì. Non voleva deludere gli autori di quell’antipatico scherzo: un aglio ricoperto di zucchero. Quello fu solo il primo di una serie di dolorosi scherzi. A causa dei continui atti di bullismo, Anna arrivò all’adolescenza con l’idea di essere inadeguata e sgradevole, e a diciott’anni decise di porre fine alla sua vita, già piena di sofferenze. Si chiuse in bagno e iniziò a riempire la vasca: dall’acqua era venuta, e nell’acqua voleva tornare. Testa dritta e sguardo assente, entrò e si mise seduta, ripercorrendo la sua vita con la mente. Si guardava la pancia e le gambe, la pelle arrossata da chiazze grigie, piena di grinze e squame. All’improvviso però si accorse che qualcosa stava cambiando: nell’acqua la pelle sembrava sciogliersi, alcune squame si erano staccate e galleggiavano, ed ecco l’illuminazione: strappar via tutta la pelle malata! Così la ragazza iniziò a grattare forte, dappertutto, e la pelle andava via, faceva male ma non importava. Anna era furiosa, voleva eliminare il mostro e diventare una donna.

Dopo due ore, stremata ma serena, non pensava più al suicidio. Si alzò, uscì dalla vasca e allungò la mano verso l’accappatoio. Nello specchio vide l’immagine della mamma e si spaventò, perché non l’aveva sentita entrare. Poi guardò bene davanti a sé: non era la mamma, era lei, una donna con la pelle normale.I medici le avevano sempre sconsigliato di fare il bagno a causa della sua Ittiosi, rara malattia della pelle che la rende simile a quella dei pesci (la parola deriva dal greco, e si può tradurre condizione di pesce). Dio solo sa quanto è vera questa storia! Solo che la protagonista non si chiama Anna, ma ogni giorno fa il bagno per due ore, grattando via la pelle morta che altrimenti le rimarrebbe attaccata addosso. Solo che Anna non raschia via la pelle con le unghie, ma con la carta vetrata.

Carola Pulvirenti, Infermiera Dermatologia I.N.M.I. Spallanzani, Roma, Vicepresidente A.N.P.P.I. (Associazione Nazionale Pemfigo Pemfigoide Italy)

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