La propaganda di guerra tra manipolazione e disinformazione

Il conflitto tra Russia e Ucraina rientra nel novero dei conflitti ibridi, guerre che hanno tra le loro peculiarità anche l’utilizzo dell’informazione manipolata, al fine di generare consenso e produrre controinformazione continua.

L’informazione diventa, insomma, un’arma da guerra, diversa dalle altre, ma pur sempre un’arma e, per giunta, altamente pericolosa.

L’obiettivo di questa informazione manipolata è quello di rendere reale ciò che non lo è e viceversa, affinché le notizie distorte o costruite ad arte possano diventare delle verità assolute, accettate come tali.

Per questo scopo vengono utilizzate vecchie e nuove strategie, volte a creare l’immagine di un nemico sempre più infido ed estremamente pericoloso e vengono riesumate vere e proprie mitologie e simbologie desuete e, magari, poco o niente affatto utilizzate, al fine di compattare gli animi verso parole d’ordine di carattere identitario che classificano come osceno, alieno e mostruoso il nemico. Questo obiettivo viene conseguito attraverso l’utilizzo spinto dei media a propria disposizione o di quelli dei propri alleati che diventano, così, veicoli consapevoli di propaganda, perdendo ogni caratteristica di obiettività. Ed accanto ai media classici (radio, televisione, giornali) ecco che viene fatto un uso spregiudicato ed estremo degli altri media, di quei social media in grado di raggiungere un pubblico enorme e capillarmente diffuso rispetto al sistema mediatico classico.

Questa sinergia di notizie pilotate che diventano, come si dice oggi, virali, costituisce in questo momento, il principale e più efficace strumento di propaganda bellica. Si stabilisce, così, una sorta di corrispondenza biunivoca tra l’utente finale che cerca nei social conferma delle proprie idee ed i social stessi che producono informazioni artefatte, utili a generare conferme in chi ha già sviluppato le proprie certezze ed a creare, invece, dubbi ed incertezze, destinate poi a trasformarsi in certezze eteroguidate, in quanti non sono riusciti a ben definire la propria posizione nei confronti degli eventi o nutrono ancora dubbi sulla veridicità di alcuni accadimenti spacciati, invece, per autentici ed incontrovertibili dalla propaganda di guerra.

Per non parlare, poi, del cosiddetto dark web, autentico buco nero che veicola a ruota libera informazioni artefatte, senza alcuna possibile forma di controllo anche minimale.

Ecco allora che vengono utilizzati, senza remora e senza possibilità di confronto e verifica, anche programmi in grado di creare immagini o suoni che sembrano perfettamente rispondenti alla realtà, ma che sono, in effetti, una pura finzione, incredibilmente costruita alla perfezione.

Diventa impossibile, insomma, discernere la verità del campo di battaglia da quella che è la finzione di autentici set cinematografici virtuali, in grado di sfornare immagini subdolamente e meravigliosamente artefatte e, quindi, facilmente spendibili come autentiche.

Se, insomma, i media classici possono svolgere un ruolo distorsivo dell’informazione, attraverso notizie ricche di menzogne commissionate, i social media, invece, rappresentano una giungla dell’informazione che può diventare disinformazione incontrollata ed incontrollabile che genera e rigenera automaticamente se stessa e si arricchisce continuamente e parossisticamente, quasi a costo zero, con il solo obiettivo di creare cattiva informazione in grado di orientare o disorientare il maggior numero possibile di persone nel mare magnum del villaggio globale e, se possibile, spingendosi ancora più in là.

Di questi tempi, insomma, il pericolo più insidioso, tossico, corrosivo, non viene da ciò che non conosciamo, ma da ciò che riteniamo vero e che invece non lo è.

Nel momento in cui incominceremo a rendercene conto, avremo già compiuto un piccolo passo in avanti verso la riconquista della nostra libertà di coscienza, di pensiero e di scelta.

Michele Chiodi, già dirigente di istituti finanziari, collabora con periodici e associazioni culturali.

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