La questione palestinese inizia con i figli di Noè

Le ipotesi paleo-antropologiche sono orientate a ritenere che sino ad un’epoca di circa trentamila anni fa, l’Africa centro-orientale sia stata un centro fortemente attivo nei processi di ibridazione dell’homo sapiens. Si era creduto sino a poco tempo fa che i Khoi-san (Boscimani e Ottentotti) fossero stati i veri aborigeni d’Africa. Oggi si ritiene che questa popolazione sia stata intermedia tra l’Africa e l’Asia occidentale. Seguendo infatti il corso del Nilo, verso nord, si stabilivano collegamenti con il Sinai e l’Asia, mentre i mari prospicienti l’Etiopia e la Somalia, una volta apprese tecniche anche primitive di navigazione, costituivano ulteriori vie di espansione tra Africa ed Asia. Si ebbe così una confusa mescolanza di elementi bantu, nilotici ed asiatici.

            L’analisi dei caratteri somatici esteriori, per quanto grossolana e pertanto limitata, sembrerebbe indicativa di tre grandi gruppi di popolazioni: caucasoidi, mongoliche e negroidi. Nella «Tavola dei popoli» delle scritture ebraiche tre grandi gruppi vengono fatti risalire a Sem, Cam e Iafet, i tre figli di Noè. Genesi accenna appena alla «Tavola dei popoli», mentre ad essa è dedicato ampio rilievo dall’autore dei Giubilei. I territori ereditati dai figli di Noè avevano il loro epicentro nell’area oggi chiamata Palestina, compresa tra Siria ed Egitto.

Canaan e Palestina

            Canaan significa «Paese della porpora»: “fin da tempi remoti i suoi abitanti estraevano da una chiocciola marina ‐ murex trunculus ‐ il più famoso colorante del mondo antico; i Greci chiamarono Fenici i fabbricanti ed i tintori di porpora delle coste del Mediterraneo e chiamarono il loro paese Fenicia, che, nella loro lingua, significa «porpora»” (W. Keller, La Bibbia aveva ragione, pag. 65).

Canaan è l’anello di congiunzione fra tre continenti; infatti le più importanti rotte commerciali del mondo antico convergono su questa regione: mercanti e carovane sin dall’epoca dei Sumèri, percorsero il cammino tra il «Mare Superiore» ed il «Mare Inferiore»; di qui l’importanza di assicurarsi il controllo dell’area e la perenne contesa delle zone d’influenza: Egiziani, Hittiti, Assiri, Babilonesi, Persiani, Greci, Romani, Arabi, Mamelucchi, Crociati, Repubbliche Marinare etc. di volta in volta nel corso dei millenni hanno percorso la regione con i propri eserciti.

Nel 135 d.C. l’imperatore Adriano, quando ormai i Filistei erano scomparsi, chiamò Palestina la regione che aveva avuto già il nome di «Filistia», ovvero «Terra dei Filistei», per negare i diritti reclamati dagli Ebrei su quella terra. “La parte del paese che doveva diventare la patria del popolo d’Israele fu battezzata dai Romani con il nome dei più acerbi nemici d’Israele: «Palestina», che deriva da «Pelishtim» e che è il nome con il quale erano chiamati i filistei dell’Antico Testamento” (W. Keller, ibidem, pag. 65‐66).

Gli Egizi designavano la terra della Palestina e della Siria con il nome di «Retenu». «Abitanti o viandanti della sabbia» era invece il nome con il quale indicavano sprezzantemente i semiti delle aree steppose e desertiche.

Le sfere d’influenza in Palestina

            Sin dal III millennio a.C. gli Egizi difesero i loro confini settentrionali con la costruzione d’un muro che correva all’incirca lungo l’area occupata oggi dal Canale di Suez. Poi preferirono controllare l’area palestinese facendovi loro vassalli i piccoli re locali, che conservarono la loro autonomia, ma non la loro indipendenza, diventando tributari del Faraone. Per lungo tempo gli Egiziani fronteggiarono in Palestina le potenze che nel corso dei secoli vi si affacciarono da settentrione e da occidente, soprattutto i Mitanni e gli Hittiti, che dominarono la Siria e controllarono la Palestina sino all’altezza di Biblo e Qadesh. Dal 1460 al 1170 tutta la Palestina fu sotto il controllo degli Egiziani. Poi l’area fu sconvolta dall’invasione dei «Popoli del Mare».

I Cananei

            Per Cananei intendiamo le popolazioni che abitavano l’area poi occupata dagli Israeliti, l’area cioè, secondo la locuzione propriamente biblica, costituita dalla «Terra Promessa».

La Tavola dei popoli

            Secondo gli studiosi (La Storia, Vol. I, La Biblioteca di Repubblica, pag. 90) “Gli eurasiani ebbero una radiazione intensa intorno ai 40.000 anni fa, diffondendo il loro patrimonio genetico in ogni direzione: prima a nord e poi ad est, occupando l’Asia nord-orientale, l’Artico e l’America; verso ovest popolarono il Medio e Vicino Oriente e l’Europa, mentre a sud-ovest si mescolarono con i discendenti delle migrazioni dell’Africa meridionale.”

La Tavola dei popoli, come redatta dall’autore dei Giubilei, colloca i discendenti di Sem ad oriente della Palestina nell’area mesopotamica ed oltre sino all’Indo e al Gange. I discendenti di Cam sono collocati a sud della Palestina, ad occupare l’Egitto, la Libia, l’Etiopia e l’Eritrea. I discendenti di Iafet sono collocati ad Occidente ed a Nord della Palestina, nell’area del Mediterraneo e dell’Europa. A parte le riserve sull’epoca di scrittura dei Giubilei, le denominazioni geografiche riportate dall’autore dell’antico testo, si possono prestare ad interpretazioni diverse da quelle sino ad ora ricostruite dagli studiosi che si sono cimentati nell’opera, almeno per tre ordini di motivi: 1) in lingua ge’ez, da cui deriva la versione di Giubileiche ci è pervenuta, un unico vocabolo indica sia il nord che il sud; 2) per gli Ebrei la destra indicava il sud; 3) gli antichi cartografi riportavano nella parte alta non il nord, come noi usiamo, ma l’est; nella parte bassa riportavano l’occidente (Atlante della Bibbia, Touring Club Italiano, 2007, pag. 36).

Come è evidente, dall’area palestinese si dipartono tutti i territori e le genti attribuiti ai tre figli di Noè. Considerata l’importanza dell’area per le rotte commerciali, non potevano non nascere sin dall’inizio attriti insanabili. In sintesi l’impero di Noè, all’apice della sua espansione, si divise in tre parti, una orientale che andò a Sem, una meridionale che andò a Cam, ed una occidentale che andò a Yafet.

La divisione dell’impero per sorteggio

Il sorteggio della “terra” fu fatto alla presenza di un angelo espressamente inviato dal Signore con funzioni notarili. I tre fratelli, dopo aver sorteggiato la “terra”, procedettero ciascuno per proprio conto, all’ulteriore sorteggio per dividere la propria parte ai figli.

.           Sem ebbe cinque figli: Elam, Assur, Aram, Lud e Arpakshad, che verosimilmente fu il primogenito. “Ad Arpakshad uscì tutta la terra della regione dei Caldei, verso l’oriente dell’Eufrate che è vicino al mare di Eritrea e tutte le acque del deserto fin presso la lingua di mare che guarda verso l’Egitto, e tutta la terra del Libano, di Saner e Amana, fin presso l’Eufrate (Giubilei IX, 2-6). Cam ebbe quattro figli: Kush (chiamato anche Etiopia), Misraim (chiamato anche Egitto), Put (chiamato anche Libia) e Canaan” (Giubilei VII, 13). Iafet ebbe sette figli: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubal, Mesech e Tiras (Gn 10, 2).

In seguito la discendenza di Cam prese il sopravvento su quella di Sem e si insediò nei suoi territori mesopotamici; ne abbiamo testimonianza da Genesi: “Etiopia (uno dei figli di Cam) generò Nimrod: costui cominciò ad essere potente sulla terra; egli era valente nella caccia davanti al Signore; l’inizio del suo regno fu Babele, Uruch, Accad e Calne, nel paese di Sennaar; da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive ” (Gn 10, 8-12). Canaan (altro figlio di Cam) a sua volta contestò ad Arpakshad (figlio di Sem) il territorio che dal suo nome si chiamerà Canaan: “E Canaan vide che la terra del Libano, fino al fiume d’Egitto, era assai bella e, perciò, non andò nella terra della sua eredità, verso ovest, e si fermò nella terra del Libano, da est e da ovest terra del fiume Giordano, e sul braccio del mare. E il padre Cam, e i suoi fratelli Kush e Misraim gli dissero: «ti sei fermato nella terra che non è tua e che non ci è uscita in sorte; non fare così! se fai così, tu e i tuoi figli cadrete in terra, sotto le lance, e sarete maledetti nella discordia, poiché nella discordia vi siete fermati colà e nella discordia cadranno i tuoi figli e tu sarai sradicato in eterno; non stare nella sede di Sem, poiché essa è uscita in sorte a Sem e ai suoi figli; sarai il più maledetto, e più di tutti i figli di Noè, con la maledizione che stabilimmo con giuramento al cospetto del giudice santo e di Noè, nostro padre». Egli non li ascoltò ed è stato, con i suoi figli fino ad oggi nella terra del Libano, da Emat fino alle porte di Egitto e, perciò, questa terra è stata chiamata Canaan.” (Giubilei X, 28-34)

            Yafet invece si defilò sin dall’inizio. Acquisì la sua parte di eredità e rinunciò allo scontro nell’area della “Mezzaluna Fertile”. Purtroppo, così facendo, esce anche dalla storia delle testimonianze tramandateci dalle Scritture. Tuttavia anche un figlio di Yafet ambiva ad averne un’area; la ottenne però pacificamente da Arpakkshad, figlio di Sem (Giubilei X, 35).

Nota: Anche Clemente (Recogn., I, 30) riprende la storia della questione, così come proposta dall’autore di Giubilei.

Interviene il Signore per chiudere la Questione Cananea

            Con la chiamata di Abramo da parte del Signore che legittima l’impresa militare che porterà all’occupazione della regione di Canaan, si vuole intendere chiusa la Questione Cananea, anche se i popoli abitanti la regione non saranno d’accordo. Mosè, e poi Giosuè, nei confronti di questi popoli ricorreranno ad azioni militari codificate con il nome di “guerra santa”, aventi il fine deliberato di fare “pulizia etnica”. Tuttavia la “Questione” non sarà mai totalmente risolta.

            Occorre qua aggiungere che anche fra gli esegeti secondo alcune fonti la rivendicazione della Palestina da parte dei Cananei è riconosciuta legittima (L. Ginzberg, Le leggende degli ebrei, nota 80, pag. 242).

Chiusa la Questione Cananea, si apre la Questione Israelo‐araba

Occorreranno quattro secoli prima che Giosuè conquisti militarmente la terra promessa dal Signore ad Abramo e ponga fine, almeno in parte, alla Questione Cananea. Sino alla morte Abramo ha posseduto nella terra di Canaan soltanto la grotta di Macpela acquistata con denaro per farne un sepolcro. Anche i suoi discendenti non possederanno altro, vivendo da nomadi. Eppure le prime due generazioni discese da Abramo già danno inizio ad una nuova contesa che vedrà opporsi Ismaele e Esaù da una parte e Giacobbe dall’altra. Giacobbe per volere del Signore si chiamerà Israele, quando Ismaele e Esaù diventeranno i fondatori della nazione araba. Responsabili della nuova Questione sono apparentemente Abramo e suo figlio Isacco, quando invece più propriamente a crearne i presupposti sono le loro mogli, Sara e Rebecca.

Ismaele

Ismaele è il figlio che Abramo ha dalla sua schiava Agar; Sara, incapace di concepire, ha consentito ad Abramo di tenere Agar sulle sue ginocchia. Poi, quando sarà miracolosamente nato Isacco, Sara ottiene che Abramo scacci Agar ed il figlioletto Ismaele. Interviene in aiuto di Agar e Ismaele l’angelo del Signore. Promette ad Ismaele una discendenza numerosa quanto quella promessa ad Isacco ed aggiunge: «Egli, Ismaele, sarà come un ònagro; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli» (Gn 16, 10-12). ”Ismaele andò a stabilirsi a Sur, abitò ad Avila fino a Sur, che è lungo il confine dell’Egitto, in direzione di Assur; egli si era stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli.” (Gn 25, 18).

Nel Corano Ismaele (Ismail) è annoverato tra i santi. Sure tardive (del periodo di Medina) tramandano che Ismaele con il padre abbia fondato la Kabaà alla Mecca. Nella tradizione islamica è Ismaele e non Isacco il figlio di Abramo destinato al sacrificio sul monte Moria. “Mentre nel Corano si trova soltanto un vago accenno al ruolo genealogico di Ismaele (Sura 14, 37), nelle genealogie post-coraniche egli è visto in stretto rapporto con il mondo arabo ed è considerato antenato delle tribù dell’Arabia settentrionale e delle tribù arabizzate (Bocian Martin, Personaggi della Bibbia). Maometto sarebbe discendente di Adnān, a sua volta discendente di Nebaiot, figlio di Ismael.

“Che Abramo si sia spinto tanto lontano verso sud [con Ismaele, per costruire la Ka‛ba alla Mecca], non è storicamente provato […]. Nel frattempo, a dire il vero, anche la critica occidentale ha dovuto riconoscere che il legame di Abramo con La Mecca si trova già nelle prime sure del Corano […]. Tuttavia, in generale, si rimane su due fronti: i musulmani prendono come dato storico il fatto che Abramo sia stato alla Mecca e che secondo un versetto del Corano (sura 2, 127) abbia costruito la Ka‛ba, il santuario islamico centrale […]; i non musulmani, invece, lo considerano una leggenda religiosa, la cui veridicità, a dire il vero, è altrettanto indimostrabile.” (H. Küng, Islam, pag. 70-71)

La considerazione di Ismaele, oggi.

            “La generale preferenza biblica di Isacco rispetto ad Ismaele nella tradizione giudaico-cristiana è un dato di fatto. Eppure, d’altra parte, non si può ignorare nemmeno il fatto che la Bibbia ebraica, su Ismaele, faccia affermazioni non solo interessanti dal punto di vista «biografico», bensì anche rilevanti sotto il profilo teologico […]” (H. Küng, Islam, pag. 67-68). Riassumiamo quanto scrive H. Kûng, aggiungendo ulteriori riflessioni:

– Fu Ismaele il primo figlio di Abramo, per desiderio di Sara.

– Ismaele ricevette il segno dell’alleanza con Dio (la circoncisione) prima di Isacco.

– Non solo la sopravvivenza di Isacco, ma anche quella di Ismaele è dovuta alla particolare protezione di Dio. Ismaele fu salvato dal deserto, così come Isacco dall’immolazione.

– La promessa divina di fecondità e di una numerosa discendenza vale non solo per Isacco, ma anche per Ismaele. È l’angelo del Signore che parla ad Agar: «moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla per la sua moltitudine» (Gn 16, 10-11); l’angelo precisa anche il territorio assegnato: «abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli», tuttavia con un monito oscuro: «egli sarà come un ònagro e la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro lui» (Gn 16, 12).

– Ismaele, congedato dal racconto biblico, ricompare sorprendentemente alla morte di Abramo: «lo seppellirono i suoi figli Isacco ed Ismaele» (Gn 25, 9); si badi: alla sepoltura non risultano presenti i figli che Abramo aveva avuto da Chetùra!

Il monito oscuro «egli sarà come un ònagro e la sua mano…» richiama la predizione/benedizione di Isacco ad Esaù, altrettanto tenebrosa e sinistra per Israele: «Ecco, lungi dalle terre grasse sarà la tua sede e lungi dalla rugiada del cielo dall’alto; vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma poi, quando ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo» (Gn 27, 39-40).

Esaù

Esaù è gemello di Giacobbe e primogenito di Isacco e Rebecca. La leggenda narra che Giacobbe alla nascita con la mano teneva un piede di Esaù. Con un imbroglio Rebecca ottiene che Giacobbe sottragga la primogenitura a Esaù. Giacobbe, temendo l’ira del fratello, fugge via, ma il Signore lo protegge e gli cambia il nome: si chiamerà Israele. Esaù lascia la casa paterna e con un’abile politica matrimoniale (sposa anche una figlia di Ismaele) estende la sua influenza nel Paese di Seir ove infine si stabilisce.

La Questione israelo‐araba

            I discendenti di Abramo daranno origine alla seconda fase della “Questione”, quella che vede contrapposte le varie schiatte che prendono origine da Abramo: da una parte gli Ebrei Israeliti (discendenti di Giacobbe) e dall’altra, congiuntamente, Ebrei ismaeliti (discendenti di Ismaele) ed Ebrei Idumiti (discendenti di Esaù, detto anche Edom, il Rosso). Ismaeliti e Idumiti hanno dato origine, con altri gruppi minori, anch’essi di origine ebrea (discendenti dai figli che Abramo dopo la morte di Sara ebbe da Chetura), alla nazione araba.

Ad Esaù la regione di Seir e ad Israele la regione di Canaan

            Così il Signore rivolto a Mosè (Dt 2, 4‐5): «Da’ quest’ordine al popolo: voi state per attraversare i confini dei figli di Esaù, vostri fratelli, che dimorano in Seir; essi avranno paura di voi; state bene in guardia: non muovete loro guerra, perché del loro paese io non vi darò neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede; infatti ho dato il monte Seir in proprietà ad Esaù»

Roma viene identificata con Edom

            L’uso di chiamare Roma con nomi quali Edom, Seir ed Esaù (tutti nomi attribuiti ad Esaù) si affermò probabilmente al tempo di Erode, allorché il suo appellativo di Idumeo venne trasmesso anche ai Romani. Quando Roma adottò il cristianesimo tali nomi passarono a designare gli adepti alla nuova fede.

            L’epiteto di «maiale selvatico» riservato ad Esaù, cioè a Roma, è assai comune nella letteratura rabbinica. In origine esso era riferito allo stendardo della legione romana di stanza in Palestina, che raffigurava appunto un cinghiale. Poi l’epiteto di maiale fu usato in senso dispregiativo. Così anche Marco (5, 1‐20): «Il mio nome è legione», esclamano gli spiriti immondi cacciati da Gesù dal corpo dell’indemoniato di Cerasa ed immessi in duemila porci che pascolavano sul monte.

Edom e Il cavallo di Troia dei libri sibillini giudaici

Così scrive A. Donini (Breve storia delle religioni): “La religione di stato romana aveva tra i suoi testi sacri una serie di antichissimi Libri della Sibilla, probabilmente di origine etrusca: dietro espresso decreto del Senato, essi venivano consultati nei momenti di crisi. Gli originali andarono distrutti nel corso dell’incendio dell’anno 83 avanti Cristo. Una commissione di tre membri, per ordine di Silla, venne allora inviata in Oriente, per cercarne di nuovi. Gli Ebrei alessandrini che, per meglio far penetrare le loro concezioni religiose nel mondo ellenistico, si erano appropriati di una delle tante Sibille della tradizione orientale e l’avevano fatta diventare moglie o nuora di Mosè, possedevano tutta una serie di libri sibillini, a sfondo apocalittico, in esametri greci, in parte notevole conservati sino ad oggi.” Erano dunque andati persi i testi originali della Sibilla d’origine etrusco-latina. Quelli pervenuti a Roma dall’Oriente, in seguito alla ricerca disposta da Silla, si rivelarono ben presto come un ben riuscito colpo di mano degli ambienti ellenistici ebrei, ferocemente ostili a Roma ovvero a Edom, come essi chiamavano la capitale dell’Impero. “I tre messi del Senato, P. Gabinio, M. Otacilio e L. Valerio, che secondo le testimonianze di Marrone, Fenestella e Dionigi d’Alicarnasso erano ritornati a Roma con un migliaio di versi sibillini racimolati in Oriente […], si erano fatti portatori, senza volerlo, di una letteratura sovversiva […].”

            Come poi anche nell’Apocalissi (XVIII, 6) Giovanni inveisce contro Roma, «la grande prostituta», la bestia demoniaca, incitando apertamente alla ribellione («ripagatela come essa vi ha pagati, fatela soffrire il doppio di quello che vi ha fatto soffrire», così in questi Libri sibillini sotto la metafora della profezia, veniva preconizzata la punizione di Roma: «Quante ricchezze Roma ha ricevuto dall’Asia, tre volte tante l’Asia ne riceverà da Roma, facendole pagare il fio dei soprusi sofferti»; ovvero: «E quanti uomini dell’Asia divennero schiavi nella residenza degli Italici, venti volte tanti Italici in miseria lavoreranno come schiavi in Asia […]». (A. Pincherle, “Gli oracoli sibillini giudaici”, Libreria di Cultura, Roma, 1922)            

Ci vollero decenni, prima che Roma capisse quale cavallo di Troia avessero introdotto nella più sacra istituzione delle sue più antiche tradizioni con questi testi sibillini giudaici: furono Augusto e Tiberio, che ne fecero proibire l’uso e che poi ordinarono che fossero distrutti con il fuoco.

Domenico Casale, cardiochirurgo di professione e contadino per passione, esperto di mitologia e testi sacri multiculturali, scrittore.

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