<<Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?>>
Con questo ambizioso programma scientifico, Gregory Bateson (Grantchester, 9 maggio 1904 – San Francisco, 4 luglio 1980) battezzò la nascita del pensiero sistemico (σύστημα: porre insieme, riunire); possiamo oggi affermare come Bateson sia stato lo scienziato che ha consacrato la propria ricerca e opera alla fondazione e diffusione di una epistemologia sistemica e rispettosa della complessità del mondo in cui viviamo.

Anche grazie al suo modo di concepire le domande della scienza ed il tipo di indagini utili a dar risposta a tali domande, noi ricercatori possiamo finalmente chiederci – pur rischiando di apparire ancora eretici per qualche fazione del mondo scientifico trincerata dietro i propri obsoleti dogmi, e pur apparendo poco chiari a quanti non abbiano dimestichezza con le vertigini meravigliose o talora spaventose del mondo della scienza della complessità e dei sistemi – dove ci siamo persi e quando abbiamo iniziato a sbagliare nel nostro approccio alla conoscenza del mondo biologico e nel nostro attacco a patologie complesse quali tanti tipi di tumore che ancora non riusciamo a sconfiggere, o tante malattie virali – non ultima il Covid-19 -, che ancora non riusciamo a debellare? Bateson ha continuamente insistito sul problema del riduzionismo e della frammentazione della conoscenza del mondo biologico nelle diverse categorie scientifiche; la sua opera ci ha mostrato i rischi della compartimentalizzazione e frammentazione della scienza e di come quest’atteggiamento epistemologico ci ha condotti all’impossibilità di comprendere la natura sistemica dell’uomo e i processi mentali che lo riguardano e ci ha impantanato in una scienza non in grado di affrontare in maniera vincente le sfide più difficili della biologia e della medicina. Il lavoro di Bateson ci invita a ripensare il nostro modo di porre domande alla scienza e di tirarne fuori risposte utili; ci invita a mettere in relazione ciò che la scienza classica divide, ci accompagna verso una nuova e diversa visione delle cose.
La Teoria Generale dei Sistemi e la Scienza della Complessità – che sono il campo di azione e la via di questo nuovo tipo di scienziato moderno – permettono ed anzi necessitano di affrontare e connettere problemi e ‘fatti’ solo apparentemente lontani e disconnessi.
<<[…] la simmetria bilaterale di un animale, la disposizione strutturale delle foglie in una pianta, l’amplificazione successiva della corsa agli armamenti, le pratiche del corteggiamento, la natura del gioco, la grammatica di una frase, il mistero dell’evoluzione biologica e la crisi in cui oggi si trovano i rapporti fra uomo e ambiente […] >> e qualsiasi altro fenomeno che si presenta alla conoscenza dell’uomo, potrà essere più profondamente ed utilmente comprensibile se riconosciamo la struttura che connette.

Un altro padre fondatore della Scienza della Complessità, il filosofo e sociologo Edgar Morin, ha detto: «Il fatto è che le discipline si sono chiuse su oggetti mutilati. Così la conoscenza chiusa ha un po’ dovunque distrutto o occultato la solidarietà, le articolazioni, l’ecologia degli esseri e degli atti, l’esistenza! Così siamo divenuti ciechi alle aperture, tant’è vero che la cosa più difficile da percepire è l’evidenza occultata da un paradigma dominante». (Edgar Morin. Il Metodo 1, p. 239).
Nella Scienza dei Sistemi, il contesto assume un ruolo fondamentale; infatti, in essa non si danno mai fenomeni, eventi, comunicazioni, trasformazioni, informazioni che non siano intrinsecamente inseriti in un contesto; anzi, solo dal contesto essi ricevono il loro significato e solo in base al contesto stesso possono essere descritti e spiegati.
Se applichiamo una tale metodologia di ricerca scientifica alla virologia o alla oncologia, potrà facilmente apparire chiaro come tali complessi campi della biologia e della medicina possano essere affrontati con un paradigma investigativo nuovo, e come al nostro nuovo modo di porre domande a questi complessi fenomeni del mondo vivente, possano scaturire risposte differenti da quelle che abbiamo fino ad oggi trovato o ricevuto con le nostre ricerche classiche; risposte nuove che possono anche essere armi nuove ed efficaci nelle mani della Medicina.
Il primo passo da compiere su tale via è quello di assimilare ogni agente di un sistema in studio ad un ente intrinsecamente (anche se involontariamente) in grado di inviare e ricevere informazioni, e che tali informazioni sono interpretate dagli agenti in gioco non solo in base alle proprie caratteristiche intrinseche ma anche in base al contesto in cui sono inserite.
Tradotto in esempi pratici:
- Un virus sarà in grado di operare i propri effetti biologici e di determinare un tipo di malattia non solo in base al tipo di informazioni che porta nel proprio corredo genetico, ma anche in base al tipo di interazione che avrà con la cellula ospite, con l’organismo di cui quella cellula è parte, e con la comunità di cui quell’organismo/individuo è parte. Lo scambio di informazioni tra virus e cellula sarà diverso se la cellula coinvolta è quella polmonare piuttosto che intestinale, cerebrale, immunitaria o di un altro tipo. Allo stesso modo, lo scambio di informazioni e quindi il tipo di reazione e la forma clinica della malattia, sarà diversa a seconda delle caratteristiche dell’organismo ospite e delle sue capacità immunologiche di riconoscere e avversare il virus. Ad un livello ancora più alto, l’impatto di un virus su una comunità sarà differente a causa delle caratteristiche genetiche della comunità stessa ed anche a causa delle caratteristiche storico-culturali della comunità stessa, che faranno sì che una determinata società affronti con interventi medici, sociali, economici e politici differenti una epidemia. A livello ancora più alto si può pensare a come un evento pandemico sia gestito dall’intera comunità umana, caso mai (speranza per ora vana) si desse una tale integrazione di intenzioni nella comunità stessa. Ancora, ognuno di questi aspetti legati all’ospite, sarà più o meno drasticamente mutato a seconda della emergenza di varianti virali, che rappresentano modi nuovi del virus di interagire con i suoi potenziali ospiti e di trasmettere e ricevere informazioni. Trattandosi qui della esemplificazione di un classico sistema cibernetico di azioni e retroazioni, non dobbiamo sottovalutare il fatto che le stesse reazioni dell’ospite (ad esempio la scoperta di un nuovo farmaco o l’effettuazione di una campagna di vaccinazione di massa) innescheranno nel virus una risposta adattiva tesa al raggiungimento di un nuovo stato di fitness o equilibrio.
- Una cellula tumorale ed un tessuto tumorale sono nati e si sono sviluppati all’interno di un organismo ospite con cui interagisce. Tra i due attori si instaura necessariamente uno scambio di informazioni biologiche fatte di molecole che, come messaggi, vengono interpretate da entrambi gli attori. Le cellule tumorali adottano complesse strategie per sfuggire al riconoscimento ed al controllo da parte dell’organismo ospite, e l’organismo da parte sua dispone di numerose armi in grado di riconoscere e rigettare/distruggere cellule tumorali, primo tra tutti il Sistema Immunitario. Già a livello della singola cellula, allorché avvenga una mutazione genetica – se questa non può essere riparata dagli apparati molecolari di riparazione addetti -, avviene un meccanismo di suicidio programmato (apoptosi) della cellula stessa che tende così a proteggere la comunità di cui è parte. Se tale meccanismo di difesa viene meno e riesce ad emergere una variante cellulare mutata ed in grado di sopravvivere e replicarsi, allora intervengono meccanismi di controllo delle cellule vicine e soprattutto del Sistema Immunitario; ma talora la cellula tumorale riesce ad evadere questi controlli ed a svilupparsi in un tessuto che per quanto autonomo e fuori controllo, pur sempre dipende dall’organismo ospite per la propria sopravvivenza (necessità di ossigeno e sostanze nutritive); pertanto, il tumore oltre che accrescersi in aggressività e sfuggire al Sistema Immunitario, avrà bisogno di innescare delle comunicazioni cellulari per “farsi amiche” le cellule sane del contesto in cui vuole svilupparsi. Quando tutti i sistemi di controllo dell’organismo sono compromessi, il tumore prende il sopravvento. In un qualsiasi punto della battaglia tra tumore ed organismo, c’è la possibilità che intervenga un attore di un livello successivo: il Medico e la Medicina. Possiamo vedere il Medico come un’arma che una comunità umana, attraverso la Scienza, la Ricerca e l’investimento in welfare, mette al servizio di un organismo malato di tumore e delle sue cellule sane, affinché riescano a vincere una battaglia contro il cancro. In genere, più precoce sarà l’intervento medico e più precoce la scoperta del male, più efficace sarà la terapia. Inoltre, negli ultimi anni, la medicina è andata sempre più in fondo alla scoperta di quei meccanismi genetici responsabili dello sviluppo dei tumori. Si conoscono ormai tutte le mutazioni principali e driver che possono essere responsabili dello sviluppo di un tumore, e si stanno mettendo a punto farmaci a bersaglio molecolare, in grado di colpire ciascuna di queste mutazioni. Eppure, spesso anche questi farmaci così specifici conseguono solo vittorie di Pirro.
Allora, vien da chiedersi se la Scienza dei Sistemi non debba in maniera più netta e decisa fare il proprio ingresso in questo campo. Uno degli esempi è l’utilizzo della Immunoterapia, in cui piuttosto che tenere come bersaglio una singola molecola mutata dal tumore, si tende a ristabilire o attivare la competenza del Sistema Immunitario a riconoscere e distruggere lo specifico bersaglio tumorale, inseguendolo in qualsiasi parte del corpo; l’Immunoterapia oncologica, in tante sue diverse declinazioni, è già oggi una valida arma contro molti tumori.
Ma una frontiera del tutto nuova è rappresentata dal campo della riprogrammazione tissutale:
l’Anakoinosis (dal greco antico: comunicazione); qui, l’obiettivo della distruzione delle cellule cancerose viene perseguito attraverso la rieducazione dei tessuti sani a non accettare ospiti indesiderati; qui si mira ad interferire su quei meccanismi comunicativi tra cellule tumorali e cellule sane, che portano le cellule sane ad accettare e difendere in maniera aberrante il tumore. È una rivoluzione del paradigma dominante. È come se per eliminare la criminalità organizzata da una società, si intervenisse sulla omertà di chi criminale non è, o si intervenisse ancor prima su una diffusa e radicata educazione etica ai valori umani e sociali.

Beniamino Casale, responsabile IPAS Terapie Molecolari e Immunologiche in Oncologia – AO dei Colli – Ospedale Monaldi.