LA TELEMEDICINA E IL SUO IMPATTO AL TEMPO DELLA PANDEMIA

I recenti progressi nelle tecnologie dell’industria informatica stanno sempre più influenzando la pratica clinica quotidiana dei medici, e nelle ultime settimane si sono intrecciati con i drammatici eventi sanitari, sociali, politici ed economici innescati dalla pandemia da SARS-CoV-2 (più noto come COVID-19).

Se i social media sono divenuti un mezzo di contatto, vicinanza e sopravvivenza per le comunità umane socialmente distanziate dal rischio di infezione da Coronavirus, i media e le Tecnologie dell’informazione e delle Comunicazioni (Ict) in ambito medico stanno avendo un percorso meno lineare, e per certi versi burrascoso, dovuto soprattutto alle ataviche barriere che impediscono l’ingresso delle nuove tecnologie nelle strutture di welfare, e alle nuove esigenze sorte in tempo di emergenza sanitaria da COVID, che hanno di fatto chiuso le porte fisiche degli ospedali all’ingresso di molti malati, lasciandole aperte solo a selezionati pazienti oncologici, oncoematologici o con patologie life threatening (cioè che mettono a rischio la vita in breve tempo).

I medici si sono trovati catapultati nella necessità di offrire una continuità assistenziale e di cure a pazienti non in presenza, senza che la stragrande maggioranza delle strutture sanitarie fossero preparate a offrire in maniera strutturata tali servizi da remoto.

Così sono state testate sul campo nuove modalità prescrittive attraverso sistemi spesso improvvisati al momento (messaggistica WhatsApp, e-mail, portali sanitari regionali riadattati all’uso emergenziale) per non lasciare i pazienti sprovvisti di farmaci spesso salvavita. Sono altresì state sperimentate nuovi strumenti di telepresenza per garantire visite mediche virtuali mediante prestazioni di telemedicina alla cui implementazione hanno supplito i singoli operatori, in carenza di servizi abilitati dalle strutture ospedaliere pubbliche.

Sebbene la prima documentazione ufficiale di telemedicina risalga a un’epoca antecedente la nascita dei computer, datata intorno al 1666, quando per ridurre il rischio di contagio un medico esaminò un paziente affetto da peste dall’altra riva di un fiume, e sebbene per la prima volta nel 1998 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha definito la telemedicina quell’emergente campo di offerta di servizi di cura tramite scambi di valide informazioni per la diagnosi, il trattamento e la prevenzione di malattie, attraverso le tecnologie Ict, a oggi non siamo ancora riusciti a rendere strutturalmente, funzionalmente e normativamente correnti e fluidi tali servizi a distanza (teleconsulti e televideoconferenze), anche quando le distanze diventano un fattore critico.

Per non parlare del campo delle infrastrutture degli ospedali digitalizzati, con accesso sicuro a tutte le informazioni rilevanti che riguardano i pazienti, i percorsi di cura e i percorsi di qualità e sicurezza del management medico e sanitario.

Nell’uso di questo strumento siamo completamente arenati, e nella nostra Sanità emergono esperienze ancora troppo scarne rispetto ai concetti di performance, sicurezza, efficienza, validità e quality management nel connubio tra medicina tradizionale e tecnologie dell’informazione al servizio della Medicina.

L’emergenza covid-19 ha scoperto questo vaso di Pandora, e l’auspicio è che possa da subito iniziare un concreto e solerte lavoro di digitalizzazione e informatizzazione della salute, che superi le pareti degli ospedali per collegare in Rete, con procedure certe, sicure, validate e normativamente accreditate, tutti i nodi del Sistema Salute.

È finalmente il tempo di aprire i servizi offerti dagli ospedali e da altri erogatori istituzionali di servizi sanitari a un sistema di accesso alle cure che sfrutti e faccia tesoro delle nuove opportunità offerte dal Terziario avanzato, e acceda alle innovazioni disponibili per semplificare tutti quei percorsi in cui la presenza fisica del paziente non è strettamente necessaria. Parliamo di quei servizi time-wasting che riguardano prenotazioni di visite, second opinion, esami di laboratorio e imaging, ritiro di cartelle cliniche, referti ed esami digitali, teleconsulti, teleconferenze, e-lerning e formazione continua, ma anche l’incontro di equipe multidisciplinari in remote networking, il confronto tra specialista e MMG per le necessità specifiche di singoli assistiti e il monitoraggio di pazienti ad alta complessità, e la prescrizione di farmaci specialistici (modalità controversa ma di fatto sdoganata durante l’emergenza COVID-19), in accordo e condivisione con il MMG.

Annarita Palumbo, architetto esperta in ciberspazi

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