La Terapia Virtuale: in cosa ci immergiamo?
La Terapia Virtuale (Virtual Therapy) è una modalità terapeutica relativamente nuova, che sta subendo rapide implementazioni a causa delle limitazioni ai movimenti fisici causati dalla pandemia da Covid-19.
Essa può essere intesa tanto come una modalità di effettuazione di una convenzionale terapia che però utilizzi per tramite un mezzo di comunicazione elettronico tra medico e paziente, tanto invece come un trattamento medico che utilizzi la realtà virtuale come se fosse un “farmaco” o “dispositivo medico”; si riferisce alla teoria, alle tecnologie ed alle applicazioni cliniche della terapia medica praticata attraverso sistemi tecnologici e virtuali.

In un senso molto vasto, la Terapia Virtuale si riferisce ad un qualsiasi trattamento terapeutico che si svolga per il tramite di tecnologie Ict (Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione) e quindi attraverso uno smartphone, un pc, una app, un device per la realtà virtuale o aumentata, etc.
In una maniera più ristretta, alcune più avveniristiche modalità di terapia si giovano delle tecnologie di realtà virtuale in maniera così fondante da non trovare corrispettivi nelle tradizionali modalità terapeutiche, come ad esempio nel campo della prevenzione e del trattamento di condizioni e malattie psichiatriche attraverso l’immersione in ambienti di realtà virtuale (Immersion in Viurtual Reality Environments) o più in generale nel campo dell’utilizzo della realtà virtuale, immersiva o mista come mezzo terapeutico.
Ogni volta che una persona effettua un trattamento medico attraverso la telemedicina, sta di fatto utilizzando la Virtual Therapy; pertanto essa può includere l’utilizzo di videoconferenza, chat ed e-mail scambiate tra medico e paziente ai fini terapeutici.

Il campo di applicazione della Terapia Virtuale è potenzialmente molto vasto ed include qualsiasi trattamento che non richieda il contatto fisico tra medico e paziente o l’effettuazione di test di laboratorio; con il progredire dei mezzi messi a disposizione dalle Ict, il confine tra terapie virtuali e convenzionali diviene sempre più sfumato, anche perché molti degli strumenti che utilizzano oggi i medici ai fini terapeutici oltre che diagnostici, si servono di Interfacce grafiche digitali che di fatto frappongono un mezzo elettronico e meccanico che funge da intermediario tra il medico ed il paziente; basti pensare all’utilizzo dei bracci robotici sempre più in vogai per effettuare interventi chirurgici di precisione, e dove il comando ai bracci stessi da parte del chirurgo possa essere impartito da distanze potenzialmente infinite. Ecco che divengono così possibili interventi dove chirurgo e paziente siano ai poli opposti della terra, dove un paziente può essere operato anche se in viaggio su un aereo, su una nave o se collocato in un qualsiasi altro posto remoto che disponga delle idonee attrezzature e di un valido collegamento internet.
La novità di queste forme di terapia non ha certamente consentito di validare tutti i tipi di trattamento medico che potenzialmente potrebbero giovarsi di tale modalità, anche se recenti studi e revisioni della letteratura suggeriscono che almeno in setting particolari si tratti di terapie efficaci e dai benefici sovrapponibili a quelli delle terapie effettuate in presenza.
A fronte di numerosi vantaggi della Terapia Virtuale – come per esempio la possibilità di aumentare l’accesso alle cure a pazienti con disabilità o che siano geograficamente isolati o che non abbiano comunque modo di accedere a centri di cura, o anche la possibilità di ridurre i costi delle cure e di aumentare la soddisfazione del paziente -, esistono anche alcuni svantaggi o punti critici da superare.
Innanzitutto è importante il superamento delle barriere e limitazioni nella disponibilità dei necessari mezzi tecnologici e nella competenza tecnologica all’uso dei nuovi device ed app (digital divide).

Importanti dubbi sulla effettività del mezzo esistono anche riguardo al fatto che con alcuni mezzi diviene difficile salvaguardare delle importanti modalità di comunicazione che attengono al tono di voce piuttosto che alla prossemica ed in generale al linguaggio non verbale e del corpo; sottovalutare questo aspetto può facilmente portare ad incomprensioni comunicative tra medico e paziente.
Infine, ma non meno importante, è l’aspetto legato alla scelta di piattaforme che tengano tutelata la privacy di dati sensibili; a tale scopo sarebbe bene affidarsi a piattaforme progettate per la specifica funzionalità e che offrano le dovute garanzie di privacy, eppure la capillare diffusione ed usabilità di alcune applicazioni e di alcuni mezzi social, ci fanno spesso derogare a questo aspetto verso cui occorre invece sensibilizzare l’utenza. In particolare, riteniamo che azioni di educazione all’uso sicuro e consapevole dei mezzi di comunicazione social, per gli utenti di tutte le fasce di età, sia un obiettivo prioritario in questo momento di prodigioso e rapido sviluppo della rete web e di applicazioni per la comunicazione sia professionale che non.

Annarita Palumbo, architetto esperta in ciberspazi.