Le falene e la luce

Ovvero: di come la Scienza e la Medicina non devono perdere la propria stella polare

Mrs Malaprop, in una rinnovata rappresentazione della commedia di Sheridan – The Rivals (1775) –, avrebbe detto:immunità di gregge” o “impunità di gregge”?

Forti di leggi etiche imperative e assolute che ancorano saldamente la Scienza e la Medicina ai propri obblighi, non possiamo neanche pensare a ipotesi di bugie, e dobbiamo altresì scartare ipotesi di omertà; allora ci resta da affrontare un discorso sull’ipotesi di ignoranza (nel suo senso più proprio di “mancanza di conoscenza”) e ci resta da affrontare un discorso su quello stato delle cose delle moderne società globalizzate e interconnesse in una rete piccolo mondo (https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_mondo_piccolo).

Oggi – con lo sviluppo dell’informatica e delle tecnologie digitali -, la rete internet costituisce uno dei maggiori fattori che determinano il rimpicciolimento e restringimento del mondo in un villaggio globale, e che determinano una riduzione dei gradi di separazione tra i suoi abitanti, grazie all’opera di quella vasta ragnatela di connessioni che è il web.

Anche i media tradizionali si sono dapprima affacciati al mondo del virtuale digitale e poi hanno iniziato ad abitarlo e viverlo da protagonisti.

Ma, ciascuno di noi, sulla rete è un ragno o una falena?

Nel web un posto speciale e di tutto rilievo è ormai occupato dalle connessioni di tipo social.

In tali reti social, accanto ai tanti benefici, dobbiamo sottolineare alcuni rischi.

Sono ormai ai più noti quelli derivanti dal faking (falsificazione).

Ma – a mio avviso -, ancor più pericolosa è la difficoltà di gestione del surplus di informazioni, sempre più inconsapevolmente delegata dall’utente ai big player del digitale, che gestiscono big data sempre più sensibili, mediante l’utilizzo di algoritmi non chiari e trasparenti all’utente.

Eppure, ancor più perniciosa, mi appare quella incapacità a farsi ascoltare in maniera profonda e umanizzante, che in rete viene esasperata per numerosi motivi.

Il mondo del virtuale digitale è un universo che ha delle proprie regole che è necessario conoscere per potervisi muovere; il fatto che qualcuno sia esperto in qualche campo delle scienze dure o delle soft science, non significa che potrà trasportare senza pericoli le proprie competenze e conoscenze sul web.

Per i non esperti del mezzo specifico è facile fare la fine della mosca cieca alla ragnatela o della falena che inciampa sulla ragnatela mentre è attratta dalla luce!

Ci ritrovammo <<per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita>>.

C’è un discorso di responsabilità e di credibilità del mondo scientifico e di quello medico, la cui voce più propria (che è sempre onesta e sincera e primariamente volta a non nuocere) deve essere “axenica” (nel senso di pura), e rispettosa della propria etica e deontologia; e non deve – mai! – essere offuscata e fatalmente attratta dalle abbaglianti luci dei riflettori mediatici e politici.

 “E pur si muove” disse Galileo (fondatore del moderno Metodo scientifico) dopo quella che per me è stata una triste e dolorosa abiura davanti al tribunale dell’Inquisizione.

Finì invece al rogo a Campo dei Fiori (17 febbraio 1600) – senza abiurare, e riabilitato solo dalla storia -, il coraggioso Giordano Bruno, campione di un pensiero moderno che aveva iniziato a distillare la Scienza dalla Magia.

Eravamo, allora, in una Roma ancora centro di un Impero che una volta mi apparve oniricamente in una visione dantesca mentre affondava il cielo giù in terra…, e poi continuava ancora più giù ad affondar le stelle. Mi apparvero, poi, i moderni imperi, che splendevano di luce abbagliante; non era una luce solare, non era luna e non eran stelle; abbagliante e oscuro come quei cieli che invece di essere città celesti che illuminano l’Umanità con la propria luce, hanno un colore plumbeo foriero di incertezze, timori e calamità; una luce ed un cielo che spaventava anche i più saturnini.

Un altro nolano, il 19 agosto 1556, fu giustiziato dall’Inquisizione in Piazza Navona.

Il nostro secondo nolano era lo studente Pomponio de Algerio.

Pomponio quel giorno fu cotto mediante immersione in una pentola messa al fuoco a bollire con olio, pece e trementina.

Pomponio era stato dichiarato eretico perché insegnava che il cristiano si salva con le opere e «non per il mero sangue de Christo», e poi anche perché, una volta in carcere, aveva osato affermare che «nisun christiano restringere se debbe, possendo ogni chiesia particulare in alcune cose errare, et essa chiesia romana in più cose deviare dal vero».

Il De Algerio morì in 15 minuti, e non sprecò un grido o un lamento; invece pronunciò queste ultime parole: «Suscipe, Deus meus, famulum et martyrem tuum», (trad.: accogli, mio Dio, il tuo servo e martire).

Il nostro Pomponio – a suo modo modernissimo studente di scienze, che aveva affermato che la Chiesa romana non era la Chiesa universale ma una chiesa particolare -, morì dopo aver patito già più di un anno di arresto presso la Santa Inquisizione. Mai cedette al ricatto di trasformarsi in delatore; la lusinga della effimera sfavillante luce non ebbe presa su di lui, e così furono salvi anche i propri compagni.

Ma di roghi ne esistono di tanti tipi; tutti emanano luce. Alcuni sono di ordine inverso rispetto ai due di cui abbiamo appena detto.

Spesso la luce è metafora di conoscenza e grazia; ma attenzione alle metafore, che come sibille, possono sparigliare le carte e condurci lì dove non volevamo giungere.

È proprio della Scienza e della Medicina – anche se il percorso ed il processo sono faticosi, lunghi e talora dolorosi – rompere il muro di ignoranza (la scienza moderna è propriamente conoscenza operativa) e dare coraggio, vigore e forza a quelle vie del pensiero e del fare che aprono nuovi orizzonti.

Talvolta tocca anche squarciare veli di ipocrisia.

Talvolta tocca anche far notare l’elefante nella stanza, a quanti non riescono o non possono o non vogliono vederlo.

E sempre ci tocca – in quanto Medici e non solo scienziati – onorare i nostri imperativi etici e deontologici, posti al servizio dell’Uomo e della Vita.

Sono questi imperativi che, per me, ogni uomo dovrebbe onorare in quanto Essere Umano: sono imperativi che la Medicina dovrebbe diffondere al mondo intero.

La luce viene utilizzata dalle falene come guida per i loro voli notturni: come la stella polare per i naviganti, una volta c’era la luna per le falene.

Le falene, questi insetti lepidotteri che per 200 milioni di anni non avevano conosciuto le luci artificiali e si erano specializzate per volare secondo un orientamento trasversale (che gli permetteva di percorrere tragitti in linea retta mantenendo un angolo fisso con la luce della luna proveniente verticalmente dall’alto), si sono trovate spiazzate dall’innovazione.

Infatti, ad un certo punto dell’evoluzione della vita, grazie a prometeici uomini, sono arrivate le luci artificiali; con queste luci sono migliorati tanti fari, ma per le falene (farene mi vien da dire con un neologismo che non si leva dalla mente) sono cominciati i voli a spirale attorno a quelle che sembravano fonti luminose finalmente raggiungibili.

Dopo milioni di anni di quello che poteva sembrare il vano sforzo di Sisifo declinato nel volare verso l’irraggiungibile Luna, finalmente le nostre falene han potuto guardare e raggiungere luci ben più luminose!

Ma è stato un bene per loro?

È cominciato l’effimero innamoramento delle falene per i raggi infrarossi, che tanto assomigliano allo spettro di rifrazione luminosa dei feromoni femminili della loro specie; è cominciato l’innamoramento per i raggi UV, da cui pure tanto sono attratte le falene (e ancora non conosciamo un perché, nè sappiamo se un perché ci sia).

Rapite dalla intensa luce e con la speranza di trovare l’oggetto del loro desiderio, ormai, le falene rischiano il rogo. Non più dalla luce della luna si fan guidare ma dall’ingannevole e mortale faro dall’effimero.

Muoiono le falene su un rogo su cui vien riscaldata la falsa ricetta della Grande Opera dell’alchimia della Scienza moderna!

A fine 2019, in Cina, è stato registrato il primo outbreack (“esplosione”) di Covid-19, ossia della malattia dovuta all’infezione da Coronavirus-2, responsabile della Sindrome Respiratoria acuta (SARS-CoV-2); il 31 dicembre 2019 le autorità sanitarie cinesi hanno notificato un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota a Wuhan; il 09 gennaio 2020 il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Cina ha identificato un nuovo coronavirus con capacità di trasmissione inter-umana; rapidamente l’epidemia della provincia di Hubei si è trasformata in pandemia e ha coinvolto la salute e l’economia del mondo intero. L’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato la pandemia da SARS-CoV-2.

Per limitare la diffusione di questa pericolosa e talora mortale malattia, le iniziative della maggior parte dei paesi del mondo, hanno riguardato: l’isolamento della popolazione (distanziamento sociale e lockdown); l’utilizzo di presidi di protezione personali (mascherine per tutti, quando disponibili, ed altri più impegnativi per gli operatori sanitari e a rischio, sempre quando son stati disponibili); l’utilizzo di farmaci già in commercio, anche se non specifici; lo sviluppo di farmaci specifici; e soprattutto lo sviluppo di vaccini.

Il punto di vista che subito si è cristallizzato ed è divenuto un mantra è stato:

<<il covid-19 persisterà, e in mancanza di un trattamento specifico, un vaccino è urgentemente necessario>>.

Ed è così, che come scienziati e medici nel mare dell’incertezza, dell’urgenza e delle difficoltà sanitarie, abbiamo avuto la nostra Stella Polare: il vaccino.

Generalmente erano richiesti almeno 12-18 mesi per sviluppare un nuovo vaccino, considerati i processi di sviluppo, le sperimentazioni cliniche e le approvazioni da parte degli Enti regolatori preposti.

Ma l’impegno della ricerca, delle Big Pharma, degli Enti regolatori e della Politica, è stato forte; e così, ben presto, è sembrato che la luce in fondo al tunnel fosse divenuta visibile e raggiungibile!

Ed è così che, come umanità nel buio, abbiamo avuto anche la nostra Luna.

Il 16 marzo 2020 è partito il primo trial clinico (sperimentazione) con l’utilizzo di un rivoluzionario vaccino ad mRNA (RNA messaggero: un biomateriale genico che trasporta informazioni decifrabili dalle nostre cellule, e che è facilmente deperibile in condizioni ambientali “naturali” e non protette) incapsulato in nanoparticelle lipidiche.

Si tratta del LNP-encapsuled mRNA-based vaccine, mRNA-1273 sviluppato da Moderna e VCR (Vaccine Research Center dell’Istituto Nazionale di Allergia e Malattie Infettive NIAID).

Una donna di 43 anni è stata il primo essere umano arruolata nello studio di fase 1, presso il Kaiser Permanente Washington Health Research Institute di Seattle.

La fase 1 di mRNA-1273 serviva per valutare la sicurezza e l’immunogenicità del vaccino.

Le successive fasi di studio servivano per determinare l’efficacia e la dose efficace del nuovo vaccino a mRNA.

Il resto è storia corrente.

I dati del Ministero della Salute italiano, oggi 25 settembre 2021, ci dicono  che al 23 us, alle ore 17.10, sono stati confermati quasi 230milioni di casi di Covid-19 al mondo dall’inizio della pandemia (229.858.719 casi registrati ufficialmente); e ci avviamo tristemente verso i 5milioni di morti (4.713.543 morti ufficializzate).

Alla data del 23 settembre 2021, sono state somministrate quasi 6miliardi di dosi di vaccino (5.874.934.542 dosi totali).

Il calcolo è semplice: la mortalità umana complessiva da SARS-CoV-2 è al momento del 2,050%.

Ben più complesso sarebbe calcolare le percentuali di altri parametri, inerenti sia la salute che l’economia. Oggi, nemmeno riusciamo ancora a spiegare ex post i motivi reali dei foci di maggiore virulenza e mortalità, quali si sono avuti ad esempio con la prima ondata pandemica in aree geografiche come il Nord Italia.

Speravamo che i vaccini sviluppati contro SARS-CoV-2 – che hanno come target (bersaglio) immunologico la proteina S (spike) del virus – oltre che immunogeni e protettivi (ossia: in grado di elicitare nel vaccinato una risposta immunitaria protettiva) fossero anche di tipo sterilizzanti (Sterilizing Immunity: ossia capaci di bloccare il contagio da parte del virus alla persona vaccinata, e capaci di non far trasmettere il virus da una persona vaccinata ad altre persone).

La vaccinazione è il Santo Graal della Immunologia!

Ma abbiamo chiesto l’impossibile a questi vaccini contro SARS-CoV-2!

Essi ci stanno fornendo una importantissima protezione contro le forme più gravi e severe di infezione Covid-19.

E quindi ne stanno limitando la virulenza sotto numerosi aspetti!

Ma non bloccano in maniera assoluta il contagio (infezione) né la contagiosità (trasmissione del virus) del vaccinato!

E quindi sono vaccini non sterilizzanti, detti anche in gergo “vaccini imperfetti”, proprio perché non bloccano la diffusione del virus nella popolazione, benché siano protettivi dalla espressività clinica severa della malattia a vantaggio del singolo individuo.

E quindi sintetizzando: i vaccini attualmente in uso contro SARS-CoV-2, sembrano essere protettivi contro le forme gravi di Covid-19 ma non sono protettivi contro la diffusione del nuovo coronavirus.

Questo, significa pure che la Immunità di gregge (Herd Immunity), tanto agognata ed innalzata come Totem e Tabù sacro da imporre alle comunità umane, e come faro di luce per uscire dalla tempesta della pandemia, è un obiettivo fuori dalla portata del vaccino.

Peraltro, la forma di editing del vaccino stesso (come d’altronde avviene anche con la comune Influenza, per cui bisogna riproporre annualmente il vaccino, e per cui non si è mai riuscito a raggiungere una immunità di gregge) rischia di divenire rapidamente obsoleta a causa della elevatissima capacita di mutazioni del nuovo coronavirus, che si comporta come il dio Proteo che cambia forme in varianti sempre nuove e differenti, che cercano di adattarsi meglio alla porta d’ingresso delle nostre cellule (relazione recettoriale tra spike virale e recettore ACE2 cellulare) e che cercano di eludere meglio il nostro Sistema Immunitario di sorveglianza e difesa.

Peraltro, ancora non conosciamo (né lo stiamo cercando!) il tipo di regime di pressione selettiva a cui è naturalmente sottoposto nell’ecosistema il visus SARS-CoV-2.

Né tantomeno sappiamo a quale tipo di pressione selettiva i vaccini in uso stanno sottoponendo il virus.

Soprattutto, nel momento in cui è stata operata la scelta politica di vaccinare estensivamente soggetti già di per sé a basso rischio di contrarre forme severe di malattia Covid-19, non sappiamo a quale nuova pressione selettiva stiamo ponendo il nuovo coronavirus.

Ricordiamo che gli attuali vaccini in uso contro SARS-CoV-2 sono ancora in fase di sperimentazione e valutazione per la maggior parte dei Paesi, che li stanno utilizzando con una “autorizzazione condizionata” (Cma) o con una “autorizzazione di emergenza”.

Nell’area occidentale del pianeta, una eccezione è costituita dal vaccino “Pfizer” (Comirnaty) che ha ricevuto, per ora solo in USA dall’FDA, una approvazione definitiva il 23 agosto 2021; l’indicazione medica è per la prevenzione della malattia Covid-19 in individui di età pari o superiore a 16 anni!)

Ricordiamo che l’Europa – che ha come ente regolatorio del farmaco l’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) e non l’FDA (Food and Drug Administration) che invece opera in USA -, ha utilizzato un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata per i vaccini attualmente in uso contro SARS-CoV-2, e non un’autorizzazione di emergenza come invece hanno fatto USA e la maggior parte degli altri Paesi. Le autorizzazioni Cma sono fornite con obblighi, garanzie e controlli specifici, e ad oggi nessuno dei vaccini in uso nell’area UE ha potuto convertire l’autorizzazione in uso in un’autorizzazione piena (ad esempio, all’EMA, i rapporti finali per Comirnaty dovrebbero essere presentati a dicembre 2023).

Di fatto, mentre tanto si discute di obbligo vaccinale, di “obblighi indiretti” e di carte verdi,  stiamo ancora in una fase che dovrebbe essere di intensiva valutazione di questi vaccini! Soprattutto per quanto riguarda i gruppi di età più giovane e il tipo di varianti virali emergenti e con verosimile convergenza evolutiva.

Secondo una minoranza sempre più zittita dal coro, contro un virus dagli aspetti ancora perlopiù ignoti, e sotto pesante e sconosciuta pressione evolutiva, e che ne causa un 2% di mortalità (e non il 25-50% di mortalità che causò la peste nera in Europa tra il 1347 e il 1352; né il 34% di letalità del coronavirus MERS del 2014, né il 10% di SARS-CoV-1 del 2003-2004) sarebbe auspicabile percorrere le vie scientifiche ufficialmente riconosciute per la pratica medica ordinaria e per la sperimentazione medica, anziché immaginare fughe in avanti incaute.

Tutti gli Immunologi che conoscono a fondo la storia della vaccinazione applicata in campo veterinario contro il virus della malattia di Marek (MDVs), sperano che non si stia percorrendo la stessa strada con i coronavirus emergenti!

I nuovi ceppi comparsi del virus della Malattia di Marek (MD) sono in grado di superare l’immunità vaccinale e possono essere fortemente immunosoppressori.

Sebbene i nuovi vaccini contro MD siano efficaci nel ridurre la virulenza della malattia nei polli da allevamento, essi non sono però in grado di evitare completamente infezione e trasmissione del virus stesso: sono cioè vaccini “imperfetti” o “incompleti”.

Ciò ha innescato una dinamica evolutiva del tipo Regina Rossa, in cui virus e polli trovano continui nuovi adattamenti reciproci, con una resa netta che possiamo sintetizzare così ad oggi: un beneficio per i singoli polli che si sottopongono al giusto regime di vaccinazione, ma importanti svantaggi per la comunità avicola presa nel suo complesso, che ormai non può più sottrarsi alle necessità vaccinali con sempre nuove edizioni vaccinali adattate ai cambiamenti del virus; inoltre, purtroppo, la comunità avicola ha oggi, in MDVs, un temibile agente patogeno profondamente trasformato rispetto alle origini e ormai sempre più difficile da combattere, un agente la cui maggior virulenza è stata innescata dal regime di pressione selettiva che l’uomo ha introdotto con vaccini non sterilizzanti per la MD.

Infatti, nell’evoluzione storica della MD è accaduto che l’agente causale è diventato sempre più virulento nel corso dei decenni.

R.L.Witter (1997) ha studiato la virulenza di 35 ceppi di MDV isolati tra il 1960 ed il 1997: in tale periodo, sotto pressione selettiva vaccinale, non solo il virus di Marek ha acquisito il vantaggio competitivo di superare l’immunità vaccinale, ma ha anche acquisito ulteriore virulenza. Infatti, mentre i ceppi virali isolati negli anni ’60 dello scorso secolo fossero ceppi virulenti del MDV (vMDV), quelli isolati negli anni ’80 erano divenuti ceppi a maggiore virulenza (very virulent MDV – vvMDV), e quelli isolati negli anni ’90 si erano trasformati in ceppi con ancora maggior grado di virulenza (very virulent plus MDV – vv+MDV).

La lezione da apprendere è che la pressione selettiva di vaccini imperfetti che proteggono dalla malattia ma non dall’infezione può causare un adattamento inverso!

Ci auguriamo che i moderni vaccini per le malattie virali non determinino mai più una fuga selettiva che indirizzi varianti o ceppi virali verso una maggiore virulenza.

Ma perché l’augurio non resti solo una speranza aleatoria, è necessario che la scienza sviluppi strumenti e atteggiamenti in grado di comprendere, analizzare e guidare il tipo di pressione selettiva che esiste su sistemi biologici in coevoluzione.

La nuova Scienza della Complessità, che ci auguriamo faccia finalmente il proprio ingresso ufficiale, deciso e definitivo, in Medicina e nel campo del sociale e della politica, dovrebbe proteggere il presente e progettare il futuro, dovrebbe finalmente pensare e agire conoscendo e gestendo l’evoluzione dei Sistemi Adattivi Complessi (CAS), quale può essere quello in cui l’umanità è attualmente impantanata, della coevoluzione tra un agente virale, l’uomo e l’ambiente che li ospita.

Al momento non possiamo che augurarci che la variante Delta di SARS-CoV-2, sebbene più contagiosa, non sia anche più virulenta sotto altri aspetti patologici.

Anzi – poiché contagiosità di un agente virale e gravità della malattia non sono aspetti necessariamente associati -, ci auguriamo che possa emergere nel complesso dialogo biosemiotico tra nuovo coronavirus, uomo e ambiente, una variante ad elevata contagiosità e bassissima aggressività clinica; per intenderci: il corrispettivo naturale dei vecchi virus attenuati (indeboliti), che per tanto tempo l’Immunologia ha utilizzato come efficace (anche se non scevro da rischi!) strumento di vaccinazione contro gravi malattie infettive.

La situazione ad oggi è sinteticamente questa: purtroppo i vaccini utilizzati non impediscono l’infezione da nuovo coronavirus, e non è affatto chiaro quanto quegli stessi possano essere efficaci nella protezione dalla sindrome long-Covid;

ancora: al momento, le domande sulla variante Delta rimangono in attesa di risposta (quanto è probabile che δ possa causare una forma più grave di Covid-19? Riesce di più o di meno ad eludere il Sistema Immunitario? Etc.);

e per proseguire su temi ancor più complessi e delicati: la agognata Immunità di gregge potrebbe non essere il modello di riferimento nella strategia di guerra contro SARS-CoV-2;

ed infine: è corretto sottoporre SARS-CoV-2 ad un regime di selezione artificiale – indotto da vaccinazioni di massa asincrone (le differenze nella copertura globale del nostro piccolo mondo che è la Terra, è incredibilmente differente tra le zone più ricche e quelle più povere del globo!) e non sterilizzanti – del tipo Regina Rossa, coinvolgendo anche soggetti che con i ceppi/varianti virali attualmente circolanti sono perlopiù naturalmente resistenti alle forme gravi di Covid-19? O piuttosto sarebbe preferibile proteggere con gli attuali vaccini non sterilizzanti/imperfetti solo i soggetti più fragili e a rischio di forme gravi di Covid-19? E lasciare quindi emergere una dinamica di evoluzione differente da quella della Regina Rossa, ossia quella del Buffone di Corte?

Nella scelta strategica Regina Rossa vs Buffone di Corte, sceglierei senza dubbi la prima solo se i vaccini a disposizione fossero di tipo sterilizzante e non imperfetti!

I due regimi di corsa evolutiva non sono mutualmente esclusivi, e così, potremmo anche decidere di diversificare la nostra strategia di azione, sì da proteggere i più fragili con la Regina Rossa e i più resilienti col Buffone di Corte (il modello del Buffone di Corte prevede che l’evoluzione sia il risultato della risposta ai cambiamenti ambientali).

Siamo in guerra contro un nuovo virus e speriamo di poter vincere con gli strumenti messi a disposizione dell’uomo da nuovi paradigmi e strumenti scientifici, e speriamo di non trasformare questa guerra in scenari più oscuri e tremendi, percorrendo pericolosi vicoli evolutivi!

Il grande filosofo e generale cinese Sunzu (544 a.C.-496 a.C.) scrisse che la <<guerra è di somma importanza per uno Stato: è sul campo di battaglia che si decide la vita o la morte delle nazioni, ed è lì che se ne traccia la via della sopravvivenza o della distruzione. Dunque è indispensabile studiarla a fondo>>. Invitava a considerare gli aspetti fondamentali di una guerra e di analizzali mediante sette criteri di valutazione, sì da poter definire la propria strategia. <<Il primo degli elementi fondamentali è il Tao; il secondo è il clima; il terzo è il terreno; il quarto è il comando; il quinto è la dottrina>>.

Domandiamoci tutti: nella nostra civiltà quanto di quest’arte ancora conserviamo e coltiviamo?

<<Col termine Tao, intendo tutto ciò che induce il popolo ad essere in armonia coi suoi capi, per la vita e per la morte, sfidando anche il pericolo estremo. Col termine clima, intendo l’azione complessiva delle forze naturali […]. Col termine terreno, intendo […] le eventualità di sopravvivenza o di morte che offre. Col termine comando, intendo le qualità di saggezza, rettitudine, di umanità, di coraggio e di severità del generale. Col termine dottrina […], intendo l’organizzazione e il controllo, la nomina di ufficiali adeguati al grado, ossia la gerarchia, e la gestione dei mezzi di sussistenza necessari all’esercito, ossia la logistica>>.

Per ora non possiamo che sperare di non farci abbagliare come ottuse falene dalle false luci, e dobbiamo tutti lavorare al meglio perché si possa uscir a riveder le stelle.

Beniamino Casale, responsabile IPAS Terapie Molecolari e Immunologiche in Oncologia – AO dei Colli – Ospedale Monaldi.

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