L’aumento delle aspettative di vita, il ruolo più attivo del paziente nel processo di cura, l’incremento del contenzioso sanitario per presunto danno subito, sono alcuni degli elementi che richiamano l’attenzione sull’importanza della comunicazione in sanità.
A nostro avviso, l’informazione e il consenso informato sono momenti estremamente importanti di contatto con l’assistito. Dati statistici dimostrano infatti che gran parte dei contenziosi nasce da problemi di comunicazione.
Si ritiene che comunicare efficacemente con il paziente sia necessario affinché quest’ultimo possa sottoscrivere consapevolmente e autonomamente il consenso informato.
Il verbo comunicare deriva dal latino communicare e significa mettere in comune, rendere noto, ed è proprio questo il processo che avviene quotidianamente nello scambio d’informazioni non solo tra operatori sanitari, ma anche tra operatori e paziente.
Nel processo di nursing la comunicazione, per troppi anni considerata un processo spontaneo, naturale, affidato alle capacità empatiche del sanitario, sta finalmente acquisendo l’importanza che merita. Proviamo a immaginare un medico che deve comunicare una diagnosi al malato, informandolo sul decorso della malattia e su tutti i provvedimenti da assumere. Il più delle volte, agli occhi del paziente il professionista sanitario appare sfuggente, avvolto da uno scudo difficile da scalfire. Succede un po’ per i ritmi frenetici ai quali noi professionisti sanitari siamo costantemente sottoposti, ma soprattutto per difenderci da un eventuale coinvolgimento emotivo, rischiando di non essere più quelle braccia forti e salde capaci di sorreggere l’ammalato.

Per questo motivo il dialogo medico-paziente deve aprirsi all’infermiere, colui che accoglie il primo sguardo spaventato di un paziente disorientato, colui che accarezza e rassicura quella mano tremante, colui che rispetta i tempi dell’ammalato e lo aiuta a comprendere termini tecnici molto spesso difficili da intendere. L’infermiere è generalmente uno tra i primi operatori sanitari con cui il paziente entra in contatto, creando la giusta relazione terapeutica e mettendo in essere tutte le conoscenze e capacità comunicative.
Partendo dalla certezza che una’esaustiva e adeguata informativa consente l’acquisizione del consenso informato da parte delpaziente realmente consapevole, l’infermiere deve esporre con un linguaggio chiaro, semplice e congruo al livello di alfabetizzazione del soggetto interessato, la procedura diagnostica e/o terapeutica, rischi e altrettanti benefici cui l’assistito potrà trarne, senza omissioni e senza influenze.
A dispetto di quanto pensino alcuni, il momento dell’informativa è un tempo molto utile, durante il quale tra il professionista sanitario e il paziente s’instaura un vero rapporto di fiducia, grazie alle doti comunicative ed empatiche del primo, alleviando così lo stato d’ansia in cui verte inevitabilmente l’assistito, e favorendo una maggiore compliance. La somministrazione dell’informativa racchiude in sé non soltanto le fondamentali basi per l’acquisizione di un consenso informato consapevole, nel rispetto del principio dell’autodeterminazione dell’assistito, ma dà al professionista sanitario la possibilità d’immedesimarsi nell’altro provando a carpire anche quella parola non detta, quel timore non espresso.
Per quanto difficile possa essere accogliere la sofferenza dell’ammalato mantenendo integra la solennità del proprio ruolo, noi professionisti della salute oggi non siamo chiamati a concentrarci esclusivamente sulla malattia vista come protagonista del processo di cura, bensì sulla persona, fulcro di ogni nostra azione. In altre parole, senza informazione e consenso informato oggi non si può parlare di buona medicina.

Alessia Bucarelli: infermiera, ama la musica e suona il violino, violinista, ballerina di danza classica e moderna