L’ISLAM E LA DONNA.

Takbir, Allahu akbar

Esultate, perché Dio è più grande di ogni cosa…….

Questa espressione che riempie di terrore, perché chi la urla all’improvviso in un mercato, in un aeroporto tra la folla è pronto a farsi esplodere, è in realtà la prima pronuncia del Corano, la confortante affermazione per i credenti che esiste conforto e speranza da parte di Colui che è al di sopra di tutto e veglia sul suo popolo.

Da grido di guerra a pensiero di pace, ogni espressione religiosa muta di significato nel contesto in cui viene utilizzata.

Così è per quanto concerne la condizione della donna, che il Corano, quale testo religioso, pone innanzi a Dio come uguale all’uomo, riprendendo la pronuncia biblica che Eva nasce dalla costola di Adamo perché siano complementari l’uno all’altra. Le diseguaglianze sono sul piano sociale, derivano dalla storia, dalla differenza di status e dalle diverse responsabilità.

Nel Corano, si legge che la testimonianza (la parola) di una donna vale la metà di quella di un uomo. La donna, ha poco potere contrattuale nella vita pubblica, le sue affermazioni non valgono quanto quelle dell’uomo, non ha lo stesso potere. A lei è affidata la casa e la cura dei figli, mentre l’uomo ha l’obbligo di provvedere ai bisogni della famiglia.

Il Corano dice pure, badate bene, che le donne possono usare il proprio denaro per sé, mentre l’uomo, per non cadere nel peccato, deve destinare la maggior parte dei suoi averi alla famiglia.

Rispetto alle società precoraniche, la donna non è trattata come una schiava, ha un suo ruolo ed è degna di rispetto, solo che il suo potere si esprime nelle attività domestiche. Inoltre, la donna non deve essere costretta a cedere i propri beni contro la sua volontà. Il Corano e la Sunna, la raccolta dei precetti di Maometto, che insieme costituiscono la Sharìa, la legge islamica, prospettano dei principi di equità, di pace sociale per regolare la vita delle tribù e rendere stabili i governi. Purtroppo nelle società arcaiche la spinta verso il dominio maschile è comune e, per garantire stabilità alla famiglia, la donna passa dalla tutela del padre a quella del marito, il quale si impossessa della dote, quindi di tutti i beni della sposa.

Anche la poligamia è contemplata sia dal Corano che dalla Bibbia (le mogli di re Salomone) perché la nascita di molti figli possa aumentare il benessere delle famiglie, ma nella Sura delle donne (Sura è il capitolo, una delle 114 ripartizioni del Corano) è scritto: se temete di non essere giusti con loro, sposatene una sola. Come dire, evitate gelosie e rivalità, soprattutto se non potete mantenerle tutte adeguatamente … meglio una sola moglie che la guerra in casa…

Nel Corano sono anche frequenti le raccomandazioni a trattare con gentilezza e giustizia le mogli, che vanno rimproverate o battute solo per gravi nefandezze. Le donne possono anche ripudiare i mariti in caso di maltrattamenti. Ma ovviamente l’interpretazione è andata sempre a favore della supremazia maschile.

Ugualmente nel tempo, la previsione coranica di punire gli adulteri con cento frustate è involuta nella pratica della condanna a morte tramite lapidazione, pratica presente anche nella società ebraica sino alla pronuncia del Cristo chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Nella Sura della Luce si enuncia il principio più dibattuto e controverso della società islamica nei confronti della donna, l’uso del velo.

Il verso 31 recita: i credenti abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne, che le donne non mostrino le loro parti belle se non all’interno delle case e che non battano i piedi mostrando le loro parti.

Questo passo è stato interpretato nel senso che le donne devono avere pudore, non devono offendere il padre o il marito mostrandosi ad estranei discinte, trasandate, perché sulla famiglia cadrebbe la loro vergogna (mai nella società islamica un errore, un cattivo comportamento rientra nella sfera del singolo, colpisce l’intero gruppo che ne deve rispondere; da qui le faide familiari), ma non risulta nel Corano alcuna esplicita menzione riguardo a un vero e proprio obbligo del velo. Nell’epoca medioevale il velo era l’ornamento delle nobili mogli e figlie dei Califfi e degli Emiri, i dignitari di corte, e solo molto più tardi è divenuto di uso comune, cambiando di paese in paese nella lunghezza e nel colore.

Il più solenne è il velo nero, del colore della Kaaba, la pietra nera sacra. Diverso è ciò che riguarda il battere i piedi, ovvero la danza, che viene vietata categoricamente, tranne nei matrimoni e nelle cerimonie religiose. Il battere i piedi collega all’uso della cavigliera, un ornamento tipico dell’Oriente, che veniva usato solo dalle odalische.

Le danze orientali, che ci richiamano le Mille e una notte, sono estremamente sensuali, perché compiute da cortigiane e schiave, meretrici esperte nella seduzione del padrone e dei suoi ospiti e, ovviamente, proibito alle madri di famiglia.

La danza scivola nel peccato, è opera di Sheitan, il demonio in arabo, come il riso, lo schiamazzo. La religione musulmana è come tutte le religioni orientali una fede mistica, fondata sulla meditazione intimistica, sulla ripetizione continua della preghiera sulla litania del Muezzin, che induce alla catarsi e alla pace interiore. La meditazione è frutto del silenzio…

E nel silenzio meditava Maometto, quando l’Arcangelo Gabriele gli suggerì di terminare la solitudine della vedovanza e di sposare Aysha, la figlia di Abu Bakr, il confidente del Profeta, colui che ne diverrà il successore. La bambina aveva appena sei anni quando fu portata nel palazzo del Profeta. Ma questi le destinò stanze in cui poteva giocare con le bambole e la leggenda vuole che il marito si avvicinò alla giovane solo al compimento dei suoi ventiquattro anni.

L’uomo pio ha avuto coscienza e rispetto. Ed è ciò che ogni credente dovrebbe ricordare di avere, e porre così fine alla pratica barbara delle spose bambine, che vengono vendute come unico bene in cambio del denaro che occorre alla sopravvivenza.  Molto è da farsi in termini di cultura ed emancipazione economica per sollevare paesi come lo Yemen, l’Afghanistan, il Bangladesh da simili forme di schiavitù.

Tornando alla storia di Aysha, la moglie del Profeta, sempre accanto al marito, ne condivise e diffuse gli insegnamenti, tanto da essere definita Madre dei credenti.

Che grande valore ha dunque l’essere femminile in questa vita, se qualsiasi Dio, per completare la propria opera, ha bisogno della presenza di una donna, che sia la Madonna, o Aysha…

Paola Somma, vicequestore Polizia di Stato, scrittrice

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