Già gli antichi greci sapevano che ciascun numero è divisibile in numeri primi indivisibili, e che i numeri primi sono i mattoncini costitutivi di tutti gli altri numeri.
Allo stesso modo, è ormai noto che in geometria esistono delle forme basilari di oggetti simmetrici che combinate tra loro rendono conto delle simmetrie di qualsiasi oggetto; infatti, con la teoria dei gruppi c’è stata la rivoluzione matematica che ha portato alla scoperta dei mattoncini basilari, indivisibili e componibili tra loro, nascosti alla base della simmetria di tutti gli oggetti. Una volta scoperti i mattoncini basilari della simmetria, per la matematica iniziò la classificazione del mondo delle simmetrie, e fu così che tra l’Ottocento ed il Novecento dello scorso millennio si iniziò a compilare ed infine a completare una “tavola periodica” degli oggetti indivisibili alla base di tutte le simmetrie esistenti. Negli anni sessanta del Novecento, centinaia di matematici di ogni dove, parteciparono all’avventura della scoperta dei confini dell’universo della simmetria, chi con l’intento di dimostrare l’impossibilità dell’impresa di stabilirne dei limiti definiti, chi invece con l’intento opposto. Le ipotesi in gioco erano due: o il mondo delle simmetrie era un universo chiuso e finito, con solo un certo numero di mattoncini base ovvero era un universo aperto, fatto di infiniti mattoncini base. Negli anni Ottanta dello scorso secolo, la corsa alla scoperta degli oggetti matematici simmetrici finì e la domanda trovò una curiosa risposta. Solo i matematici si accorsero di questa scoperta importantissima: l’universo dei mattoncini delle simmetrie era un universo vasto ma finito. Per la prima volta nella storia della matematica venne fuori una dimostrazione raggiunta attraverso il lavoro di un esercito di almeno cento persone e non di un singolo genio; uno sforzo collettivo, come in altri ambiti della scienza, aveva dato un delizioso frutto, fatto di una struttura non casuale, la cui mappa completa era illustrata su almeno 10.000 pagine di dimostrazioni matematiche divise in 500 diverse riviste specialistiche.

Ed è così che infine nacque e fu pubblicato nel 1985, quello che è oggi noto come ”l’Atlante” (Atlas of Finite Groups): un enorme tomo rosso che contiene la carta matematica che raccoglie e documenta la topografia di ciascun gruppo di simmetrie esistente; a tale Atlante si sono rivolti numerosi settori della chimica e della fisica – oltre che della matematica stessa -, poiché tanti fenomeni sono oggi spiegabili attraverso la simmetria che è racchiusa nelle strutture esaminate da queste discipline, e tanti altri lo saranno in futuro, poiché gran parte delle scienze, anche quelle biologiche (e basti pensare alle simmetrie di organizzazione morfologica di tutti gli esseri viventi, ed alle simmetrie geometriche degli involucri biologici dei virus) sono fondate sulla simmetria e dipendono in ultima analisi da questa. Con questa singolare avventura matematica si era infine conclusa la classificazione della tavola delle simmetrie. Sfogliando l’Atlante, ci si può imbattere in una pagina posta verso la fine del tomo, che ha quest’intestazione: <<M>>; M sta per Mostro, ed il Mostro che è un oggetto matematico simmetrico indivisibile, scoperto nel 1980, che diviene “visibile” solo in uno spazio di quasi 200.000 dimensioni (a fronte delle nostre ordinarie 4 dimensioni spazio-temporali); si tratta di un oggetto armonico che ha un numero di simmetrie che è maggiore del numero di atomi che compongono il nostro sole.
A distanza di pochi anni, ma siamo già nel millennio successivo, in un ambito disciplinare molto differente, ci si è posti una domanda simile a quella che è stata alla base della nascita dell’Atlante delle simmetrie.

In questo caso siamo nelle scienze dure della vita, ed in particolare in biologia e medicina, dove in ambito oncologico ci si è chiesti: <<le mutazioni genetiche responsabili dell’insorgenza dei tumori sono in un numero finito ovvero infinito?>> e ci si è chiesti <<esistono dei mattoncini base responsabili di tutti i tumori conosciuti?>>.
Ed è stato così che tra il 2005 ed il 2008 sono partiti due distinti progetti per la mappatura di un altro universo vasto e quasi del tutto sconosciuto: quello delle mutazioni genetiche responsabili di tutte le forme di cancro. Si tratta di due distinti progetti: il Cancer Genome Atlas (TCGA) e l’Internatonal Cancer Genome Consotrium (ICGC) finalizzati ad accelerare la comprensione globale della genetica del cancro e quindi a comprendere quali dei circa 23.000 geni del genoma umano fosse coinvolto nella oncogenesi tumorale. L’Atlante genetico dei tumori (il PanCancer) è ormai completo e raccoglie l’identikit di circa 10.000 geni, raggruppati in 33 famiglie che da sole sono responsabili di tutti i tipi noti di tumori.

Anche in questo caso si è trattato di una impresa colossale, che ha richiesto un decennio di lavoro da parte di numerosi ricercatori distribuiti in ogni dove, ed un investimento che per il TCGA ha richiesto circa 300 milioni di dollari ed ha generato oltre 2,5 petabyte di dati, che sono oggi a disposizione della comunità scientifica per ulteriori ricerche ed applicazioni; i risultati sono stati pubblicati in 29 articoli distribuiti su 4 prestigiose riviste scientifiche di biologia cellulare, oncologia ed immunologia. Anche in questo caso, c’è stata la sensazionale scoperta che la complessità genetica dei tumori non è infinita come invece si pensava. Analizzando il DNA di migliaia di tumori, l’Atlante ha permesso di identificare 3 processi essenziali per lo sviluppo del cancro: le mutazioni genetiche acquisite o ereditarie, l’interazione tra Ambiente ed attività dei geni, l’interazione tra Sistema Immunitario e tumore. Sono state individuate e catalogate le mutazioni tumorali driver e quelle passenger, ossia le mutazioni che pongono una impronta molecolare e guidano in prima linea lo sviluppo di uno specifico tumore e quelle che invece rendono conto di caratteristiche biologiche accessorie – ma non secondarie -, dei tumori stessi. L’Atlante non solo ha identificato i luoghi precisi in cui può nascere e svilupparsi un tumore ma ha anche messo in evidenza le vie molecolari verso cui ciascun tumore può incanalarsi, acquisendo capacità di maggiore o minore aggressività e resistenza.
Identificando le mutazioni geniche che caratterizzano ciascun tipo di tumore, si è anche scoperto che oltre la metà dei tumori umani potrebbe essere colpito da farmaci già disponibili.
Tutto questo ha aperto la strada alla cosiddetta Medicina di Precisione che attinge alla metafora del colpire il cancro sul suo tallone di Achille attraverso il genetic profiling (profilazione genetica del tumore) ossia puntare le armi terapeutiche su quelle anomali genetiche che determinano la nascita e lo sviluppo dei tumori e che distinguono questi dalle cellule sane,.
Lo stato dell’arte della ricerca medica ha riconosciuto i mattoncini di base su cui nascono i tumori, e le sofisticate tecniche di biologia molecolare consentono oggi di studiare con sempre maggiore semplicità ed economicità il codice genetico di un tumore, di individuare il meccanismo di proliferazione prevalente e di provare a bloccarlo con specifici farmaci costruiti o adattati per quel preciso ed unico bersaglio molecolare. Quanto e quando questo approccio potrà tradursi in una vittoria contro la complessa malattia che è il tumore, non è ancora prevedibile, poiché è ormai noto che troppo spesso le cellule tumorali tendono a sviluppare una resistenza anche verso quegli innovativi farmaci a bersaglio molecolare.
Proprio come in una costruzione Lego, per costruire una casa, ciascun mattoncino non ha mai valore solo in sé ma ne acquisisce in combinazione con gli altri. Così, i mattoncini del tumore, oltre a combinarsi tra loro, si combinano con quelli normali della cellula tumorale e con questi si integrano ed utilizzano ogni mezzo a loro disposizione per poter resistere all’attacco dei farmaci. Per tale motivo, alcune nuove linee di pensiero in ambito oncologico stanno provando a superare questi ostacoli attraverso un cambio di paradigma nella lotta ai tumori. Finalmente si inizia ad approcciare la complessità del cancro con un pensiero di tipo sistemico; in tale ambito appaiono di notevole interesse gli sviluppi nel campo della cosiddetta riprogrammazione tissutale del tumore attraverso strategie di Anakoinosis ossia attraverso la possibilità di ripristinare con interventi farmacologici la competenza dei tessuti al controllo della crescita di cellule tumorali.

Beniamino Casale, responsabile IPAS Terapie Molecolari e Immunologiche in Oncologia – AO dei Colli – Ospedale Monaldi.