Giocare, gioco, parole presenti nella memoria di tutti fin da quando iniziano i propri ricordi.
Giocare, gioco, parole che a primo impatto suscitano sensazioni positive, immagini e fantasie di momenti d’allegria.
Giocare, gioco, parole che improvvisamente possono assumere sfumature ombrose, veicoli di una vita segnata … dominata dall’ossessione del gioco.
In questo percorso il gioco ripone il suo abito a colori per indossarne uno nero e presentarsi nelle vesti cupe della ludopatia.
L’etimologia della parola ludopatia rileva un’origine greca e latina: ludo indica il gioco e patia delinea la malattia configurandosi come la mallattia del gioco.
La ludopatia o gioco d’azzardo patologico descrive la persistente incapacità di gestire e resistere all’impulso d’attuare comportamenti finalizzati al gioco.

Nei giocatori d’azzardo patologico s’individuano le seguenti caratteristiche:
- bisogno di quantità crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata
- la perdita al gioco d’azzardo aumenta l’impulso a giocare per recuperare quanto perso
- ridurre o smettere di giocare determina l’insorgere di uno strato d’animo irritabile, irrequieto
- assuefazione al gioco
- depressione, disturbi delle funzioni cognitive
- mentire per nascondere il capitale e il tempo investito nel gioco
La ludopatia è una malattia e come tale necessita di cure specifiche percorribili in diverse possibilità di trattamento:
- colloqui di supporto, sostegno psicologico
- psicoterapia individuale e di gruppo
- programmi residenziali
- trattamento farmacologico
A condividere, in forma anonima, il suo vissuto con il gioco patologico d’azzardo è Gennaro.
“Era l’ultimo venerdì d’ottobre … un ottobre dai colori autunnali, ma con una temperatura stranamente primaverile … per Gennaro una giornata lavorativa come tante trascorsa tra le quattro mura del sul ufficio a smaltire pratiche e a rispondere al telefono. Sposato con due figlie adolescenti viveva una vita tranquilla, forse troppo tranquilla, ritrovandosi sempre più spesso a viverla come un automa …
Quel venerdì di fine ottobre però accadde un imprevisto … un suo collega l’invitò ad unirsi a un tavolo di poker.
Gennaro inizialmente titubante… stimolato dalla novità … accettò.

La prima partita prevedeva sul tavolo una cifra simbolica, irrisoria di dieci euro e proprio per questo la perdita non lo turbò, anzi alimentò in Gennaro l’impeto a giocare anche le altre due partite della serata. Vincere all’ultimo giro di poker scatenò in lui l’emergere di nuove sensazioni … belle, forti, imprevedibili, inattese assolutamente estranee alla sua routine quotidiana familiare e lavorativa.
Nei mesi seguenti la serata di poker divenne per Gennaro un appuntamento settimanale fisso, imperdibile. Si susseguirono l’alternarsi di vincite e perdite che nel tempo divennero vincite rare e insufficienti a coprire le sconfitte frequenti e significative che, inevitabilmente, determinarono il costituirsi di debiti di gioco sempre più onerosi, la cui ottemperanza gravava sullo stipendio e quindi sul bilancio familiare. Fu sempre più difficile per Gennaro nascondere alla moglie i debiti di gioco e i prelievi dal conto corrente giustificati come spese improvvise non documentabili … Incitato dalla speranza di vincere per saldare i debiti, ma soprattutto ossessionato da quella sensazione, quel brivido del gioco che Gennaro definisce “adrenalina pura, vitale”, continuò a percorrere i labirinti dell’oblio del gioco d’azzardo non solo sul tavolo da poker ma anche al lotto, videopoker, slot-machine. Le vincite continuavano ad essere scarse e quando erano importanti le rigiocava subito con poste più elevate alla ricerca di un’eccitazione più forte.

I mesi scorrevano velocemente sul calendario e le scadenze dei debiti suonavano puntuali… Gennaro, sebbene consapevole della sua debole situazione finanziaria, non riusciva e non voleva porre un freno al suo “bisogno ossessivo di giocare”, realmente incosciente di quanto fosse per lui deleterio.
Il gioco d’azzardo pian piano aveva plasmato, logorato le attitudini socio-comportamentali di Gennaro dimostrandosi, ormai, indifferente e apatico alle dinamiche familiari, amicali e lavorative.
Viveva esclusivamente in funzione del gioco e dell’esigenza di recuperare credito per giocare.
Il campanello d’allarme che scosse Gennaro squillò con tonalità assordante durante una discussione con la moglie per dei prelievi da un fondo studi universitari per le figlie. Una lite che assunse toni accesi, incontrollabili tanto da scatenare in Gennaro risposte verbali violente, aggressive verso la moglie, fino a darle uno schiaffo…
Lo sguardo fisso, impaurito della moglie gli cristallizzò gli occhi e i pensieri … lo paralizzò… trasformando le sue parole e gesti aggressivi in ceramica… la consequenziale frattura del loro rapporto rese Gennaro drammaticamente consapevole del suo problema con il gioco e dell’esigenza di un aiuto professionale per risolverlo.
Gennaro inizia un percorso di psicoterapia che lentamente e con grande difficoltà compiuto, sovente, a passo di gambero insieme ai suoi fantasmi del gioco d’azzardo, l’accompagna fuori dal tunnel della ludopatia.”
Sono trascorsi circa 4 anni dall’ultimo tavolo di poker di Gennaro ma, ripensando a quel periodo, sente scorrere ancora in lui quella sua sensazione di adrenalina pura, vitale, del gioco d’azzardo.
Gennaro che quando rievoca i momenti difficili del suo percorso di psicoanalisi mi fissa qualche istante… per poi chinare un po’ lo sguardo restando in attesa di un mio cenno di comprensione… con la consapevolezza della gravità della sua ossessione per il gioco d’azzardo.
Gennaro che nel raccontarsi gesticola frettolosamente per controllare la sua inquietudine.
Gennaro che con voce fievole ed occhi lucidi ricorda lo schiaffo dato alla moglie … convivendo con un senso di colpa profondo ed indelebile.
Gennaro che sui tavoli di poker ha giocato e ha perso la sua famiglia e due anni della sua vita.
Gennaro che è cosciente dell’importanza di non dovere obliare il periodo della sua vita dominata dal gioco d’azzardo, ma di doversi confrontare ad esso ogni giorno.
Gennaro che ha toccato il fondo, ma ha avuto la forza di riconoscere la gravità del suo problema con il gioco e grazie all’aiuto di un terapeuta è riuscito pian piano a rialzarsi e a riprendersi la sua vita.
Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione.
Platone

AnnaMaria Fiscale: sociologa, specializzata in analisi qualitativa della ricerca sociale e in management dei servizi sanitari