“Maccarone io me te magno…” anche se non sei più uno spaghetto artigianale
Nel film Un americano a Roma, il mitico Alberto Sordi recitò nei panni di un giovane anticonformista romano che, fanatico fautore della supremazia dello stile di vita americano su quello italiano di quell’epoca, si ritrova coinvolto in una serie di disavventure esilaranti. In una scena di quel film, diventata ormai celeberrima, l’Albertone nazionale cedette alla tentazione tutta in stile italiano, di divorare un piatto di maccaroni, dopo essersi sforzato di pranzare con senape, latte e mostarda, cibo tipico della “civile” società americana.
Ciò a dimostrazione che gli italiani, quando si tratta di cibo, pur rincorrendo mode culinarie di altri Paesi, non possono rinunciare alla cucina made in Italy e, soprattutto, ad un buon piatto di pastasciutta: gli spaghetti al pomodoro che in tutto il mondo associano alla parola “Italia” ed in particolare ai meridionali.
Siamo produttori e grandi consumatori di pasta. Ne consumiamo circa sessanta chili pro capite all’anno, soprattutto di spaghetti, un formato di pasta particolarmente apprezzato in tutto il mondo e dagli stessi americani. E, sebbene si dica che sia stato Marco Polo ad importare gli spaghetti dalla Cina, dove per altro la materia prima utilizzata per produrli era la farina di riso, gli spaghetti, quelli di semola di grano duro che mangiano tutti, sono nati in Italia, prodotti a partire dalla lavorazione del grano duro ed importati nel tempo, ovunque, dai nostri connazionali emigranti.
Chi non ha mai assaggiato un piatto di spaghetti? Dal calibro più grande, una sorta di vermicelli, i nostri primi pastai hanno forgiato formati sempre più sottili, stringhe o spaghi, più delicati, che, cotti al dente, si sposano meravigliosamente con il condimento leggero di un filo d’olio e del pomodoro o con carne, verdure e pesce, creando un piatto completo, colorato e gustoso.
Gli spaghetti, come la pasta in generale, sono presenti in quasi tutte le cucine del mondo. La filiera produttiva grazie alle nuove e più sofisticate tecniche industriali, è cambiata radicalmente. Se un tempo molto lontano i terrazzi degli antichi pastifici del sud Italia erano inondati da distese di maccheroni che si lasciavano essiccare al sole, oggi la filiera di produzione degli spaghetti prevede una serie di fasi, tutte importantissime per la buona resa del prodotto finito, completamente automatizzata: dalla scelta dalla materia prima, la semola da mescolare con l’acqua, passando per la pre-asciugatura, il pre- essiccamento, fino all’essiccazione vera e propria, la fase più delicata dell’intero processo. Quest’ultima può essere statica o continua e deve garantire una diminuzione dell’umidità degli spaghetti dal 30% al 12% circa. La quota di umidità che resterà intrappolata nella pasta deve rimanere uniforme e costante nel tempo. Solo così avremo uno spaghetto duro, compatto e a lunga conservazione. Tutto ciò è reso possibile con l’uso di attrezzature progettate per garantire un prodotto di alta qualità, una minore manutenzione delle macchine e un più ampio risparmio energetico.

La produzione degli spaghetti non ha quasi più nulla di artigianale. È l’intelligenza artificiale che ne cura la qualità, monitorando tutte le fasi di produzione, a partire dalla qualità nutrizionale della materia prima fino ad arrivare al prodotto finito. Lettori ottici, posizionati strategicamente lungo la filiera e collegati a sistemi computerizzati, provvedono a far miscelare le giuste quantità di ciascun ingrediente. I lettori ottici possono rilevare la quantità di proteine e residuo in ceneri del grano di partenza, il grado di umidità lungo le fasi di essicazione e le eventuali macchie scure o colori anomali degli spaghetti anche nelle fasi di stabilizzazione e raffreddamento.
Un eventuale gap qualitativo viene segnalato automaticamente dalle macchine. In questo modo si accorciano i tempi di produzione, perché si evita il campionamento e l’analisi del prodotto di routine che dovrebbe svolgersi in modo manuale, ed allo stesso tempo si ha certezza che ogni lotto di spaghetti prodotti abbia mantenuto gli standard di qualità prefissati. E a casa, in cucina, come manteniamo alto lo standard qualitativo degli spaghetti che acquistiamo?
Il segreto è nella cottura! Gli spaghetti vanno cotti al dente.
Quando risultano sodi ai denti vanno subito scolati dalla loro abbondante e salata acqua di cottura e conditi come più si preferisce. Ricordatevi di conservare sempre una tazza di acqua di cottura che, per le sue caratteristiche amidacee, può essere utile ad aggiungere un po’ di corpo a qualsiasi condimento si sia scelto.

Mirella Gallo, Consulente in Nutrizione e Fitness, esperta in elaborazione di diete in condizioni fisiologiche e patologiche, personal trainer.