Modi di fare nell’Antico Oriente

Il levirato

Il levirato era diffuso in tutto l’Oriente Antico. Il nome levirato deriva dal latino levir che traduce l’ebraico yabam, cognato. Se dei fratelli vivono insieme ed uno di loro muore senza aver avuto figli, la vedova deve essere presa in moglie da uno dei fratelli e il primogenito del nuovo matrimonio è per legge considerato figlio del defunto; il cognato che si sottrae all’obbligo del levirato è disonorato.

Se quell’uomo non ha piacere di prendere la cognata, essa salirà alla porta degli anziani e dirà: «mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del fratello»; se egli persiste e dice «non voglio prenderla», allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e dirà: «così sarà fatto all’uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello»; la famiglia di lui sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato” (Dt 25, 7‐10).

Il primogenito di Giuda, figlio di Giacobbe, aveva preso in moglie Tiamar, che, restata precocemente vedova, aveva risposato il secondogenito di Giuda, di nome Onan; questi, quando copulava lasciava cadere il seme a terra (di qui il termine onanismo) per non dare una discendenza al fratello; il Signore punì Onan facendolo morire. C’era un terzogenito che pure, appena giunto in età di matrimonio, avrebbe dovuto a sua volta prendere in moglie Tiamar; Giuda tuttavia, temendo per lui, prendeva tempo. La nuora, dopo aver inutilmente atteso, si sentì in diritto di ricorrere ad uno stratagemma per avere una prole proprio dal suocero ed un giorno che questi portava il gregge di pecore al fiume per lavarle in previsione della tosatura, copertasi il capo con un velo si rese irriconoscibile e si finse prostituta di strada. Tiamar restò incinta e così diede una discendenza a Giuda, da cui sarebbero derivati il Re David e poi, attraverso Maria, anche Gesù.

Le donne di Gerusalemme

Le fanciulle vergini indossavano la tunica a maniche lunghe (2 Sam 13, 18).

Si sono insuperbite le figlie di Sion e procedono a collo teso, ammiccando con gli occhi, e camminano a piccoli passi facendo tintinnare gli anelli ai piedi; per ciò il Signore renderà tignoso il cranio delle figlie di Sion, il Signore denuderà le loro tempie; in quel giorno il Signore toglierà l’ornamento di fibbie, fermargli e lunette, orecchini, braccialetti, veli, bende, catenine ai piedi, cinture, boccette di profumi, amuleti, anelli, pendenti al naso, vesti preziose e mantelline, scialli, borsette, specchi, tuniche, cappelli e vestaglie” (Is 3, 16‐24).

Anche se ti vestissi di scarlatto, ti adornassi di fregi d’oro, e ti facessi gli occhi grandi con il bistro, invano ti faresti bella” (Ger 4, 30).

Mirra e aloe e cassia spirano dalle tue vesti, si effondono dai palazzi d’avorio” (Sal 44, 9).

Una borsettina di mirra è il mio diletto per me: sul mio seno riposa” (Cantico dei cantici 1, 12).

Ho preparato con i fiocchi il mio letto, l’ho addobbato di tappezzerie ricamate d’Egitto; ho profumata la mia camera di mirra, aloe e cinnomomo” (Pr 7, 16‐17).

Come nastro di cremisi sono le tue labbra […], quale metà di melagrana sono le tue gote […]; la chioma del tuo capo come porpora di re […]; la fragranza dei tuoi unguenti sorpassa tutti gli aromi […]” (Cantico dei cantici 4, 3; 7, 5; 4, 10).

Profumi, belletti, unguenti, tinture per capelli… Con i grappoli dei fiori gialli del cipro le donne si ornavano i capelli. Si tingevano unghie e capelli con una polvere giallo-rossastra ricavata dalla corteccia e dalle foglie dell’arbusto del cipro (l’«henna» degli Arabi, oggi «henné»). Le sopracciglia e le ciglia venivano tinte con solfuro di piombo e si ombreggiavano le palpebre con il lapilazzuli tritato. La cocciniglia polverizzata forniva il rosso cremisi per le labbra.” (W. Keller, La Bibbia aveva ragione, pag. 232)

Il figlio ribelle nella tradizione ebraica

Se un uomo avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre né di sua madre e, benché l’abbiano castigato, non dà loro retta, suo padre e sua madre lo prenderanno e lo condurranno dagli anziani della città, alla porta del luogo dove abita, e diranno agli anziani della città: «questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbedire alla nostra voce, è uno sfrenato e un bevitore»; allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà; così estirperai da te il male e tutto Israele lo saprà ed avrà timore” (Dt 21, 18‐21)

A proposito dei neonati

La madre era assistita da una levatrice (Gn 35, 17; 38, 28) ed esistevano levatrici di professione (Es 1, 15). Il padre non assisteva alla nascita (Ger 20, 15; Gb 3, 3). Il neonato veniva lavato, strofinato con sale ed avvolto in fasce (Ez 16, 4). Il bambino veniva svezzato a tre anni (2 Mac 7, 27). Lo svezzamento veniva celebrato con una festa (Gn 21, 8).

Del modo di giocare dei bambini in Israele

I bambini giocavano per strada, ove passavano la maggior parte del loro tempo: cantavano, ballavano; in particolare i maschi si divertivano con giocattoli di terracotta, le femmine con le bambole (cfr. R. De Vaux R., Le Istituzioni dell’Antico Testamento, pag. 58).

Il discepolo ed il maestro

Un discepolo deve procedere dinanzi al proprio maestro (L. Ginzberg, Le leggende degli ebrei, IV, pag. 226). “Che un discepolo salutasse il suo maestro per primo era considerato un atto di maleducazione in Babilonia, ma doveroso in Palestina” (ibidem, IV, nota 249, pag. 338).

Gli Etiopi campioni di corsa

Gli Etiopi trogloditi sono nella corsa i più veloci di tutti gli uomini dei quali noi abbiamo udito riportar notizia” (Erodoto, Storie, IV, 183).

Il modo di stringere i patti presso gli Arabi

“Gli Arabi osservano i patti quanto gli uomini che li osservano di più; i patti li conducono in tale maniera: quando due persone vogliono concludere il patto, un altro uomo, postosi in mezzo ad entrambi, con una pietra appuntita scalfisce la parte interna delle mani vicino ai pollici di quelli che concludono il patto e poi, preso un fiocco di lana del mantello di ciascuno dei due, spalma di sangue sette pietre poste nel mezzo e nel fare questo invoca Orotalt e Alilat” (Erodoto, Storie, III, 8, trad. di A. I. D’Accinni).

Come liberarsi dei pidocchi

Gli Adirmachidi [una popolazione libica], per la maggior parte si attengono ai costumi egiziani, ma portano vesti uguali a quelle degli altri Libici; le loro donne portano un anello di bronzo a ciascuna gamba; portano i capelli lunghi e, quando prendono i pidocchi, ognuna morde i suoi e poi li getta via” (Erodoto, Storie, IV, 168).

Del modo di rientrare a casa nella tradizione islamica

Il padrone di casa, di ritorno dal pellegrinaggio, da un ritiro o da un viaggio, per scaramanzia e per non portare nella sua dimora le negatività assorbite, rientrava da un’apertura praticata dal retro dell’edificio (o della tenda) opposta all’ingresso normale” (G. Mandel, Il Corano, pag. 712). Un ingresso umile, infatti, avrebbe distolto l’interesse degli spiriti maligni dal volerlo seguire sino in casa. Tuttavia il Corano vieta espressamente tale superstizione: “non è devozione rientrare dal retro delle case” (Cor 2, 189).

Il soffiare sui nodi…

… Il soffio, l’alito, lo sputo, lo sguardo degli invidiosi

In ambito semitico venivano considerati malefici il soffio, l’alito, lo sputo, lo sguardo degli invidiosi; in particolare l’uso di soffiare sui nodi appositamente eseguiti (nove oppure undici) era pratica magica molto in voga in ambiente semitico, soprattutto cananeo, mesopotamico, egizio ed ebraico, ma se ne trova l’uso anche presso molte tribù mongole dell’Asia centrale, pratica passata poi al Buddhismo tibetano […]; un ebreo di Medina fece un incantesimo contro il Profeta, annodando una corda undici volte assieme ad alcuni capelli di Muhammad e poi le sue figlie vi soffiarono sopra; quindi il tutto fu gettato in un pozzo: il Profeta si ammalò e guarì solo dopo aver recitato per undici volte questa Sȗra [113a] e la seguente” (G. Mandel, ibidem, pag. 915).

Del modo di attraversare la soglia di casa

Numerose superstizioni sono legate al modo di attraversare la soglia, in particolare nel Vicino Oriente: “per i Mongoli la soglia di casa è sempre stata sacra e non la si può calpestare, per cui deve essere scavalcata; in molte tribù semite la sposa varca la soglia di casa del marito, avanzando il piede destro […]; ancora oggi in Occidente molti mariti prendono in braccio la sposa per farle varcare la soglia […]; in alcuni paesi musulmani, dal Magreb all’Iran, la sposa è accolta alla porta da una donna anziana o dal marito stesso, che l’aiuta a saltare la soglia e le getta sulla testa tre manciate di grano, simbolo di prosperità e benessere; in alcune contrade del Nord Africa in segno propiziatorio e apotropaico si getta un po’ d’acqua dietro a chi varca la soglia nell’uscire di casa; a Gerusalemme c’erano tre officianti con il titolo di guardiani del soglio; del pari a Roma il guardiano del Sacro Soglio” (G. Mandel, ibidem, pag. 675‐676).

Il controllo fiscale presso gli Egizi

“Ogni anno ognuno degli Egiziani doveva dimostrare al monarca donde traeva i mezzi di vita” (Erodoto, Storie, II, 177, 2).

Le orine di donna «ignara di altri uomini»

Narrano che il re Ferone [figlio di Sesostri], ammalatosi agli occhi, divenne cieco e per dieci anni rimase tale; all’undicesimo anno gli venne dalla città di Buto un oracolo: era terminato per lui il tempo dell’espiazione ed avrebbe riacquistato la vista lavandosi gli occhi con orina di una donna che avesse avuto relazioni solo con suo marito e fosse ignara di altri uomini; ed egli prima di tutto fece la prova con quella di sua moglie; ma poi, poiché non recuperò la vista, la fece con quella di molte altre […]; infine riacquistò la vista e si tenne come moglie la donna che lo aveva guarito; radunò tutte le altre donne in una sola città che diede alle fiamme” (Erodoto, Storie, II, 111).

L’arco non deve essere sempre teso

Il faraone Amasi aveva questo sistema di amministrazione: la mattina sino all’ora in cui è pieno il mercato sbrigava zelantemente gli affari che si presentavano, ma da quel momento in poi beveva e beffava i commensali ed era frivolo e scherzoso; crucciati per questo, i suoi amici lo rimproveravano […]; ma egli rispose loro così: «Quelli che posseggono gli archi, quando devono servirsene, li tendono, ma dopo che se ne sono serviti li allentano, perché se fossero tenuti costantemente tesi si spezzerebbero […]; tale è anche la condizione dell’uomo: se uno volesse essere sempre occupato in cose serie e non abbandonarsi ogni tanto allo scherzo, senza accorgersene diventerebbe pazzo o stupido; io, sapendo questo, assegno ad ogni cosa una parte” (Erodoto, Storie, II, 173).

Sollevatosi sulla sella, tirò un peto

Il faraone Apries mandò un uomo ragguardevole ad Amasi, che gli si era ribellato, perché gli riportasse vivo il ribelle; l’inviato del faraone, raggiunto Amasi, gli intimò l’ordine del faraone: che si consegnasse; “Amasi, che si trovava a cavallo, sollevatosi sulla sella, tirò un peto e invitò l’inviato a riportare quello al faraone” (Erodoto, Storie, 162, 3).

Un soldato indica i propri genitali al faraone

Allorché i soldati disertarono da Psammetico e passarono in Etiopia, Psammetico, venutolo a sapere, li inseguì e quando li raggiunse li supplicò dicendo molte cose e cercò di dissuaderli dall’abbandonare gli dèi dei loro padri e figli e mogli; ma si racconta che uno di essi, mostrandogli i genitali, gli dicesse che dovunque, con quelli, ci sarebbero stati per loro e figli e mogli” (Erodoto, Storie, II, 30, 3‐4).

Domenico Casale, cardiochirurgo di professione e contadino per passione, esperto di mitologia e testi sacri multiculturali, scrittore.

Please follow and like us:
fb-share-icon