Non solo Lego, videogiochi e calcetto
L’energia dei bambini durante la pandemia
E così arrivi in un circolo di Tennis e scopri che tanti bambini, dai 4 anni ai 10, sgambettano felici.
Poi pensi che mai questo sport delizioso era preferito ad altri, che mai questo sport incantevole era il primo che proponevi ai tuoi figli, e rifletti su quanto bello sia giocare all’aria aperta.
Incombe un altro lockdown, i reparti ospedalieri sono di nuovo stracolmi, le terapie intensive lavorano a pieno regime, gli infermieri, come i dottori e i sanitari tutti, esausti.
Guardare quei bambini allegri, goffi, scoordinati rincorrere una pallina di cui non conoscevano l’esistenza, vederli partecipare ad esercitazioni che non avranno un domani mi strugge.
Lo sport riesce in questo periodo storico a consegnare un po’ di serenità, gioco, normalità a questi bimbi.

Normalità definita tale perché noi siamo cresciuti potendo scegliere di non giocare a tennis, semplicemente perché forse non ci piaceva; invece oggi quei bambini avrebbero giocato anche al salto della pozzanghera pur di essere normalmente allegri, normalmente felici, normalmente sudati.
Alcuni addirittura faticavano a respirare perché costretti, da un genitore apprensivo, a fare attività indossando una mascherina.
A quei bambini va il mio pensiero in una notte di marzo, da loro prendo e prendiamo l’ennesima lezione, giocare con una mascherina è un modo per comunicarci che non puoi fermarli, un modo per comunicare a noi adulti che nulla è per sempre, il bene come il male passano, e quella che oggi è una limitazione evidente può essere trasformata in un momento in cui stringere i denti ma che passerà e rimarrà solo il ricordo di un periodo strano.
Lo sport è vita, il tennis è arte, i bimbi lo sanno, con la mascherina o senza.

Francesco Capone, Biologo specializzato in Informazione Scientifica del Farmaco, calciatore modesto, padre innamorato, commerciale di pacemaker midollari