Da ragazzi, col mio compagno di banco Peppe, avevamo l’abitudine di frequentare un parco dove incontravamo con altri amici. Era un parco del tutto autonomo dal resto del quartiere, con negozi di abbigliamento e alimentari, pizzeria, bar, giornalaio, anche un supermercato, addirittura un ufficio postale. Sicché là veramente non avevamo bisogno di nulla.
Tra l’altro, in una specie di bugigattolo fronte strada, c’era pure un’anziana signora che si guadagnava da vivere facendo piccoli aggiusti di sartoria. La chiamavamo la nostra pantolonaia.
Quando entravamo in quello che oggi si chiamerebbe il suo show-room, l’aria che si respirava era sempre cordiale e festosa: spesso offriva ai clienti anche una tazzina di caffè, che preparava su un fornellino a gas in una specie di cucinotto annesso. Se poi capitavi in tarda mattinata, poteva darsi che al posto della macchinetta del caffè ci fosse una pentola di coccio, dove la pantalonaia aveva messo a bollire i fagioli, preludio di uno dei piatti classici della cucina napoletana.
È da questo ricordo che scaturisce la ricetta di cui voglio parlarvi oggi, in un momento davvero triste per la nostra città e per tutta la Nazione.

La variante che vi propongo prevede l’aggiunta delle cozze.
Al mattino presto si mette a bollire sul fuoco una pentola, preferibilmente di coccio, con acqua e fagioli, con l’aggiunta di una foglia di alloro. Appena inizia il bollore si riduce al minimo la fiamma e si lasciano per almeno due o tre ore (qualcuno la sera prima mette i fagioli nell’acqua, lasciandoli a bagno per tutta la notte). Una volta cotti sempre a fiamma bassa i fagioli, sempre a fiamma bassa, in un altro tegame si mettono olio extravergine d’oliva, aglio e sedano finemente tritati, con l’aggiunta di pancetta tagliata a dadini e di un po’ di concentrato di pomodoro. Siccome la nostra variante prevede anche le cozze, queste vanno ben lavate, lasciate aprire in una pentola a parte, coperta e a fuoco vivace, per 3 o 4 minuti. Una volta aperte, si sgusciano, e filtrando un po’ dell’acqua rilasciata nella pentola, si aggiungono al sughetto precedentemente preparato. A questo punto, eliminando la foglia di alloro, si verserà il tutto nella pentola di coccio con i fagioli e si porterà a bollore.
La scelta della pasta da utilizzare deriva anch’essa dalla tradizione: in napoletano antico questa pasta era conosciuta come minuzzaglia ammescata cu’ ‘e fasule, la pasta mista che prima era costituita dalle rimanenze degli altri formati di pasta, mentre oggi la troviamo già pronta in pacchetti predisposti.
Si regola di sale e si porta a cottura secondo le abitudini, mescolando spesso per evitare che il composto si attacchi al fondo della pentola.
Raggiunta cottura e cremosità desiderate, si copre la pentola col coperchio e si lascia così per qualche minuto, affinché la pasta assorba tutti i profumi.
Da servire con abbondante pepe nero, macinato al momento.

I fagioli più utilizzati sono i cannellini, ma si possono usare anche i borlotti, più farinosi.
Per conservare integre le cozze basterà aggiungerle poco prima del termine di cottura della pasta.
L’abbinamento col vino lascia ampio spazio al gusto e alla fantasia dei nostri commensali: si può spaziare da un bianco che abbia fatto un passaggio in legno, come un Fiano di Mastroberardino, o un Verdicchio di Iesi, una Ribolla Gialla del Friuli, oppure una bollicina Trento DOC metodo classico, o ancora un Rosso di Montalcino. Buon appetito… ce la faremo!

Rino Sarrantonio, gastroenterologo dirigente medico UOC Gastroenterologia, P.O. Santa Maria della Pietà