People pleasing: fenomeno del compiacimento.

Il people pleasing è il comportamento per cui un individuo sente la necessità di dover accontentare gli altri anche quando la richiesta pervenutagli si contrappone ai propri bisogni e desideri: il compiacimento può essere nei confronti di familiari, amici, colleghi, ma anche di persone con le quali non esistono legami importanti o di frequentazione.

Compiacere significa essere più attenti a soddisfare i bisogni degli altri che i propri, significa impegnarsi ad accogliere le richieste degli altri invece che le proprie.

Il people please, colui che compiace, potrebbe apparire come una persona estremamente docile, gentile ed altruista, ma la realtà è spesso diversa: a differenza, infatti, del comportamento di individui caratterialmente disponibili che accolgono i bisogni altrui scegliendo di farlo in maniera libera e autonoma, il people please non riesce ad opporsi alle richieste ricevute, anche quando vorrebbe evitare di affrontarle o soddisfarle.

La sua accondiscendenza è, seppur spesso a livello inconscio, una sorta di disponibilità obbligata.

Vi sono alcuni elementi che caratterizzano la personalità del people please:

Naturalmente, questa continua tensione e attenzione nel non deludere comporta stress e frustrazione nel people please, influendo negativamente sul vissuto quotidiano e sul suo benessere emotivo.

In alcuni casi, il soggetto sviluppa disturbi d’ansia tali da richiedere l’intervento di uno specialista.

Il soggetto sempre proteso ad accontentare, senza conciliare i bisogni degli altri con i suoi, è una persona sostanzialmente debole, insicura, con scarsa autostima, soprattutto in quei contesti in cui basta un gesto, una parola, una frase… per sentirsi inadeguati.

E la società attuale, sempre più competitiva, protesa verso una perfezione vanesia e superficiale, sta contribuendo all’aumento del fenomeno, fino a pochi anni fa praticamente sconosciuto; una società che esalta i vincenti, i ricchi, i belli, i buoni (spesso finti, mi permetto di sottolineare), poco posto offre a chi, a torto o a ragione, pensa di non rientrare in alcune delle citate categorie. L’unica possibilità, o comunque una delle poche possibilità, che il perdente pensa di possedere per trovare il suo posto nel mondo, è quello di diventare, paradossalmente, perdente davvero, sottomettendo la propria personalità a richieste spesso non condivise se non, addirittura, precedentemente osteggiate e finendo per credere sempre meno che il posto per lui nel mondo esiste, esiste davvero, occorre solo trovare la via d’ingresso migliore, senza lasciarsi coinvolgere da compromessi e mediocrità.

Rosa Maria Bevilacqua Sociologa A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati” Avellino Docente Corsi di Laurea Professioni Sanitarie Università della Campania Luigi Vanvitelli Master in Medical Humanities perfezionamento in Malattie Rare e in Bioetica.

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