Personale sanitario e Covid 19: il tempo degli eroi non è mai esistito

Eroi, guerrieri, angeli. Così sono stati definiti durante i mesi più duri ed oscuri della pandemia Covid 19 gli operatori impegnati, in vari ruoli e a vario titolo, nell’ambito sanitario.

Adesso che dell’emergenza rimane, per molti versi, solo un ricordo sbiadito, gli angeli hanno perso le ali e sono tornati a ricoprire il compito, spesso bistrattato, che li pone, anche al di fuori di catastrofi e pandemie, in prima linea a fronteggiare il dolore, la malattia, la morte.

Eppure, gli eroi non dimenticano e il ricordo delle tragedie che li hanno coinvolti riemerge, spesso prepotentemente, proprio quando il resto dell’umanità sembra averle dimenticate: inizialmente si è data per scontata la presenza dei guerrieri e, sebbene essa sia stata elogiata e acclamata, in pochi hanno pensato alle conseguenze e alle ripercussioni che lo stress, la responsabilità, il sovraccarico emotivo, la paura avrebbero potuto avere successivamente sul loro equilibrio psicologico.

La tempesta che ci travolge ci piega, ma non ci spezzerà…

Siamo nati per combattere la sorte, ma ogni volta abbiamo sempre vinto noi.

Questi giorni cambieranno i nostri giorni, ma stavolta impareremo un po’ di più.

(Rinascerò, rinascerai – Roby Facchinetti)

Durante la pandemia tutto il personale sanitario è stato impegnato su due fronti: se una parte degli operatori, infatti, è stata destinata all’assistenza dei pazienti Covid, un’altra ha dovuto occuparsi e preoccuparsi di un’emergenza più sommersa, ma non meno importante, ossia quella di garantire terapie, supporto e conforto ai milioni di pazienti affetti da altre patologie e che, nelle prime fasi della pandemia, si sono sentiti soli ed abbandonati… E questa emergenza nell’emergenza, invisibile al di fuori delle strutture sanitarie, non è ancora finita: gli (ex) eroi stanno ancora cercando di arginarla, pur lavorando, adesso, senza telegiornali che ne esaltino quotidianamente le gesta.

Alcuni studi hanno rilevato che, rispetto ad altre situazioni di emergenza (terremoti, incendi, incidenti…), durante le pandemie esistono, oltre a quelli già conosciuti, altri fattori di rischio che influiscono sullo stato psico-emotivo del personale sanitario, tra i quali l’isolamento sociale, il distanziamento, la paura di contagiare i familiari

Da una indagine svolta recentemente dalla candidata Eugenia Santoro nella sua tesi di laurea triennale in Infermieristica L’impatto della pandemia Covid-19 nell’organizzazione sanitaria e sociale, in linea con quanto emerso in altri studi, è risultato che, tra le cose che gli operatori sanitari non dimenticheranno mai dei mesi difficili della pandemia, ci sono il senso di impotenza, il terrore suscitato dai pazienti più gravi, la sofferenza dei pazienti, ma soprattutto la loro forza, la paura di non fare abbastanza, i cadaveri imbustati, la disperazione dei familiari.

Il mondo sanitario è un microcosmo separato dal resto del mondo eppure intimamente unito ad esso: qualunque cosa avviene al suo interno è finalizzato a tutelare la salute e il benessere di intere popolazioni.

Il personale sanitario, al quale orgogliosamente appartengo, in ogni suo gesto, in ogni sua mansione, è eticamente proiettato a garantire il maggior benessere possibile ad ogni paziente: non sempre è facile raggiungere lo scopo, soprattutto quando ci si porta dietro lo stress, emotivo e fisico, di eventi catastrofici e imprevedibili. Ma quando ci riusciamo, non chiamateci eroi, svolgiamo semplicemente un lavoro che è davvero una missione e che tale resta nelle giornate più facili come in quelle più complicate.

Non chiamateci eroi… Per un eroe è più triste cadere nell’oblio, che essere mai esistito.

Rosa Maria Bevilacqua, Sociologa, A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”- Avellino, Delegata alla Sanità ASI (Associazione Sociologi Italiani)

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