Primavera: il profumo della vita.

Ricordo sempre con piacere e con un pizzico di nostalgia due letture giovanili : il “Trattato di storia delle religioni” di Mircea Eliade ed “Il ramo d’oro” di James Frazer. Sono ritornato più volte, negli anni, su questi libri: ora per rileggerli, ora per cercare e trovare spunti, conferme, indicazioni ed approfondimenti. A loro il grande merito di aver contribuito ad allargare il mio orizzonte di pensiero e le mie prospettive, gettando una luce forte su argomenti importanti, come il valore fondante del Mito nella storia dell’Umanità ed il tema della rinascita, della rigenerazione, della resurrezione dello Spirito che sono un po’ il comune denominatore di quel grande mistero costituito dalla sostanziale unità trascendentale di tutte le religioni e dal ruolo che esse svolgono nel fare da ponte spirituale tra la dimensione umana e quella del Sacro.

Bene : guardare al prossimo, imminente ingresso della stagione primaverile in quest’ottica di rigenerazione della nostra vita, non può non darci sollievo, soprattutto in questo momento di confusione esistenziale e di completa assenza di prospettive e di certezze.

Ci fa bene, dunque, pensare a parole come “colore, rinascita, luce, vita” ed associarle all’arrivo della Primavera proprio perché sono belle. Dobbiamo essere coscienti, infatti, che l’etimologia del termine Primavera è legata ad un senso benefico di luce e di splendore, come indica la radice sanscrita “vas” che significa ardere, splendere e che è alla base del latino “ver”. La parola primavera, insomma, ci parla di un inizio e di qualcosa di splendente e pieno di luce che a questo inizio è associato, perché Primavera non è soltanto la stagione che viene dopo l’inverno: primavera è anche una metafora. Qualche esempio? La primavera di una persona è normalmente considerata la sua prima gioventù, anche se – e questo è importante per ognuno di noi – si può vivere una primavera della vita a tutte le età, allorquando si riconquistano il vigore fisico, l’entusiasmo, la fiducia in se stessi o in altre persone. Poi ci può essere una primavera dei popoli, laddove questi rinascono a nuova vita, si risvegliano dopo il letargo delle coscienze o la fine di un’oppressione e la riconquista della libertà.

Tante possono essere le primavere dell’uomo e dell’umanità, insomma, perché è importante conquistare o riconquistare la consapevolezza che esiste sempre una via d’uscita dal freddo dell’inverno.

Per questo, nelle epoche precristiane, si riteneva che la primavera fosse la manifestazione di un ritrovato e rinnovato equilibrio cosmico, apportatore di una nuova energia. Ed infatti il risveglio della natura, con i suoi colori sempre più vivi ed accesi, ha sempre un benefico influsso sulla nostra vita, favorendo una maggior presa di coscienza delle nostre potenzialità e delle nostre possibilità, per aiutarci a ricalibrare le nostre forze e consentirci di ripartire con rinnovato vigore.

Ed è vero che i miti che scandivano il rapporto con il Sacro e la Vita di popoli diversi e spesso geograficamente lontani tra loro, avevano, tutti, un tratto comune per quanto riguarda l’importanza della stagione che segue l’inverno e tutti associavano la primavera alla gioia di vivere, all’amore, al desiderio forte di rinascere interiormente e di “rinnovarsi” in qualche modo.

Poi le antiche celebrazioni della Primavera si sono progressivamente fuse  nella storia e nei riti della Cristianità o forse è stato il Cristianesimo a sapersi magnificamente adattare ad un forte substrato precristiano, permeato di sacralità, di miti e di leggende. Non è un caso che le parole che indicano la Pasqua (Oster in tedesco, Easter in inglese) sembrano derivare dal nome di una divinità nordica – Eostre – che altro non era che la personificazione della Primavera, come testimonia anche la fortissima tradizione, che è rimasta ben presente nei paesi nordici, del coniglio pasquale e delle uova dipinte. Non è un caso: coniglio e lepre erano care alla dea Eostre e a lei si offrivano uova dipinte proprio in occasione dell’equinozio di primavera..

Potremmo continuare ancora con questo rincorrersi e fondersi di riti e simboli, tra paganesimo e cristianesimo delle origini, in un susseguirsi di messaggi di fede e speranza tutti incentrati sul calore della stagione primaverile, ma è bene fermarci per non annoiarci troppo. C’è sempre tempo per approfondire ancora, magari un’altra volta…

Invece, nel salutare il paziente lettore di questi miei piccoli spunti di reciproca riflessione, mi piace ricordare un’esperienza primaverile indimenticabile dei miei anni trascorsi (una vita fa).

Ero a Damasco, spinto dal desiderio giovanile ed  irrequieto di visitare , in Medio Oriente, tappa dopo tappa, luogo dopo luogo, il percorso di vita e di battaglie di quel personaggio eccezionale che è stato il colonnello Lawrence, che l’immaginario collettivo ha poi acclamato come “Lawrence d’Arabia”. Ebbene, in quella primavera mediorientale rimasi folgorato dall’immagine stupenda della città di Damasco, vista dall’alto di una collina, in tutto il suo splendore di luce, di colori, di brezza tiepida che soffiava dolcemente dalle montagne  dell’Anti –Libano, regalandomi una strana sensazione di pienezza interiore , in cui la bellezza del luogo diventava tutt’uno con la storia e le leggende di quella terra tormentata.

Damasco mi apparve bellissima, in quella primavera. Non so dire se lo era davvero o se erano stati  il “genius loci” e la magia dei colori e delle atmosfere a lasciare il segno dentro di me.

Sta di fatto che oggi, proprio ora, mentre scrivo pensando a quei momenti così intensamente assaporati – prima che molti anni dopo una nuova terribile guerra devastasse quella regione –  e meditando sulle sofferenze di un mondo squassato da conflitti di ogni genere, aggravati da una pandemia che sembra non avere mai fine, il mio pensiero si rifugia volentieri nei versi di quella bellissima canzone di Lucio Battisti intitolata “I giardini di marzo” e cerca di trovare spazi nuovi per continuare a sperare e sognare.

 Di più non mi è possibile fare,  Potenza della musica e della poesia.

Michele Chiodi, già dirigente di istituti finanziari, collabora con periodici e associazioni culturali

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