Ovvero: di come, contrastandolo, Vico viene in aiuto di Cartesio.
viviamo in un universo di novità emergenti
Karl Popper
Vico, lungo la storia del pensiero umano, è stato un personaggio straordinario ma solitario;
nacque prima dell’Illuminismo ma era già proiettato nello Storicismo e già precorse l’Idealismo.
Oggi possiamo ammirarlo come precursore dei principi della Scienza della Complessità.
Il Nostro, si è presentato sulla scena del mondo ad uno strano e fecondo incrocio della storia: è nato e cresciuto nei meandri vitali e staminali di spaccanapoli, in un vico affollatissimo e dalle mille anime e innumerevoli storie.
Fu un personaggio ricco di sfaccettature, ancor più varie di quell’età e di quell’architettura barocca di cui fu figlio.
Nato nel letto di una città con folle pullulanti che riempiono i vicoli di vita e di variegate strategie di sopravvivenza – degne di antologie antropologiche e sociali ed esempio perfetto di una vichiana fonte di antiquissima italorum sapientia -, Vico è emerso dalle onde di una città in perenne tempesta, come un solitario nume del pensiero umano, tanto che si è definito da sé come un pensatore isolato.
Nel 1725 il filosofo, storico e giurista Giambattista Vicopubblica la prima edizione de La Scienza Nuova.
Qui, in Nostro pone un metodo nuovo per la Scienza, in apparente aperto antagonismo con il metodo della scienza meravigliosa che Cartesio vide chiaramente in sogno nella notte del 10 novembre 1619.

All’epoca di Vico, Napoli vive come una città colta e all’avanguardia culturale mondiale; è ricca, come nessun’altra, di libere accademie; tra queste è in voga il pensiero di Cartesio, che col suo Discorso sul Metodo e con la sua rivoluzionaria logica della scoperta scientifica, basata su matematica e ragionamento deduttivo, insegna a ben condurre la propria ragione per scoprire verità che si ignorano.
Ma come fa ad emergere un metodo scientifico – quello di Cartesio – basato su verità chiare e distinte, da meandri onirici che a tutta prima sembrano all’opposto fronte della “chiarezza” (che nella concezione di Cartesio è una verità presente e aperta) e della distinzione (che nella concezione di Cartesio è una verità che essendo ormai chiara è così nettamente distinta e separata da tutte le altre e che quindi contiene esclusivamente ciò che è chiaro)?
La risposta a questa apparente contraddizione aporistica può fornircela solo la scienza di Vico: la via per aprire la porta alla scienza di Cartesio (e a una sua rilettura non banale né farlocca) è il ricorso alle filosofie e sapienze nascoste (o oscure come le chiamava Vico per contrapporle a quelle chiare e distinte di Cartesio) nella storia degli individui, dei popoli, delle nazioni, dell’umanità (conoscenze implicite, che Vico cercava nella Filologia e che in tempi contemporanei potremmo ricercare nei significati profondi del termine anglofono tanto di moda: know-how), e il ricorso alla prudentia intesa in senso vichiano (ossia l’attenzione ai casi particolari e specifici che si manifestano nella realtà storica fattuale, che potrebbero non essere contemplati in categorizzazioni generali di tipo matematico-scientifiche e in catalogazioni stabilite apoditticamente in manuali e trattati si scienza delle omogeneità e dei casi ripetuti).
Ecco, in una aperta tenzone scientifica virtuale, porsi in apparente antagonismo due dei più profondi e geniali pensatori dell’età moderna.
Dei due, Cartesio è l’apparente vincitore incontrastato sulla strada delle conquiste scientifiche e del progresso tecnico contemporaneo.
Ma dalle risacche della storia, come il sottile ma profondo battito d’ali di un effetto farfalla – che disegna, coi suoi larghi movimenti che si espandono nello spazio e nel tempo della Storia, la formidabile forgia di un corso e ricorso storico così caro a Vico stesso -, si profila oggi, un attrattore strano che segna la direzione di una rotta dall’ampio movimento caotico ma deterministico, che ridà valore e salienza alle straordinarie concezioni del filosofo napoletano.
I perni su cui gira la Scienza Nuova vichiana possono rappresentare, per gli studiosi più attenti, una via maestra per affrontare le complessità del nostro tempo presente.
Il nostro Vico, in atteggiamento anti-cartesiano e in formale polemica col razionalismo scientifico e metafisico di questi, scrive sul metodo di studio dei nostri tempi (De nostri tempori), ove dispiega l’originale concezione di una nuova scienza umana al cui fondamento il fatto che si compie e svolge storicamente è assimilato al vero (in ciò, equivalente a quel realismo della “realtà effettuale” di cui parlava Machiavelli).
Il sapere fisico e matematico cartesiano, oggi imperante, dovrà sapersi coniugare con la scienza e la filosofia della Complessità, perché, d’accordo con Vico, quei saperi astratti e che non sono in grado di calarsi continuamente nel riscontro storico effettuale, non possono portare a una reale ed effettuale conoscenza del mondo dell’uomo, coestensivo con la Storia, e al cui interno ci sono quei complessi fenomeni tra cui: la Scienza stessa, la Medicina, la GeoPolitica, i cambiamenti climatici, etc.

Può apparire chiaro e distinto a tutti gli osservatori attenti il fatto che – ancora oggi e nonostante tutti i progressi tecnici e scientifici -, fenomeni adattivi complessi, come i rapporti umani, la geopolitica, le guerre, le pandemie e il clima (ma anche il tempo atmosferico che farà nei prossimi giorni!), non possono essere perfettamente previsti ed esattamente governati da modelli matematici e da algoritmi e forme di intelligenza artificiale banali come quelli di cui disponiamo oggi.
Sembrerà paradossale, ma per salvare Cartesio e la sua idea di scienza, abbiamo bisogno di Vico e della sua idea di Storia; abbiamo il compito eroico e non triviale di riportate l’onda storica dei flussi e riflussi verso la riscoperta – in chiave moderna e rivisitata -, del ruolo fondante e primario delle Scienze Umane e Umanistiche, che sono da sempre a proprio agio nei mari turbolenti di concetti come caos, errore, incertezza, emergenza, applicati al mondo storico piuttosto che a modelli matematici.
Come ci mise in guardia il matematico e filosofo Withehead, è assai pericoloso – e noi aggiungiamo pernicioso -, interpretare i modelli matematici come cose che governano perfettamente le sorti del mondo.
Possiamo pensare a Cartesio e a Vico come alla metafora moderna delle neuroscienze: il cervello sinistro di tipo logico-matematico in apparente opposizione ma in realtà accanto e collegato strettamente al cervello destro di tipo euristico e calcolante per pattern.
Il metodo di Cartesio (la matematica e la modellizzazione computazionale) può servire da utile mappa-guida per un territorio (la realtà fattuale) che però non esaurisce le proprie caratteristiche sulla descrizione della mappa stessa, ma che – come un reale vico di Napoli -, nasconde una miriade di dettagli da scoprire, vivere ed eventualmente assegnare alla mappa stessa (per aggiornarla continuamente, se utile o necessario) in un moto continuo e ricorsivo tra realtà e mappe.
In tal senso, la Storia e la Filologia di Vico, sono una ulteriore mappa-guida che può aiutarci a navigare il reale e a non farci sopraffare con miopia, ottusità e stupidità dalle incertezze emergenti del futuro, a tutti ignoto ma non per questo completamente imprevedibile!
Come disse nel 1927 Sir Eddington nella sua Glifford Lecture, ci sono cose perfettamente prevedibili, come la matematica, ed altre difficili da prevedere se non impossibile da prevedere.
Ed ecco allora che possiamo affrontare con la giusta cassetta degli attrezzi il Primo Principio della Complessità: l’Emergenza (fenomeni emergenti).
Il principio dell’Emergenza attiene al fatto che in un sistema complesso (ossia in un sistema costituito dall’interazione di parti più piccole ovvero dove sono presenti ed interagiscono più “individui” o “oggetti”) ci sono delle caratteristiche che appartengono al Sistema preso nel suo insieme e che invece non sono presenti in alcuno dei suoi singoli individui o oggetti considerati singolarmente.
Pertanto tali caratteristiche emergenti hanno un carattere sistemico e sono difficilmente prevedibili studiando col metodo analitico le sue singole componenti prese separatamente e lontane dallo specifico contesto di interazione.
Il premio Nobel per la Fisica (1977) P.W. Anderson ha sostenuto che more is different nel senso che l’insieme è più delle sue parti.

Eccoci calati, anzi catapultati, in un mondo apparentemente non cartesiano; un mondo dove contare 1+1+1… non fa 3 … ma fa cose ben più complesse di quanto l’aritmetica di Peano ci abbia insegnato! Un sistema in cui si vogliano contare le relazioni – e non solo le unità singolarmente prese nella loro posizionalità, sequenza e unicità non ripetuta – è un mondo complesso e che pullula come i vicoli di Napoli, un mondo in cui emergono cose essenziali e determinanti ma che non potevamo prevedere cartesianamente (e che quindi mai nessuno prima si sarebbe sognato di segnare su una mappa cartesiana) e che spesso neanche riusciamo ad immaginare: basti pensare alla vita, al cervello, alla coscienza… che sono tutti fenomeni emergenti!
Ma basterebbe pensare anche semplicemente all’acqua e alle sue proprietà che, come già sosteneva il biologo T.H. Huxley nel 1868, non sono derivabili semplicemente dal sapere che è costituita da una molecola di ossigeno e da due di idrogeno; la acquosità dell’acqua è già un fenomeno emergente!
Conoscere e percorrere il mondo con le mappe di Cartesio e quelle di Vico, ci consente di non stupirci della emergenza di fenomeni inattesi, ed anzi ci fornisce gli strumenti per approcciare in chiave scientifica (e con i limiti intrinseci della scienza) la imprevedibilità e impredicibilità della maggior parte dei fenomeni attinenti ai sistemi complessi che ci circondano ed in cui siamo immersi e di cui siamo costituiti.
Così, se ammettiamo che le mappe-guida cartesiane non esauriscono il modo della storia, allora, non ci meraviglieremo della emergenza di fenomeni complessi da sistemi mappati in maniera banale o farlocca (come oggi purtroppo ancora facciamo nello studio della vita, dell’organismo umano, della medicina, delle pandemie, delle dinamiche di interazione tra individui, popoli e nazioni, nel clima).
Se ci apriamo all’intuizione umanistica che la scienza cartesiana – semplicisticamente intesa -, non esaurisce la meraviglia e la innumerabilità dei casi del mondo reale, allora possiamo allenarci alla pratica della prudentia vichiana con la sua attenzione ai casi singoli, e possiamo così riaprirci a quella saggezza in grado di indirizzare le scelte (la phronesis greca già indicata da Platone nel Protagora, Simposio e Repubblica; e da Aristotele nell’Etica Nichomachea) basate sul presupposto che nel mondo non esistono solo uniformità ma anche specificità e differenze dei casi individuali, non facilmente catalogabili e comprimibili sulla astratta mappa-guida cartesiana.
Il mondo storico è il mondo dei casi singoli, della sensibilità artistica, del mito, della poesia, del diritto che abbiamo ereditato dai romani come prassi di prudentia (attenzione per il caso singolo e specifico e non per quelli universali e statistici).
Per me che sono Medico, ciò significa che non basta essere scienziato e sapiente in termini matematici e astratti, ma che piuttosto, difronte ad un paziente, non devo calargli addosso una elencatio di segni, sintomi, esami, terapie e considerazioni prognostiche universalizzate, standardizzate e scaricate dalla mappa-guida di una “bibbia” di Medicina Interna, ma piuttosto debba innanzitutto porre ascolto alla storia di vita e malattia del paziente, sì da individuarlo come essere unico e irripetibile, e solo dopo, col metodo abduttivo dell’investigatore, proseguire su una giusta via per la diagnosi e terapia individualizzata per il malato e non generalizzata per la malattia.
Allo stesso identico modo, un Giudice dovrà apprendere ed applicare la prudentia, che è l’attenzione alla fattispecie particolare ed al caso singolo, immergendosi nelle acque della Storia intesa in senso vichiano e non dovrà solo essere esperto in codici e leggi.

Ogni essere umano è singolo e ogni rapporto umano è unico e cangiante, non descrivibile da una semplice e banale equazione matematica o in un modello computazionale oggi alla portata di seppur potenti computer e algoritmi di IA e di apprendimento profondo.
Nell’opera Sull’antichissima sapienza degli italici , Vico a fronte delle idee chiare e distinte di Cartesio, propone l’indagine metodologica e scientifica di una oscura filosofia implicita, di una sapientia riposta nelle parole e nei modi di dire.
E cosa dire allora della sapienza dei proverbi napoletani e della genetica selezionata in millenni di oppressioni e conquiste straniere? È tutto da sacrificare sull’altare dei dogmi della scienza cartesiana?
Abbiamo la necessità di rileggere Cartesio dopo aver fatto pratica di Vico, abbiamo la necessità di riconnettere la logica del cervello destro con la logica del cervello sinistro.
Per far ciò non ci mancano alcune strade già tracciate, che vanno riscoperte e riattualizzate, senza la necessità di dover partite da zero e dall’ignoto. Per esempio, oggi, la scuola italiana ancora può vantare quelle innovazioni d’avanguardia del neoidealismo nostrano, che grazie a Giovanni Gentile e Benedetto Croce – personaggi apparentemente antitetici ma complementari anch’essi, e amici -, sulle orme di Vico pensarono a una riforma dei Licei in senso umanistico (la Riforma Gentile); con essa si è teso a educare e formare i giovani – anche quelli votati alla matematica e alla fisica e che si sono specializzati o si specializzeranno in scienze esatte –, in un contesto (che oggi chiameremmo di know-how) in cui vigono centrali i rapporti umani (oggi la scienza ha appreso che esistono la sociobiologia e le neuroscienze sociali, ma qui, a Napoli, noi già facevamo così…) e in cui trovano spazio vitale categorie scientifiche non-uniformanti e non-unificanti ma aperte alla Storia.

Beniamino Casale, responsabile IPAS Terapie Molecolari e Immunologiche in Oncologia – AO dei Colli – Ospedale Monaldi.