PULCINELLA
La patria di Pulcinella, la maschera napoletana, secondo alcuni è Acerra, paese cui si attribuisce la nascita del suo inventore, il sarto Andrea Calcese, che l’avrebbe creata nel 1600.
Ma Pulcinella risale alla Commedia dell’arte, che ebbe la sua fioritura nel secolo precedente e, quasi certamente, alla fantasia creativa dell’attore Silvio Fiorillo che, con buona probabilità, nei primi decenni del ‘600 trasformò in maschera comica un personaggio che precedentemente apparteneva alla tradizione popolare napoletana.
Il suo tipico costume fu creato però dall’attore teatrale Antonio Petito nell’800, figlio di Salvatore Petito, altro celebre Pulcinella.
In provincia di Caserta vi sono ancora i ruderi dell’antica città di Atella, gloriosa città preromana ubicata nell’area che oggi comprende i comuni di Sant’Arpino, Orta di Atella, Frattaminore e Succivo a cui il destino riservò una fama burlesca e una delle più tragiche sorti che si conoscano della travagliata storia campana, come descritta dall’archeologo Amedeo Maiuri lo scorso secolo, essendo considerata la culla del teatro comico del nostro Paese.
Maschere e personaggi burleschi avevano infatti incontrato un grandissimo favore presso i Romani fino a quando le trame licenziose non furono proibite dalle autorità della Capitale.

Buccus, Puppus, Maccus erano i nomi di alcune maschere e proprio l’ultimo, Maccus, personaggio delle Atellane romane che rappresentava un servo dal naso adunco con una grossa pancia con addosso un camicione e una mezza maschera, si sarebbe poi trasformato in Pulcinella, il cui nome pare derivi dal diminutivo di pulcino, pulcinello, e ricalcherebbe le origini contadine, campagnole del personaggio, così come ricorda anche il suo naso a punta, mentre il camicione bianco ricalca le vesti dei villani del tempo.
Secondo altri, nel Seicento un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, si unì a una compagnia di comici di passaggio come buffone, e così nacque il nome Pulcinella.
L’abito candido, la maglietta rossa e la maschera nera sul viso hanno fatto giustamente definire Pulcinella la maschera del mondo. Nei significati esoterici dei colori, va ricordato che il bianco e il nero sono i colori del giorno e della notte, mentre il rosso è il colore del fuoco e del sangue, quindi principio di vita.
Se, col tempo, la maschera ha subito infinite variazioni, diventando a volte grassa e a volte magra, a volte panciuta e a volte gobba, a volte ridente e a volte piangente, la sua infinita ambivalenza ha letteralmente affascinato il mondo intero, ispirando sia la Commedia dell’arte tutta sia gli artisti delle varie epoche.
Pulcinella non rappresenta solo la comicità napoletana verace ma, anzitutto, l’uomo eternamente tartassato dalla burrasca della vita che, per non venirne travolto, deve usare ogni astuzia e ogni sistema per mantenersi a galla.
Così la maschera diventa il furbo, l’indolente, l’opportunista, l’avido, il chiacchierone, il ladruncolo, il disonesto per necessità di adattamento e non per vocazione.

Pulcinella è l’eterna marionetta manovrata dall’invisibile burattinaio della vita ma rassegnato e in fondo indifferente al bene quanto al male; filosofo, distaccato, pronto a ridere degli altri come a ridere di se stesso.
Non ci meraviglia quindi sapere che questa maschera ha avuto una larghissima diffusione anche all’estero, divenendo Polichinelle in Francia, Punch in Inghilterra, Petruska in Russia, Pulchinela in Spagna, Kasperle in Austria e così via, o che abbia ispirato famosi artisti come Ludovico Carracci, Antoine Watteau, Gian Domenico Tiepolo, Alessandro Magnasco, Pablo Picasso e Gino Severini, tanto per citare alcuni nomi.
La celebre maschera napoletana ha ispirato più volte il mondo della canzone, come Domenico Cimarosa nella Serenata di Pulcinella, interpretata da artisti come Sergio Bruni, la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Peppe Barra e Massimo Ranieri, e A città ‘e Pulecenella composta da Claudio Mattone e dedicata a Napoli, brano interpretato nel 1992 nello spettacolo Ritorna Piedigrotta e successivamente nel musical teatrale C’era una volta… scugnizzi, dello stesso Mattone e di Enrico Vaime, cantata poi da molti famosi cantanti, da Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, a Mario Merola, Sal Da Vinci, i Neri per Caso, Mirna Doris e, ultimamente, Gigi D’Alessio.

Carlo Negri, esperto di marketing farmaceutico e comunicazione in Sanità