SARS-CoV-2  alla conquista di Nuovi Mondi

Ovvero: come si muovono i boss con i loro clan?

La NASA ritiene che nel 2033 gli umani arriveranno su Marte.

Se le cose andranno come i più ottimisti prevedono, l’uomo potrà vivere sul Pianeta Rosso entro il 2050.

Elon Musk  ritiene che, come umani in carne e ossa, arriveremo su Marte già entro il 2026.

Il miliardario presidente di SolarCity e capo di Tesla, SpaceX e Neuralink, ha per ora quattro fabbriche di auto Tesla sul pianete Terra.

Ma desidera averne una anche su Marte.

Ad Austin, in Texas, ha affermato agli azionisti di Tesla che sono ancora molto lontani dalla prima fabbrica di Tesla fuori dal nostro pianeta ma che gli piacerebbe vederne una prima di morire.

E lui è uno che ha dato prova di saper trasformare i propri sogni e desideri in realtà.

Sta muovendo tante risorse per la conquista di un pianeta nuovo e antico per l’uomo.

La terraformazione su altri pianeti non è una cosa semplice, ma, dopo averla concepita come idea, a piccoli passi l’umanità la sta progettando e mettendo in cantiere.

Così, dopo il primo passo sulla Luna, abbiamo alzato l’asticella della sfida e si è scelta come seconda casa Marte.

C’è chi ritiene – anche tra i big delle risorse economiche – che per preservare il nostro Pianeta Blu (e verde e un po’ giallo, e col biancore e l’imbellettatura della velatura di nuvole e ghiacciai) bisognerà – secondo loro, quanto prima! – delocalizzare nello spazio o su altri pianeti tutte le attività industriali inquinanti (e immagino che necessariamente, nel progetto dovranno esserci anche un po’ di uomini da delocalizzare, oltre a macchine e robot!)

La frontiera della conquista di altri pianeti è un progetto che richiede di pensare in termini di generazioni, ma qualcuno di noi abbastanza ricco, volitivo e narciso, col proprio impegno e guidando con decisione subliminale l’impegno dei suoi conspecifici (ma in quanti ne sono coscienti?), potrebbe riuscire a forzare i tempi e conquistare rapidamente spazi nuovi, extraterrestri.

I tempi delle cose umane li conosciamo

Ragionare in termini di successione di generazioni o di riproduzione di individui, mi consente di rendere più semplice il pensare al paragone tra scale temporali differenti; riesce a farmi comprendere e confrontare cose che altrimenti rimarrebbero tra loro troppo aliene, lontane e diverse.

Allora proviamo a fare questo ragionamento:

la continuità ciclica degli esseri umani, che si realizza attraverso il fenomeno della riproduzione, ha attualmente un ciclo di circa 2-4 decenni (tra i 20 e i 40 anni è approssimativamente l’età in cui gli esseri umani adulti concepiscono la propria progenie).

Quale ciclo hanno, invece, altre entità?

Anche gli atomi hanno un loro ciclo; ad esempio, la frequenza di risonanza dell’atomo di Cesio133 supera i nove miliardi di cicli di transizione al secondo; questo ciclo è così stabile che nel 1967 il Comitato internazionale dei pesi e delle misure ha stabilito che “il secondo corrisponde a  9.192.631.770 cicli di transizione tra due livelli dell’atomo di Cesio133”.

Questo significa che mentre per noi umani un secondo corrisponde pressappoco a un battito o ciclo del nostro cuore, e mentre ci impressioniamo per la velocità del battito d’ali o del ciclo cardiaco di un colibrì, lo stesso secondo può essere impiegato da un’altra entità (un atomo nella fattispecie) per compiere nove miliardi di volte un’azione ciclica!

Passando a tempi più facilmente abbordabili dalla nostra mente, vediamo come una farfalla, a seconda della specie, possa vivere un mese, ma anche solo un giorno o poche ore; e in questo tempo una farfalla deve poter svolgere tutte le proprie funzioni vitali, compresa la procreazione per la propria riproduzione.


Le cellule hanno cicli o tempi di duplicazione molto variabili, da ore a decenni.


I virus sono meno semplici da concepire! Possono avere una dinamica replicativa molto, ma molto, rapida, sebbene tanto più lenta di quella di un atomo nel proprio ciclo di risonanza.


Ad esempio, HIV (il virus dell’AIDS) è in grado di produrre ogni giorno fino a 1012 virioni (ossia mille miliardi di generazioni o cicli in un solo giorno!).

Ciò vuol dire che in un solo giorno, un virus ad alto tasso di replicazione può coprire una storia evolutiva enormemente maggiore di quella che ha fin qui percorso l’uomo dalla sua comparsa sulla scena della vita, e forse maggiore di quella che potrà mai percorrere (ma su questo incrociamo le dita o facciamo altri gesti apotropaici).

Però c’è una condizione naturale da rispettare: anche i virus, se vogliono conservarsi, devono saper impiegare il tempo e i cicli a loro disposizione per rendersi adatti all’ambiente in cui svolgono le proprie attitudini.

I virus sono delle entità che portano informazioni nelle cellule che infettano, e una parte di queste informazioni servono a dettare alla cellula ospite/vittima, le istruzioni per la replicazione del virus stesso.

Pertanto, i virus sono delle entità replicanti, soggette a quelle pressioni evolutive che anche noi umani conosciamo e che chiamiamo sinteticamente “lotta per l’esistenza”.

In termini morfogenetici, diremo invece che anche i virus devono sapersi “formare” e “trasformare” per mantenere una relazione proficua con l’ambiente in cui sono immersi.

A differenza di noi umani, che solo ora ci accingiamo ad esplorare mondi extraterrestri, i virus sono entità capaci di spostarsi tra ambienti, cellule e specie viventi tra loro diverse e distanti come per noi umani possono esserlo pianeti e galassie!

Per un virus, ogni nuova cellula infettata è l’equivalente di un nuovo mondo colonizzato dall’uomo; ogni cellula infetta un pianeta, ogni organismo una galassia!

Raccontata così, la storia lascia ben comprendere come gli eonici tempi/cicli di riproduzione e adattamento che hanno avuto ed hanno a disposizione i virus, siano andati a profitto della loro capacità di “terraformare” gli ospiti che infettano; la stessa storia lascia ben intravedere come sia troppo semplicistico e banalizzante il punto di vista di quanti vedono nei virus delle rudimentali entità biologiche, che tengono in bilico financo sull’orlo di una incerta classificazione nel mondo del vivente.

Solo restituendo al nostro avversario la sua dovuta dignità, e solo comprendendo i mezzi e le armi che è in grado di utilizzare e sfruttare, possiamo sperare di condurre una battaglia per noi proficua contro i virus patogeni emergenti!

Senza dover sempre sperare che sia la Natura, come Atena per Achille, a giocare dalla nostra parte e contro una sua parte.

Per iniziare a comprendere i virus a RNA, dobbiamo addentrarci nel concetto di quasispecie.

In via generale, possiamo affermare che i virus a RNA hanno intrapreso la via evolutiva e di trasformazione e adattamento all’ambiente attraverso una rapida ed estrema variabilità, che è dettata dalla loro caratteristica di essere altamente predisposti alle mutazioni (error-prone) della loro sequenza nucleotidica (sequenza genica).

L’equilibrio che si instaura tra i tassi di mutazione ed i cicli di replicazione è una delle ragioni della grande adattabilità dei virus a RNA, i quali hanno brevi tempi di replicazione, alta riproduzione, ed alti tassi di mutazione genica.

In media, un virus a RNA inserisce nel proprio genoma 76 mutazioni ogni 100 replicazioni (per paragone si pensi che un virus a DNA ne incorpora 0,34 e un retrovirus 20 ogni 100).

Pertanto, quando si parla di virus a RNA, in realtà ci si riferisce ad una variegata popolazione virale, molto assortita e variamente diversificata, a partire da un capostipite.

Inoltre, sia la popolazione virale nel proprio insieme, sia il capostipite, sono dinamici e variano nello spazio e nel tempo.

La quasispecie è quindi una ensemble di genomi virali che si comporta come un superorganimo o come un Sistema Adattivo Complesso (CAS).

Una quasispecie ha caratteristiche dinamiche e comportamenti emergenti da una moltitudine interagente di entità capaci di comportamenti collettivi, che scaturiscono in risposta a stimoli esterni e cambiamenti interni.

Oltre a costituire una strategia adattiva di base, l’organizzazione genetica delle quasispecie ha numerose implicazioni biologiche.

Tra queste: la patogenesi delle infezioni virali, l’emergenza di nuovi patogeni, la rapida variazione antigenica, le alterazioni della virulenza, le diversificazioni del tropismo cellulare, del range di ospiti e della espressione di geni virali e non.

Nel corso di infezioni da virus a RNA, sia le sequenze master che gli spettri mutanti hanno spesso una esistenza molto breve, poiché l’equilibrio di popolazione dei genomi virali è frequentemente perturbato da modificazioni ambientali (tra queste rientrano anche interventi terapeutici e vaccini che gli umani mettono in campo).

Ma, i passaggi su vaste popolazioni (per esempio un salto di specie o una pandemia) possono consentire imprevedibili guadagni di fitness (gain of function), come sta capitando al momento per SARS-CoV-2, o anche improvvisi disastri evolutivi con estinzione del ceppo virale, come è accaduto per SARS-CoV-1 … a meno che non si consideri SARS-CoV-2 come una sciamatura da SARS-CoV-1, avvenuta per sperimentazioni in vitro!

In definitiva, l’evoluzione delle quasispecie, oltre che dalla composizione genetica dell’ensemble virale, dipende molto anche dalle condizioni ecologiche dell’ecosistema in cui agiscono le quasispecie stesse, ed in particolare dalle dimensioni della popolazione target dell’infezione.

Il sistema adattivo della ecologia di quasispecie virale, nel suo complesso, muta nel tempo e nello spazio a velocità variabili, con contrazioni ed espansioni, e – a meno di non incorrere in possibili catastrofi mutageniche – mantiene un certo grado di continuità nella forma e nelle funzione di alcuni suoi componenti ereditati o acquisiti, che gli danno una identità morfologica e funzionale nello spazio e nel tempo.

Quando da bambino rimanevo a guardare incantato l’uscita di uno sciame da un alveare, era una continua meraviglia l’ammirare una vaga ma presente forma in movimento, che si ritmava sull’alternarsi di due fasi caratteristiche del comportamento delle api: la centripeta (ovvero di contrazione, quando le api si stringono l’un l’altra per formare il glomere), e la centrifuga (ovvero di espansione, quando le api volando in coro formano una spettacolare nuvola ronzante di decine di migliaia di unità che si muovono allo stesso ritmo).


Altrettanto incantevole, in un’assolata ora di una calda giornata primaverile o estiva, era scoprire come quel formidabile superorganismo fatto d’api, si preparava a una sciamatura, cioè alla formazione di una nuova famiglia, con chiassosi ronzii che fanno d’eco al grido regale di partenza, con insoliti movimenti della famiglia in partenza davanti l’arnia, e con la formazione di barbe o grappoli di raccolta di numerosi individui in sosta prima del viaggio.

Possiamo immaginare l’ensemble della quasispecie dei genomi di un RNA virus ad elevato tasso di mutazioni, proprio come uno sciame che raccoglie e ridistribuisce la propria forma e le proprie trasformazioni intorno a movimenti centripeti e centrifughi.

Una quasispecie virale è definita da una sequenza master e da uno spettro mutante.

Io, da napoletano, chiamo il “boss” la sequenza dominante o master; il boss inizialmente è rappresentato dalla sequenza capostipite; ma nel tempo il boss iniziale può essere spodestato da una o più altre sequenze che risultano più fit nello specifico tempo e luogo.

Lo spettro mutante è il “clan” affiliato alla sequenza madre.

Il clan è depositario di una “memoria molecolare” distribuita tra i componenti degli spettri mutanti

La sequenza boss è la sequenza nucleotidica dominante nello spazio delle distribuzioni genomiche che l’ensemble virale ha in un dato tempo e luogo.

Il clan è lo spettro mutante che si diversifica dalla sequenza master, e che emerge in un dato luogo e tempo, a seguito di tutte le mutazioni nucleotidiche che caratterizzano l’ensemble.

Dal clan emergeranno i nuovi boss

Infatti, dallo spettro mutante, con complicate ginnastiche ed acrobazie molecolari, si espandono ed emergono nuove sequenze dominanti, forti di una predisposizione genetica dell’RNA-virus.

In presenza di fattori interni allo sciame o esterni (relativi all’ospite o all’ambiente), tale predisposizione genetica mutation-prone, èatta a far rispondere la quasispecie virale o sciame, con cambiamenti di forma e funzione in risposta a stimoli ambientali.

Pertanto, lo spettro mutante è il reposoir delle varianti genetiche e fenotipiche della quasispecie virale.

Nello spettro mutante si dà la plasticità e adattabilità dello sciame, in essa risiede quella che Aristotele avrebbe chiamato causa formale.

Le distribuzioni mutanti di cui son formate le quasispecie virali sono quella che Aristotele avrebbe invece chiamato la causa materiale su cui agisce la causa efficiente: le forze selettive e gli eventi di randomizzazione nell’evoluzione molecolare dei virus a RNA.

Lasciamo aperta la questione su quale sia, nella fattispecie dei virus a RNA, la quarta causa aristotelica…

Nel caso di SARS-CoV-2, secondo voi qual è la causa finale: ossia qual è lo scopo per cui il nuovo coronavirus è emerso o è stato creato?

Beniamino Casale, responsabile IPAS Terapie Molecolari e Immunologiche in Oncologia – AO dei Colli – Ospedale Monaldi.

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