Storia della danza moderna parte 2
Continuando con il filone Americano, va sicuramente fatto un accenno ad un altro coreografo e danzatore che ebbe un gran rilievo, parliamo di Josè Limon, di origini messicane, trasferitosi negli Stati Uniti e discepolo di Doris Humphrey. Limon ha rivoluzionato profondamente la danza e le tecniche di movimento corporeo, essendo stato il più grande tra i coreografi della seconda generazione di modern e la sua compagnia è ancora esistente tutt’oggi a New York.
La sua tecnica sviluppa quello che il coreografo ha definito <<la voce del corpo>> che consiste in una suddivisione in isolamenti di impulsi localizzati, indirizzati in senso multidirezionale. Così, grazie a questi isolamenti, Josè Limon esplora nuove possibilità di movimento del corpo utilizzando vari segmenti del corpo, vale a dire facendo partire un movimento da un’anca o piuttosto da un braccio o da un’altra parte del corpo. Di conseguenza, si ha uno stile dinamico ed elastico, concentrato tutto su di una energia fluida e continua, sempre basato sulla tecnica classica per rafforzare gambe e piedi. La sua tecnica, molto diffusa in Europa e America è molto più estroversa della tecnica Graham, più ampia nelle linee ed elastica.
Uno dei maggiori esponenti della sua tecnica è stato l’italo americano Louis Falco, di origini italiane, che lavorò moltissimo in Italia portando le sue coreografie sia in televisione che nei teatri, tra cui la Scala di Milano.
La più importante teorica della coreografia nella storia della danza moderna è stata Doris Humphrey,l ‘unica danzatrice di modern ad avere una forte base di danza classica; che aprì una scuola di danza a Chicago realizzando i suoi primi spettacoli per poi trasferirsi in California, dove studiò alla Denishow .
Dopo una lunga carriera come ballerina, fondò una scuola ed una sua compagnia assieme al danzatore Charles Weidman con il quale creò i suoi lavori più interessanti.
La sua danza si basa su di un movimento che deve essere sempre significativo, mai fine a sé stesso, sul dinamismo inteso come variazione intensiva del movimento e sul disegno, cioè l’insieme delle leggi che regolano la composizione coreografica.
Il suo più prestigioso discepolo è stato Josè Limon.
Dagli anni 50’ la danza moderna risulta negata nella sua essenza, con la messa in discussione dei presupposti creativi creati dalla Graham e da Doris Humphrey, soprattutto Cunningam e Nikolais lanciarono una sfida rifiutando quello che era stato appunto il rifiuto del passato e dunque, si ha sia in America che in Europa, un nuovo interesse per il balletto classico.
Ci si rende conto che la tecnica classica, o meglio la sua adozione parziale, può associarsi bene alle forme moderne; dunque non si ha più una danza incentrata solo sul centro del corpo, ma una danza dove l‘utilizzo delle gambe riacquista la sua importanza, e così il valore degli esercizi di danza classica diventa un elemento fondamentale dei nuovi sistemi di movimento.
Questa fase venne definita l’era dell’astrazione e del formalismo.
In questa corrente ritroviamo il grande George Balanchine, coreografo che rivela, sul versante del balletto classico, possibilità di astrazioni nella tecnica accademica, ritornando dunque ad una danza intesa come arte formale del movimento.
Secondo Balanchine, il movimento è fine a sé stesso e ha lo scopo di provocare sensazioni visive in cui il balletto è, innanzitutto, una questione di spazio e di tempo, scena e musica. Il danzatore è uno strumento di un codice che ha la propria ragione di essere e di comunicare, non il protagonista, e la danza è visualizzazione dinamica assoluta della musica; quindi l‘opposto della Graham.
Un accenno va fatto ad altri due coreografi che hanno avuto la loro rilevanza, e parliamo di Merce Cunningam e Alvin Nikolais.
Il primo è stato colui che, nella danza contemporanea, si distaccò dall’Estetica di Martha Graham.
Dopo aver fatto parte della sua compagnia con ruoli importanti, inizia, nel 1944, a comporre i suoi primi assoli in collaborazione con John Cage, esibendosi anche negli Stati Uniti.

Nella seconda metà degli anni 40 il ballerino coreografo iniziò a distaccarsi dalla danza psicologica della Graham ed iniziò ad elaborare la propria estetica personale del movimento come esplorazione dei rapporti tra corpo e spazio, facendone di quest’ultimo un uso originale inteso come spazio illimitato e non considerando più il centro della scena, come invece si faceva nella danza moderna.
Cunningam e Cage furono gli inventori del primo happening assieme al pittore Robert Rauschemberg, realizzando una esibizione mista di danza, musica dal vivo, proiezioni di immagini e recitazione di poemi.
I lavori di questo coreografo risultarono provocatori; egli ebbe un grande successo non solo in America ma anche in Europa e in Italia, e fu considerato un grande innovatore della danza contemporanea. Creò così una vera e propria tecnica, che ancora oggi viene studiata e utilizzata da molti coreografi.
I principi fondamentali della sua tecnica sono: l’utilizzo dello spazio, ogni danzatore ha una sua porzione di spazio e può utilizzarla come vuole, per Cunningam si danza sopra o dentro la musica; il suono si produce durante la danza, lui componeva senza avere idea della musica che avrebbe accompagnato la sua creazione, cosi facendo ogni creazione può essere eseguita su varie musiche.
Altra caratteristica della sua tecnica consiste nel fatto che il movimento, che si sviluppa sopra la musica, rappresenta una essenza di gesto puramente fisicizzato, senza intenti espressivi, narrativi o realistici. Lo spettatore è dunque libero di interpretare a modo suo il significato delle sue coreografie.
Abbiamo dunque, un tecnicismo astratto sempre più vicino al virtuosismo accademico, movimento puro, spersonalizzato.
Alvin Nikolais fu invece il creatore di un mondo di magie formali, di effetti illusionistici sorprendenti. Fu il coreografo della luce, del colore, delle sorprese, degli effetti speciali.
Per Nikolais il corpo non racconta storie ma è una somma di linee che giocano con lo spazio: è massa, volume, spessore, tutti elementi che possono essere identificati o deformati da effetti scenografici o luminosi. Si distacca quindi sia dalla Graham che da Cunningam in quanto il suo danzatore scompare in tutto il suo ego per avventurarsi in un teatro di sorprese, di atmosfere che seducono gli occhi dello spettatore.
Ne deriva, dunque, una tecnica funzionale alla realizzazione di qualche effetto speciale, stupefacente e allucinatorio. E’ stato ed è ancora oggi un coreografo molto noto in Italia, pur appartenendo alla cultura Americana.
La tecnica Nikolais si basa sulla scomposizione del movimento e sull’utilizzo autonomo delle varie parti del corpo del danzatore; la tecnica lavora in funzione della magia che intende creare nei suoi spettacoli, non si trasforma mai, come in Cunningam, in dato puro e assoluto.

Simona Di Martino. Insegnante di danza modern contemporary e di PBT (Progressive Ballet Tecnique), coreografa, stilista. Ha studiato scienze politiche. Ama lo sport e i viaggi.