Al padre (1999)
Le ultime fronde del pioppo
provano ancora a stormire
mentre le foglie,
fingendo aneliti,
si staccano e volteggiano piano.
Come amore che languisce,
la fiamma, esausta, sviene.
Innanzi al camino
sento gli spiriti degli avi
che fanno pressa.
Il padre si fa largo; avanza.
Scuote i tizzi l’un l’altro
e crepitanti li accosta;
poi stringe la mano
che già pendeva in segno di resa
e nella folla di ombre
che arretra delusa
severo scompare.
King (2001)

Una piccola radura nella “selva”, che è il bosco di castagni selvatici del mio trisavolo materno, indiviso, abbandonato. Di là, raccontava mia madre, attraverso viottoli scoscesi si scendeva per la festa al Rione Sanità.
Il primo mattino senza piogge questo 29 novembre 2001. Con Antonio comincio a scavare sul bordo della radura; tra due castagni, sul lato che guarda verso il Cardarelli, alle prime luci, in una fossa di un metro per un mezzo deponiamo King con la testa che guarda casa. Che bella questa terra napoletana, già cenere di Vesuvio, arricchita di humus, che si lascia filtrare dall’acqua e attraversare dalla pala senza fatica. Abbiamo portato anche la vanga che si usa a Sant’Andrea dove il terreno è argilla e creta e si ammala due volte l’anno, d’inverno e poi d’estate; qua non serve la vanga. Lo abbiamo avvolto nella sua coperta. È morto ieri sera, per linfoma.
Assistito da tutti noi. Benny è a Bologna con Annarita per un corso sul coordinamento dei trapianti; ha sollevato con fatica la testa, sentendo la sua voce che gli diceva «King, come stai!». Da due giorni rifiutava il cibo; da ieri anche l’acqua; nel pomeriggio gli abbiamo dato una soluzione fisiologica in vena; la lingua anemica; avrebbe avuto bisogno di trasfusioni; da un mese faceva chemioterapia; abbiamo cominciato assieme; io questa volta ho fatto gli anticorpi monoclonali.
Lo avevamo portato in clinica veterinaria, gli abbiamo fatto un prelievo per l’esame istologico; intanto già ciascuno in sé conosceva la risposta dell’esame. Nelle ultime ore ci aveva voluto vicini; raccoglieva le poche forze e guaiva, ci chiamava. Infine il respiro gli si è fatto irregolare, sembrava che non vedesse più. Danilo gli passava una mano innanzi agli occhi, glieli toccava; conservava ancora il riflesso corneale. Fulvio ha chiamato il veterinario, ma poi non ne abbiamo avuto il coraggio; abbiamo preferito che morisse da solo. Ha reclinato la testa ed è spirato.
King, King, Rosalba ha pianto; Christian fingeva di essere duro; si è pianto a casa. Hai un’anima King? Noi te l’abbiamo conferita con il nostro ricordo e con il nostro affetto. Certe filosofie orientali conferiscono altra dignità e maggior rispetto a tutte le creature. Mentre King moriva, qualcuno di noi, mi pare Minny, si è chiesta se fosse stato giusto accanirsi a curarlo… poi ci ha guardato, confusa, mortificata… Accanirsi è un termine derivato, sempre improprio…

Una morte umana per il samoiedo, il lupo bianco dagli occhi scuri dei ghiacciai dell’Alaska che nelle fredde sere invernali si sdraiava vicino al termosifone della cucina e faceva finta di dormire. Partecipava alle nostre feste di compleanno: tanti auguri a te, tanti auguri a teee…e lui in coro ad abbaiare; l’ultimo dell’anno cercava un riparo dal rumore dei botti, accucciandosi in un angolo remoto della casa; riceveva con noi i nostri ospiti, accomodandosi anche lui in salotto e facendo la sua parte; qualche volta si faceva prendere da malinconie notturne, ululando piano piano, a lungo, stando al balcone, guardando il cielo.
A rivederci King.

Domenico Casale, cardiochirurgo di professione e contadino per passione, esperto di mitologia e testi sacri multiculturali, scrittore.