Terapia a quattro zampe

È una giornata un po’ uggiosa di aprile, una di quelle giornate che sembra autunno ed invece è già primavera. Sono in quella che definirei una sala d’attesa in cui inizia la guarigione. Circondata da alberi di aranci, limoni e mandarini, dai cui rami fanno capolino prepotenti le gemme dei futuri frutti, che, malgrado il cielo pallido, ammoniscono con la loro arroganza, ricordandoci che la primavera e le stagioni non si fermano mai.  

La sala d’attesa del dottor B. è un giardino meraviglioso dove, oltre a tanta flora, c’è un interessante fauna rappresentata da due felini: uno nero sornione, Zorro, che osserva e interagisce quel poco che basta, l’altra, Kira, molto più socievole e curiosa, una femmina tricolore… ma si sa… noi donne siamo fatte un po’ così… ci piace chiacchierare! E mentre chiacchiero con la gatta tricolore mi rendo conto che effettivamente sono in una sala d’attesa non convenzionale! Mi trovo qui perché ho prenotato una visita col dottore che è esperto in immunologia ed ematologia, per una serie di piccoli problemi, fortunatamente non gravissimi, ma dei quali ho deciso di venirne a capo.

Finalmente è il mio turno, anche se per quanto è stata piacevole l’attesa quasi mi dispiace entrare. L’ho detto: la cura da questo dottore inizia in sala d’attesa! Ma anche nel suo studio l’atmosfera non è di quelle che ti fanno sentire un numero da infilare in una cartella. I gatti mi seguono come due assistenti speciali. Gli occhi del dottore dietro la mascherina sono sorridenti e lui fa le classiche domande di un’accurata anamnesi. Tra una domanda e l’altra esce parlo della mia professione e il dottor B. mi domanda come mai io avessi scelto di fare la veterinaria.

Io parlo tanto, forse anche troppo, ma per un attimo ho tentennato… non sapevo cosa rispondergli! Non penso di aver mai considerato in vita mia di poter fare altro! Da quando riesco a pronunciare una frase ed avere un pensiero compiuti ho sempre affermato che volevo curare gli animali. Avrò avuto 4 o forse 5 anni… o magari 3! Sicuramente da quando cammino mi lancio senza remore ad accarezzare cani e gatti. E il primo gattino malconcio con gli occhietti tutti irritati e pieni di secrezioni l’ho raccattato in strada che avevo sì e no 6 anni. All’epoca c’era un caro amico di famiglia veterinario al quale portavo tutte le sfortunate creature che incontravo sulla mia strada e che mi insegnava a fare le terapie dicendomi di fare tesoro dei suoi insegnamenti se davvero avessi voluto fare la veterinaria da grande.

Il veterinario è uno di quei lavori che quasi tutti i bambini vogliono fare; ma poi solo alcuni veramente lo fanno. E quelli che scelgono questa professione spesso non saprebbero proprio cosa altro fare! Mi sono chiesta più volte cosa mi avesse spinto verso questa scelta e le risposte sono tante, ma la prima in assoluto è quella del rapporto che ho sempre avuto con gli animali. Fin da piccola, oltre a cercare di aiutarli quando erano in difficoltà, li osservavo avidamente. Potevo restare ore e ore a guardare documentari su tutti i tipi di animali terrestri, volatili e marini; meglio ancora se potevo osservarli dal vivo.

Ricordo assolati pomeriggi di luglio in Sicilia durante i quali, per evitare un’indigestione dopo i lauti pranzi locali, ingannavo il tempo restando ferma ad osservare una famigliola di gatti e gattini, intenti a dare la caccia a mosche, lucertole e spesso alle loro stesse code. L’attesa per tornare in spiaggia era tanta ma a me non pesava perché il tempo passava velocemente e guardare quei meravigliosi felini era appagante quasi come un tuffo nel mare azzurro.

Ho quindi avuto da sempre una splendida relazione con gli animali, un rapporto che era sicuramente un’amicizia, ma anche un profondo senso di curiosità ed ammirazione per la loro diversità. Perché gli animali appartengono allo stesso regno di noi esseri umani, ma sono tutti diversi. Ci sono quelli erbivori, quelli carnivori, i predatori e le prede, quelli che volano e quelli che vivono sotto terra, e ognuno ha un tipo di comportamento e un carattere diverso. Tutta questa complessità mi è sempre apparsa come un vero miracolo. Il cosiddetto miracolo della Natura.

Ho intrapreso fiduciosa gli studi e dopo tanta fatica e dedizione mi sono laureata e ho iniziato a lavorare. Finalmente potevo curare gli esseri più puri di questa terra! Mi sono accorta però negli anni, trattando principalmente cani e gatti, che non solo mi occupavo di loro, ma in qualche modo anche di tutto il nucleo familiare in cui essi vivevano. Gli animali sono catalizzatori di sentimenti ed energia e quando uno di loro si ammala, si ammala anche un po’ tutta la famiglia. La gioia e la spensieratezza che comporta accudire e convivere con un animale è ben nota a chi ha la fortuna di dividere il proprio tempo e spazio con uno di loro, ed è giocoforza che quando non stanno bene anche i loro familiari umani ne soffrano.

L’animale infatti rappresenta per molti un archetipo di libertà e di ritorno alla natura; accompagnare il proprio cane in passeggiata nel bosco o sulla spiaggia giova anche all’accompagnatore umano che forse senza la scusa del cane quelle passeggiate non le avrebbe proprio fatte.

Osservare il proprio felino che si industria in battute di caccia puntando mosche e farfalle è rilassante e ci fa staccare dal fardello dello stress quotidiano. Numerosi studi internazionali hanno comparato i livelli di ipertensione di pazienti umani che avevano animali e globalmente sono risultati inferiori e meglio compensati di quelli che non vivono con i nostri amici quattro zampe. In altri studi si è visto che le fusa che il nostro gatto ci fa quando si acciambella sulle nostre gambe, riescono a farci rilassare anche grazie alla secrezione di serotonina, nota come l’ormone del buon umore.

La relazione tra uomo e animali è foriera di vantaggi fin dai tempi del Paleolitico. Fu allora probabilmente che i primi ominidi si resero conto che i progenitori degli attuali cani erano molto utili per loro in quanto, in cambio di pochi scarti di cibo, facevano la guardia agli insediamenti umani. E si pensa che fu proprio allora che una donna o forse un bambino trovarono il primo cucciolo del progenitore dei cani contemporanei, magari orfano, e decisero di addomesticarlo. La storia d’amore e di collaborazione va avanti da allora: abbiamo cani che ci salvano in mare e ci ritrovano sotto le macerie, cani che fanno la guardia alle nostre case e ai nostri greggi, cani che stanano e catturano prede per noi, cani che riescono a comunicare con persone disabili o affette da disturbi dello sviluppo neurobiologico.

Per i gatti la faccenda è stata un po’ diversa: i felini difficilmente si fanno addomesticare ma probabilmente, ai tempi dell’antico Egitto, misero a disposizione dell’uomo le loro innate qualità di cacciatori. All’epoca infatti gli egiziani furono i primi a rendersi conto che nei granai frequentati da gatti non c’erano topi e i raccolti erano protetti. Il gatto, pur non dovendo fare una grossa fatica, rendeva un tale servigio a quegli uomini che essi ne fecero delle divinità, iniziando a venerarli come animali sacri.

Ci sono quindi cani da salvataggio e gatti da caccia, cani da recupero e gatti da compagnia. Ci sono in fine cani e gatti che ci amano. Di un amore che nessun essere umano riesce neanche ad immaginare.

Dr.ssa Maria Desiderata D’Angelo, medico veterinario, specialista in malattie infettive veterinarie e patologia aviare, esperta in omeopatia veterinaria, master in nutrizione clinica del cane e del gatto.

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